[PS3] Heavy Rain - Recensione
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Discussione: [PS3] Heavy Rain - Recensione

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  1. #1
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    [PS3] Heavy Rain - Recensione

    I videogame nacquero con l’unico scopo di divertire ma una lenta e continua trasformazione ha radicalmente mutato la loro natura. Ad oggi possiamo addirittura affiancare alcuni titoli alle pellicole cinematografiche, come Metal Gear Solid 4: Guns of The Patriots o alcuni capitoli della serie Final Fantasy. Heavy Rain segue questo filone ma è un qualcosa di diverso: si concentra maggiormente sul comparto narrativo a scapito di un gameplay semplicistico. Il risultato offre un prodotto in controtendenza rispetto al mercato dato che appartiene ad un genere ormai dato per morto: quello delle avventure grafiche. Per spiegare meglio la natura di Heavy Rain possiamo definirlo come un film interattivo, giusto per tornare al confronto iniziale. Un film che riprende alcuni espedienti già azzardati da un certo signor Hitchcock e che ha colpito il pubblico sin dalle sue prime apparizioni riuscendo a ritagliarsi un posto di rilievo in mezzo a pezzi da novanta quali sono Little Big Planet e Killzone 2.
    Ha stupito, ha lasciato ottimi presagi ma riuscirà a far risorgere dalle ceneri un genere passato nel dimenticatoio? Sicuramente possiede tutte le carte per farlo, ma bisogna tener conto che non è una tipologia di titoli adatta per tutte le corde.

    Dopo la pioggia.. altra pioggia!


    Come avrete intuito Heavy Rain poggia le sue fondamenta su di un solidissimo comparto narrativo che fa breccia nei cuori dei giocatori per offrire forti emozioni che solo un film, appunto, o un libro riuscirebbe a eguagliare. Più che giocatori, però, gli sviluppatori li identificherebbero come registi, attori e sceneggiatori di questa storia. Perché? Facciamo prima una premessa. Pur non avendo giocato un qualsiasi titolo disponibile sul mercato, a grandi linee si sa cosa succede nella trama: tralasciando quelle ispirate a fatti realmente accaduti, chi è per sentito dire, dopo aver letto un articolo o visto un trailer che non conosce almeno il contesto, i personaggi e l’incipit dello script? Questi addirittura diventano dei pretesti per riuscire a parlar bene di una produzione che, peccando sui fronti di gameplay e tecnicità, può vantare su una buona caratterizzazione dei personaggi o una trama più o meno intrigante (qualcuno ha menzionato Kane & Lynch?). Heavy Rain però non si fa di questi problemi visto che, come in un film, punta tutto sul comparto narrativo e sulla resa grafica. Ma gli sviluppatori hanno comunque voluto tutelare l’esperienza finale riducendo all’osso le informazioni. Anche noi, nel limite del possibile, ci impegneremo a rispettare i paletti imposti da Quantic Dream in quanto dopo aver completato per la prima volta la storia (poi capirete perché diciamo prima volta) ci siamo accorti degli effettivi vantaggi ricavati da un’arginata presentazione.
    Fatta questa premessa torniamo alla domanda fatta: perché dovremo sentirci registi, attori e sceneggiatori del gioco? Heavy Rain ci mette davanti ad una storia che è possibile seguire da quattro diversi punti di vista che corrispondono ad altrettanti protagonisti: Madison Paige, una giornalista; Norman Jayden, agente FBI; Scott Shelby, investigatore privato; Ethan Mars, comune padre di famiglia. La storia principale è praticamente un intreccio delle loro vite, in qualche modo collegate tra di loro, e ci porterà a srotolare il filone principale ricoprendo i diversi ruoli. Si parte quindi dallo stesso incipit per arrivare allo stesso finale ma passando per strade diverse. Strade che non corrono parallele ma che più di una volta si potranno incrociare: tutto si basa sull’evolversi della trama. E qui entra in gioco il nostro regista, colui che prenderà le decisioni per tutti e quattro i protagonisti. In base alle azioni che compiremo la storia muterà, in alcune occasioni in maniera impercettibile, in altre in modo drastico. Addirittura ci sarà la possibilità di perdere un protagonista o anche più di uno, ma la storia continuerà a proseguire tenendo conto di quanto accaduto. Questo non solo contribuirà a rendere quanto più imprevedibile la trama del gioco, farcita di numerosi colpi di scena, ma anche particolarmente varia, incitandovi quindi a rigiocare il titolo una, due, tre volte per la frustrante curiosità di scoprire cosa sarebbe successo se aveste agito in maniera diversa o semplicemente per conoscere maggiormente la vita di un personaggio che vi ha particolarmente colpito.
    Ognuno dei personaggi ha un personalissimo destino sul quale influiscono in primis le scelte del giocatore e in un secondo momento le azioni legate agli altri protagonisti. Sulla loro vita verrà fatta luce mano a mano che andremo avanti con la storia e saranno molti, da questo punto di vista, i colpi di scena, i bruschi stravolgimenti e i momenti in cui emozionarsi e gridare col pad alla mano, imprecando davanti al televisore per una piccola ma fatale distrazione o per l’accanimento di voler intervenire in una situazione. Ed è proprio la tensione, oltre al fascino dell’intera vicenda, a immergere completamente il giocatore in una delle avventure più appassionanti e coinvolgenti dove il contesto non lascia spazio all’errore, dove ogni piccolo particolare può rivelarsi significativo ma soprattutto dove le scelte contano davvero.

