Dwight Howard esce daTreviso, e dall'adidas Eurocamp, dopo aver stabilito un record: mai, una stella NBA aveva parlato (e si era divertita) tanto in un incontro con la stampa europea.
Al punto che il suo staff deve portargli da mangiare - patatine fritte e qualche fetta d'anguria - sul tavolo di una conferenza stampa di oltre due ore, seguita da una sessione di autografi a cui il centro degli Orlando Magic si sottopone col sorriso.
“Ciao, sono Dwight Howard, noto anche come Superman” sorride, mentre la maglietta grigia rischia di esplodere per i muscoli.
Di sorrisi, il tre volte difensore dell'anno NBA ne dispensa a decine. Con le imitazioni del suo coach Stan Van Gundy, della leggenda Charles Barkley, del suo "nemico" Shaquille O’Neal (non male la frecciata, “sono troppo giovane per ricordare l'esordio di Shaq nella NBA., ma non ci sarà un altro come lui”) e di LeBron James.
Scimmiottando la scena dell'annuncio del trasferimento del Prescelto a Miami, Howard rivela il suo "piano" nel caso la NBA si fermi per la serrata del club:
“Porterò i miei talenti in Canada, a Montreal, per diventare un giocatore di curling”.
Anche se poi si fa serio quando parla del trio italiano nella NBA.
“Sono tre buoni giocatori, mi piace soprattutto Danilo Gallinari, un attaccante di alto livello”.
E quando vede un giornalista croato con la maglia di Drazen Petrovic:
“A Orlando giocavo con Mario Kasun. Ho capito il valore di Drazen tra i suoi connazionali quando Mario me ne parlò, e si mise a piangere”.
Alla sua prima volta in Europa (“Ma non sarà certo l'ultima”, dice) e all'interno di un tour che lo porta oggi ad Atene e domani a Parigi, Howard scopre l'inconveniente legato al fuso orario:
“Impossibile vedere gara6 della finale NBA alle 3 di notte. Sono contento per Dirk Nowitzki, ha vinto l'anello al tredicesimo anno di NBA. Ammiro la sua pazienza, per me già 7 anni senza titolo sembrano interminabili. La finale ha dimostrato che chimica e unità di intenti contano più del talento: Miami era la squadra più talentuosa, ma i grandi giocatori devono mettere l'ego da parte, come avevano fatto i Big Three di Boston.
Sapete quando ho scoperto che la chimica conta più del talento? Negli anni al liceo la mia squadra disputò quattro finali statali e, nonostante la presenza di una futura prima scelta assoluta NBA, vinse una volta sola”.
E ripensando agli anni del liceo, quando Howard fu uno degli ultimi a compiere il salto direttamente alla NBA, dice:
“Il college basket è fatto per le guardie e non favorisce i lunghi. Meglio poter lavorare individualmente con uno staff NBA, ma non è una scelta per tutti: devi avere etica del lavoro e la gente giusta attorno”.
La finale NBA resta l'argomento caldo, se è vero che Howard la considera come “il momento più bello e il più brutto della mia carriera. Arrivarci, dopo aver sconfitto Cleveland e Boston, fu meraviglioso. Perderla contro i Lakers che mi triplicavano - ed è qualcosa che LeBron ha patito in questa finale - è stato devastante. Non ho parlato per giorni”.
E conoscendo la sua voglia di scherzare, deve essere stato davvero un colpo tremendo:
“Ci riproverò, anche se Miami diventerà la squadra da battere. L'ultima annata di Orlando è stata deludente, siamo usciti al primo turno di playofF contro Atlanta (nonostante i 27 punti e 15.5 rimbalzi di Howard, ndr), ma siamo un gruppo in ascesa, e io stesso posso migliorare tanto. In estate lavorerò di nuovo con Hakeem Olajuwon per il mio gioco in post basso. Un modello, il nigeriano, insieme ad altri personaggi come «Magic Johnson, Wìlt Cnamberlain, Michael Jordan. E non dimenticate Muhammad Alì»”
E con un'uscita degna di Alì, Howard "minaccia" tutti per il 2012:
“12 come il mio numero di maglia, ci sarà l'All Star Game a Orlando e sarò alle Olimpiadi di Londra per bissare l'oro di Pechino. Vedrete, sarà il mio anno”.