Capitolo 13 (Lo sceicco)
Spoiler:
Non sapevo chi cercare in quel campo di nomadi del deserto, ben superiori di intelletto ed animo di quelli delle città, così appena ne vidi uno disposto a discutere gli chiesi:
“Mi scusi, ma chi sto cercando?”
Il nomade mi diede un’occhiata un po’ sospettosa, poi si avviò lentamente verso il deserto guardando con attenzione che io non lo seguissi: non fu mai più visto, mai più.
Capii che di aver posto la domanda in maniera poco chiara, quindi mi addentrai più dentro al campo, dove vidi un altro nomade al quale chiesi:
“Chi è il vostro Boss?”
“Boss? Khel che cacciò la mia famiglia dalla penisola italica?”
“No il vostro capo!”
“Aaaah khel! Prego seguimi!”
Vidi così l’uomo del deserto inginocchiarsi con le mani giunte a pregare chissacchì e avanzare camminando con le ginocchia.
Arrivammo così innanzi a una sfarzosa tenda, di pura e rosa seta porporosa.
“Aspetta qua e spera che egli accetti la tua visita”
Stetti così, con il tramonto incombente ad aspettare una risposta: dopo 3 minuti circa riuscì a braccia aperte dicendo:
“Gioisci o ignoto errante, in quanto il mio padrone ha accettato la tua visita, prego entra nella tenda e fa’ come se fossi a casa mia!”
“Ma ancora non so il nome del tuo padrone!”
“La tua ignoranza è perdonata ed estinta, prego porta pure gli omaggi a Sheik Fiffo Yerbouti”
Entrai così nella sfarzosa tenda, all’interno vi erano appesi un indescrivibile numero di piccoli gingilli colorati e fosforescenti, rappresentanti chissà quale tipo di mostri mitologici e antichi, e tutti con una catenella terminante con un grosso anello. E al centro della stanza sopra un trono di ceramica a forma di imbuto ecco sedere Sheik Fiffo Yerbouti.
La cosa che mi saltò subiro l’occhio fu il suo sguardo penetrante, soprattutto nei confronti del suo piccolo harem che lo assisteva giorno e notte: poi la sua tunica bianca con annesso copricapo, tenuto sulla testa da un cerchietto molto simile alle tubature di plastica nere attraverso le quali si fanno passare i cavi della corrente elettrica. Apparentemente le uniche parti del corpo scoperte erano le mani, piene di strani e buffi anelli, giammai recuperabili in banali sacchetti delle patatine, e il suo volto baffuto e ben curato.
Cosa ancora più accattivante di quella stanza era la grande cappa di profumo che l’avvolgeva: un misto di incenso, oli persiani e Mastro Lindo Piatti.
Sheik Fiffo Yerbouti torceva gli occhi, muoveva e contorceva la testa al fine di capire dal suo trono la mia identità, infatti l’entrata era sicuramente il punto più scuro della stanza: dopo qualche strizzatina d’occhio si arrese a indovinare chi fossi, così mi chiese gentilmente che io mi facessi più avanti e più a vista con le seguenti parole:
“Ehi, brutto stronzo, levati immediatamente di la’ e fatti avanti! Non mi costringere a chiamare Kiribù e la strega Karabà”
Così, senza rispondere mi avvicinai più a lui, a quasi dieci passi.
“Aah, così va molto meglio: forestiero, anche se dubito che tu sia della forestale in questo deserto, enuncia il tuo nome!”
“Domenico”
“Copernico?”
“No Domenico!”
Si accostò a me il nomade cicerone e mi sussurrò:
“Sua misoginità ha le orecchie un po’ otturate dal copricapo, ti consiglio di alzare di più la voce!”
“DOMENICO!”
“Domenico, vieni! C’è qualcuno che ti cerca!”
“SONO IO DOMENICO”
“Bene, vedo che ha risposto alla mia chiamata; quindi Copernico, perché mai sei venuto a trovarmi?”
“MI CHIAMO DOM…. umpf lasciamo perdere… JURAMBALCO MI HA CONSIGLIATO DI RIVOLGERMI A LEI PER SAPERE IL POSTO PRECISO ONDE TROVARE I DADASTRONZI”
“I papa sono stronzi? Non vedo nulla di nuovo in tutto ciò…”
“DADASTRONZI! DADASTRONZI! DADASTRONZI!”
“Si, si ho capito, non sono mica sordo! Quindi tu hai intenzione di accedere alla somma conoscenza dei Dadastronzi. Non è cosa da poco, anch’io ho avuto modo di intraprendere questa avventura e ne sono uscito vincitore.”
“Bene, allora immagino che saprai dove posso trovarli…”
“Cosa?"
“HO DETTO CHE DOVRESTI SAPERE DOVE POSSO TROVARLI!!!”
“Dove? Bwahahahah! Questa è proprio bella! Pensi che loro stiano sempre nello stesso luogo? Non sai forse che essi si comportano perfettamente come dei pagliacci erranti? Dubito essi passino per due volte lo stesso luogo”
“CHE COSA MI CONSIGLI DI FARE DUNQUE?”
“Se tu fossi un pagliaccio errante, dove passeresti le notti, se non in una di quelle vecchie e ammuffite taverne poste ai margini dei borghi? Lo so è un arduo compito, ma i sommi benefici non si acquisiscono se non attraverso la tribolazione, lo stress e i rompimento di coglioni.”
“MI METTERÒ SUBITO IN VIAGGIO”
“Stai dimenticando il freddo del deserto! Puoi concedermi di offrirti un caldo riparo per la notte? Sai raramente incontro viandanti che non vanno alla ricerca di merci preziose, denaro… e figa. Non vi è cosa più gratificante del ricercare la conoscenza, giusta o sbagliata che sia, in quanto essa rimane comunque conoscenza, sofia, saggezza.”
Passai così l’ennesima notte fuori casa, il giorno successivo dopo una tazza di latte di cammello e qualche cialda, mi avviai verso il centro abitato più vicino: passai 3 giorni e 3 notti ad attraversare quel deserto finchè non giunsi alla costa e lì vidi la città di Alessandria, l’inizio ufficiale delle mie indagini.[13.1]
[13.1] d’Egitto.