    Gameplay? Filmplay!


    Parlare di gameplay riguardo ad una produzione come Heavy Rain non avrebbe molto senso, tra l’altro non lo possiamo nemmeno paragonare a qualche altro titolo già disponibile sul mercato. Quelle poche e piccole meccaniche di gioco esistenti sono tutte create a supporto del comparto narrativo, artefici di una maggior immedesimazione e coinvolgimento all’interno del contesto. Immedesimarsi tra una giornalista, un padre di famiglia e due agenti delle forze dell’ordine significa, logicamente, essere coinvolti in una indagine investigativa. Nelle vesti di un qualsiasi personaggio ci sentiremo nelle nostre possibilità dei potenziali detective alla ricerca di uno spietato killer che da un paio di anni sta terrificando una piccola cittadina della costa degli Stati Uniti, ma sicuramente ci sentiremo maggiormente coinvolti nei panni di Norman Jayden, l’agente FBI. Ed è proprio nelle sue scene che Heavy Rain tende più ad essere videogioco, nel senso stretto del termine, le quali ci metteranno alla ricerca di prove ed indizi sfruttando dei particolari occhiali che lo forniscono di una visione dell’ambiente in stile realtà aumentata, in grado di marcare e mettere in evidenza tracce di sangue, DNA e impronte. In base a quanti e soprattutto quali indizi raccoglieremo saremo successivamente in grado di delineare una pista più o meno dettagliata.
    Da questo punto di vista possiamo sicuramente dire che questo tipo di scene hanno giovato non poco al gameplay e, di conseguenza, alla narrazione della storia. Non nascondiamo neanche il fatto che un numero più elevato di scenari simili ci avrebbero fatto piacere, visto che ne sono presenti soltanto tre, tuttavia riescono ad alleviare l’attenzione di un giocatore sempre più focalizzato sul canovaccio principale e a colmare quel parziale gap dato dalla mancanza di interattività e libertà di fare quel che si vorrebbe. Questi due ultimi difettucci sono le conseguenze di scenari al limite della linearità, soprattutto degli spazi al chiuso, privi di punti di interazione. Inoltre sono assenti obiettivi secondari o puzzle ed enigmi da risolvere: evidentemente per extra gli sviluppatori hanno inteso l’alto fattore di rigiocabilità che di volta in volta offrirà interessanti risvolti derivati dalle tantissime scelte che il giocatore sarà continuamente chiamato a prendere e che lo porteranno in conclusione ad uno dei tantissimi finali della storia.
    Per poterci arrivare bisogna che il giocatore passi per le circa 60 scene che compongono la sua narrazione (il loro numero varia in base ai cambiamenti che può subire): ma come si svolge una scena?
    Ognuna è divisa da momenti in cui si ha il controllo diretto sul personaggio ad altre che ci vedono impegnati in rapidi Quick Time Event.
    Per muovere il protagonista facendolo camminare in avanti dovremo premere il tasto R2, indirizzandone i suoi passi con l’analogico sinistro. Alla levette analogica destra vengono invece affidati i movimenti della testa e, quindi, dello sguardo: per girare, quindi, dovremo prima spostare lo sguardo, proprio come avviene nella realtà. Questo aumenta sì il coinvolgimento e la realisticità dei comandi ma la combinazione scelta risulta piuttosto macchinosa, infangata dai continui cambi di telecamera che ne impediscono una completa padronanza e che non vi faranno sentire pienamente soddisfatti.
