[5] [ICDNDSS] Il club dei nerd del sabato sera ritorna! - Pag 3
  • In diretta da GamesVillage.it
    • News
    • -
    • In Evidenza
    • -
    • Recensioni
    • -
    • RetroGaming
    • -
    • Anteprime
    • -
    • Video
    • -
    • Cinema

Pag 3 di 37 PrimoPrimo 12345613 ... UltimoUltimo
Visualizzazione risultati da 31 a 45 di 550

Discussione: [5] [ICDNDSS] Il club dei nerd del sabato sera ritorna!

Cambio titolo
  1. #31
    Ex-Keine
    Ospite
    Citazione breaker_no_stopp Visualizza Messaggio
    praticamente.... tutti?
    Sono tutti hentai o cosa?

  2. #32
    Linkin_Kratos93
    Ospite
    ma ti vergogni per caso?

  3. #33
    Utente L'avatar di Steto96
    Registrato il
    07-10
    Messaggi
    2.421
    Citazione hitfreezy Visualizza Messaggio
    A proposito, sto ancora aspettando il racconto di Steto96.
    Uh già è vero, arriva subito!!
    PS. è lungo, lo mando in PM
    PPS. è ancora troppo lungo, che faccio? lo posto normalmente?
    Ultima modifica di Steto96; 4-02-2012 alle 18:52:16

  4. #34
    Mr.Alabama
    Ospite
    Stasera credo che ricomincerà la mia dipendenza di football manager

  5. #35
    hitfreezy
    Ospite
    E postalo, chissenefrega se è lungo

  6. #36
    Outsider L'avatar di Roby
    Registrato il
    02-10
    Località
    Naughty Ottsel
    Messaggi
    10.245
    'Sera .

  7. #37
    Femoghe la festa!! L'avatar di lueDiPa
    Registrato il
    07-08
    Località
    Columbia
    Messaggi
    5.856
    Carico di febbre come pochi... Stasera a casa...
    Vara ti se doveva vegnirme febre el fine settimana...

  8. #38
    Utente L'avatar di breaker_no_stopp
    Registrato il
    01-11
    Messaggi
    2.333
    Citazione Kronos21 Visualizza Messaggio
    Non vedo quale sia il problema
    i "cartoni animati" sono per i bimbi piccoli. e ho detto tutto.
    Citazione Ex-Keine Visualizza Messaggio
    Sono tutti hentai o cosa?
    no, ma anche se non lo fossero avrebbero comunque da ridire. sai com'è... leggi il quote sopra
    Citazione Linkin_Kratos93 Visualizza Messaggio
    ma ti vergogni per caso?
    leggi il quote sopra.

    madonna santa.

    devo assemblarmi un pc da battaglia da sistemare in camera senza farlo sapere ai miei
    parole sante .
    Citazione edo44 Visualizza Messaggio
    "Perdere tempo" significa banalmente non essere soddisfatti di come lo si è trascorso. Chi addita altri sottintendendo che oggettivamente perdono tempo non è altro che un cretino.

  9. #39
    hitfreezy
    Ospite
    Eh, per vedermi Batman aspettavo le ore vuote. Fortuna che ne avevo a volontà

  10. #40
    piwa ti perdono L'avatar di Nowe
    Registrato il
    11-06
    Località
    Neverland
    Messaggi
    21.169
    Citazione breaker_no_stopp Visualizza Messaggio
    i "cartoni animati" sono per i bimbi piccoli. e ho detto tutto.
    Ma sei tu che guardi anime rivolti a un pubblico infantile o sono i tuoi genitori che considerano gli anime prodotti infantili?

    Dall'uso delle virgolette penso la seconda, ma se fosse il primo caso sarebbe interessante.