    Situazione migliore per quanto riguarda l’interazione con gli oggetti, portata ad un livello superiore rispetto a quanto già visto con Farenheit. Quando il protagonista si troverà in prossimità di oggetti con cui interagire compariranno su schermo delle icone galleggianti che indicheranno il movimento da eseguire con l’analogico per poter avviare l’azione. Spesso questo concede un’anteprima del gesto che andremo a compiere, complice anche un sistema decisamente intuitivo, ma in alcuni casi sarà importante prestare attenzione alla velocità con cui si andrà ad imprimere il movimento. Un gesto affrettato potrebbe compromettere le sorti di una situazione: capite che accostare o sbattere una porta non è affatto la stessa cosa. Questo tipo di controllo verrà riproposto molto spesso e in varie situazioni durante l’arco della trama, allo scopo di immergere il giocatore nel contesto e fargli provare le stesse sensazioni che sta vivendo il personaggio virtuale. Tra l’altro, tenendo premuto in qualsiasi momento L2, appariranno su schermo i pensieri e gli stati d’animo del protagonista: basterà premere il relativo tasto per ascoltare un breve monologo che illustrerà le ansie, le gioie e le paure che turbano il loro animo. In questo modo, inoltre, riceveremo utili indicazioni sul da farsi oltre a importanti approfondimenti sulla loro psiche. Ci si può realmente sentire parte del loro processo psicologico, del carattere che affronta le varie situazioni, e nelle fasi più concitate il fatto di vedere vibrare e ruotare vorticosamente i pensieri attorno ai personaggi si deposita nelle mani del giocatore che si sentirà quasi perso, in disagio per non riuscire a capire quale tasto voglia premere in quel turbinio di emozioni. Ciò restituisce verosimilmente lo stato di confusione e ansia che occupa le menti dei protagonisti: molto coinvolgente, senza dubbio.
    Sempre restando in termini di confronto con Farenheit non possiamo che segnalare la totale assenza di un hud che possa disturbare un singolo fotogramma delle notevoli sequenze video, uno dei principali problemi del precedente progetto Quantic Dream.
    Per quanto riguarda le Quick Time Event,. Il loro massiccio uso tende alla perfezione a mantenere il giocatore in uno stato di tensione, vuoi per le sequenze a mò di cut scene in cui si può proprio sentire il pathos dell’azione, vuoi perché in realtà non presenta il tipico sistema alla trial and error. Sbagliando a premere un tasto infatti la sequenza non si fermerà ma prenderà diversi risvolti che potranno avere lievi o pesanti ripercussioni sui protagonisti.
    E come se non bastasse questi QTE vantano di una varietà che spazia dalle diverse combinazioni di tasti al loro stile di utilizzo: proprio come avviene con i pensieri dei protagonisti, le indicazioni che susseguiranno sullo schermo potranno presentarsi vibranti e poco leggibili in base al tipo di situazione.
    In definitiva, il continuo alternarsi di queste due fasi, quindi di fase esplorative a Quick Time Event, mantiene costantemente il giocatore incollato al pad. Sicuramente le piccole magagne date da un sistema di controllo migliorabile, almeno per quanto riguarda il controllo dei personaggi, e dalla ridotta interazione e libertà negli ambienti fanno storcere un po’ il naso di fronte ad una produzione di assoluta espressione artistica.