  11. #41
    Utente L'avatar di Steto96
    Registrato il
    07-10
    Messaggi
    2.421
    Spoiler:
    La Soluzione
    Spari. Grida. Gemiti. Esplosioni. Sangue. Morte.
    Questi sono gli odori e i suoni che mi hanno accompagnato fino a pochi minuti fa. O forse ore. Dopo essere rovinato per terra, insieme ad altri cadaveri, la mia vista aveva cominciato ad annebbiarsi, mentre combattevo contro quel fuoco che lentamente stava divorando la mia carne. Poi il tempo si era allungato, come se mi stesse prendendo in giro, ridendo del mio dolore. E dopo arrivò il buio. Attorno a me il rumore si affievolì fino a ridursi al puro silenzio. Mi sembrava di essere morto, finché non riaprii gli occhi.
    Non riuscii subito a mettere a fuoco l’ambiente circostante, tutto pareva come avvolto da una nebbia impenetrabile. Dopo alcuni battiti di ciglia potei finalmente osservare la scena: mi trovavo ancora sul campo di battaglia, che ormai era diventato un cimitero a cielo aperto, con l’unica differenza che i cadaveri non erano sepolti e non trovavano riposo, sotto lo sguardo severo e al tempo stesso triste di una lapide. Mi intristì il fatto che molto probabilmente i loro cari non avrebbero mai riavuto il loro corpo per omaggiarli di una buona sepoltura, così da poter almeno portare loro i fiori.
    Per esempio mi ricordai di Paolo, quel ragazzo sulla ventina che era nella mia stessa squadra. Non l’avevo conosciuto bene, sapevo solo che aveva una famiglia e che gli voleva molto bene, come ripeteva ogni giorno, dopo aver recitato una preghiera per la madre, il padre e le sorelle. Mi sarebbe veramente dispiaciuto se lui fosse morto e la sua salma non fosse stata restituita ai suoi familiari. Ma i miei dubbi furono messi a tacere pochi minuti dopo: mi rialzai per cercare superstiti e, dopo aver fatto pochi passi, caddi di nuovo a terra: ero inciampato in uno dei corpi disseminati sul campo di battaglia, un’altra vittima di quella guerra insensata. Feci per rialzarmi quando riuscii a capire che il cadavere era proprio quello di Paolo. Il mio cuore si riempì di dolore. Mi misi a piangere e a stringere la sua mano, come se potessi infondere la mia vita nel suo freddo corpo. Dall’espressione della sua faccia potei intuire che purtroppo era morto lentamente, come se la Morte mentre girava per il campo di combattimento avesse adocchiato il giovane e avesse preparato la sua letale lama, si fosse avvicinata e l’avesse colpito, ma senza finirlo e fosse passata oltre, convinta della riuscita del lavoro, tornando solo più tardi, accorgendosi dell’errore e rimediando.
    Cercai allora nelle tasche della sua uniforme: magari portava su di se qualcosa che avrei potuto restituire alla sua famiglia. Trovai solo un pezzo di carta stropicciato e piegato più volte. Non poteva essere una lettera: ormai usavamo tutti un computer per poter comunicare con i nostri familiari. Aprii il biglietto che si rivelò un foglio strappato dal suo diario. Le parole erano scritte velocemente e non c’era una data, quindi intuii che fosse un semplice messaggio. Lo lessi:
    “Mamma, Papà, Sorelle. Se questo messaggio è arrivato a voi vuol dire che sono morto. Volevo solo dire che vi ho sempre amati: anche se l’ho sempre ripetuto ho sempre pensato che non sarebbe mai stato abbastanza. Che il Signore vi protegga sempre.”
    Versai ancora lacrime dopo aver letto queste parole. Misi il biglietto nella mia tasca dell’uniforme ma non mi rialzai: sentii un grosso bisogno. Quello di pensare.