    Ai limiti del fotorealismo


    A stupire sin dalle prime comparse è stato sicuramente il comparto grafico di Heavy Rain che sfoggia in particolar modo una resa dei volti dei protagonisti e comprimari stupefacenti. Dopo i titoli di coda abbiamo infatti fatto visita alla sezione Extra che, oltre ai bozzetti delle sceneggiatura, presenta alcuni video del making of. Sono stati molto interessanti soprattutto perché hanno mostrato il casting dei quattro protagonisti: le espressioni facciali, gli occhi e il sorriso erano perfettamente identici alle controparti del gioco. Vi basterà cercare in rete la foto di Sam Douglas, per caso vi ricorda qualcuno?
    Negli studi Quantic Dream è stato possibile ricostruire la bellezza di 30 mila animazioni che compongono gran parte del comparto visivo grazie alle più avanzate tecniche di motion capture (in parte utilizzate anche da Cameron in Avatar). Questo si evince soprattutto negli occhi che, a differenza di tutte le altre produzioni, sembrano animate di vita con quegli innumerevoli e impercettibili movimenti che compiono ogni secondo.
    E’ chiaro, però, che tutti questi sforzi, anche se capaci da una parte di produrre un’accuratissima recitazione, abbiano pesato sull’altra sponda, ossia quella delle comparse e dei personaggi secondari. Certo, non sono stati riprodotti a stampino sino a riempire le location, ma è vistoso l’eccessivo riuso di alcuni modelli. Ciò comunque non grava certamente sull’esperienza visiva, la nostra attenzione sarà sempre concentrata sui protagonisti e sui comprimari e non sfocerà mai nelle cosiddette “comparse”.
    A stupire non sono però solo i personaggi ma anche le ambientazioni e l’atmosfera.
    La prima, sia per texture che per shader rasenta veramente la perfezione: eccellenti e curate, ricche nella qualità dei dettagli ed effetti di illuminazione di primo livello. Fanno storcere un po’ il naso alcune location composte da modelli poligonali apparentemente incurati e texture spente.
    Per la seconda, invece, si rivela di particolare aiuto la pioggia, incessante elemento che ci accompagnerà imperterrita nel corso della storia. Questa, oltre a ricoprire un ruolo meramente coreografico, aiuta ad evocare un’atmosfera cupa, drammatica e commovente capace inoltre di suscitare forti emozioni. Il comparto artistico viene però sorretto in principal modo dalla colonna sonora, registrata niente popodimeno che negli studi di Abbey Road. Le melodia che la compongono sono di quanti più espressivo ed incalzante si potesse adattare ad un titolo del genere, in ogni momento è semplicemente perfetta e capace di sottolineare con le giuste emotività le situazioni più concitare che si pareranno di fronte.
    Chiudiamo il quadro del comparto tecnico facendo un accenno al doppiaggio in italiano che, per forza di cose, qualitativamente si attesta su livelli più bassi di quello originale, ossia quella registrata dalle voci degli attori reali. Comunque sia le ottime performance di Pino Insegno e Claudia Gerini si attestano su livelli eccellenti, se paragonati alle altre produzioni del giorno d’oggi, e sicuramente non fanno sfigurare la nostra versione rispetto alle altre (escluse le voci dei figli di Ethan Mars, difficili da digerire).

    Commento finale

    Dopo il mezzo successo di Farenheit, ammirevole comunque per le sue idee, David Cage imbocca la giusta strada con Heavy Rain e lo fa con classe, personalità e stile. A lui va sicuramente il merito di aver sfornato un titolo da 90, non perché dotato di particolari innovazioni e tecnologie capaci di settare nuovi standard, ma perché capace di distaccarsi da un’enorme massa di cloni e dalle tendenze del mercato che finiscono per riunire sempre lo stesso tipo di videogiocatori. Heavy Rain invece riesce a far avvicinare videogiocatori e non di fronte allo stesso schermo, riesce ad offrire una delle esperienze più uniche che possano esistere facendo parlare di sé prima, durante e soprattutto dopo i titoli di coda.
    Proprio come quando andando a vedere al cinema si sente ardentemente il bisogno di condividere la propria esperienza con qualcun altro, magari scambiandosi idee, opinioni e emozioni provate.
    Ciò a cui avete assistito voi potrebbe però non corrispondere a quanto hanno assistito i vostri amici, proprio perché le numerosissime scelte che dovrete prendere varieranno continuamente la narrazione e l’ottima caratterizzazione dei personaggi, aiutata da un eccellente comparto grafico, riuscirà a farci immedesimare nei protagonisti invogliandoci sempre di più a scoprire ogni singolo dettaglio della loro vita e, in gioco, a farci provare le loro stesse emozioni.
    Ma Heavy Rain non è certo un titolo perfetto, soprattutto non è un titolo adatto a tutte le corde e difficilmente riuscirà a fare grandi numeri o dominare le classifiche di vendita.
    Però è un titolo unico che appassionerà chi lo saprà apprezzare, a chi non piace è perché non sa apprezzarlo.

    VOTI:

    Grafica: 8.5
    Sonoro: 9.0
    Innovazione: 8.5
    Longevità: 9.0
    Giocabilità: 8.0
    Multiplayer: N/A

    Globale: 9
    Ultima modifica di chris1450; 27-07-2011 alle 16:51:40

  2. #2
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    Oddio, è venuto un po' lungo. Che ne pensate?

  3. #3
    concordo in te su molto.....ottima recensione

  4. #4
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    Grazie

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