    Nella mia vita forse non ho mai pensato: nato in una famiglia ricca, ho frequentato scuole importanti e poi sono andato a lavorare nella fabbrica di mio padre, dirigendo l’azienda. E non ho mai pensato con la mia testa perché i miei genitori hanno deciso che io dovevo fare quella scuola e che io dovevo andare ad aiutare mio padre a mandare avanti quella sua stupida fabbrica. Io avrei volentieri fatto un altro lavoro, perché tutto quello che ho fatto nell’ufficio del mio babbo è stato temperare stupide matite.
    Poi era arrivata la nuova guerra. Come al solito avrebbe dovuto essere una cosa veloce. Ogni giorno sentivo sempre nuove teorie sulle cause dell’inizio del conflitto: crisi economiche, petrolio, scontri tra le nazioni più grandi. Ma alla base di tutto c’è sempre una sola cosa: la cupidigia e l’avidità dell’uomo. Ed era stata mia madre che, per fare bella figura con le amiche, mi aveva mandato a combattere. I miei genitori lo trattavano come un oggetto, lasciato a marcire in un angolo buio della casa e rispolverato ogni tanto per essere messo in una vetrinetta, in bella vista, per poi essere di nuovo sistemato in cantina, a prendere polvere.
    Lasciai che i miei pensieri venissero trasportati via dal vento, dissipandosi ma lasciando comunque una traccia dietro di se. Il vuoto nella mia mente fu subito riempito da altri pensieri. Mi girai per vedere di nuovo Paolo, come se mi aspettassi che si sarebbe alzato in piedi e sarebbe andato a cercare la nostra squadra. Ma era ancora lì, pallido e coperto da un leggero strato di polvere, in quanto le granate che erano esplose durante la battaglia ne avevano sollevata molta.
    E così che l’odio cominciò a ribollirmi nelle vene. Odiavo i miei genitori così ipocriti e opportunisti, odiavo la guerra che mieteva vittime su vittime innocenti. Odiavo l’uomo. La causa di tutti i mali, di tutti i conflitti, di tutto. Ma perché questa razza era stata creata. Paolo, che era un cristiano modello, a volte parlava con me di religione. Diceva che Dio ci aveva creato per un suo progetto. Ma quale progetto? L’uomo si sarebbe autodistrutto con tutti i suoi comportamenti e la sua logica. Cosa aveva fatto la razza umana come prima cosa appena apparsa sulla Terra? Dopo aver creato enormi imperi e regni si era sempre fatta la guerra. Non c’è un periodo della storia nella quale non ci sia stato un conflitto. L’uomo aveva cominciato così e sarebbe terminato così.
    Cercai di calmarmi ma non ci riuscii. La mia testa pulsava. Credevo che sarebbe esplosa. Era piena delle parole che avrei voluto dire, si ammucchiavano e non si distinguevano più. Non sapevo come farle uscire fuori, erano un fiume in piena. Ma ecco che anche nelle acque più impetuose uno scoglio rimaneva a galla. Era la consapevolezza che c’erano anche persone buone al mondo.
    Mi ricordai di un mio caro amico, Mauro. Lo conobbi molto tempo fa: era una persona senza eguali, un vero santo come mi piaceva definirlo, perché per me i veri santi non sono quelli che muoiono per la religione, ma portando del bene in questo mondo corrotto e rovinato da noi stessi. Aveva una bella famiglia e faceva sempre del bene, aiutando chiunque avesse bisogno di qualcosa. Andava persino lui a cercare i bisognosi, andando nei paesi più poveri per portare il sorriso, quella fonte di energia che in lui era infinita. Poi una malattia praticamente incurabile l’aveva portato via. E di nuovo tristezza e odio mi pervasero, ma cercai di reprimere il primo dei due sentimenti, perché avevo promesso a me stesso di non essere più triste per lui, perché non avrebbe voluto.
    Una nuova consapevolezza si fece strada nella mia mente con forza, come spintonando gli altri pensieri: il dolore e la morte. Perché se l’uomo era destinato ad un grande progetto era destinato a soffrire sempre e infine a lasciare questo mondo? Se l’uomo fosse stato la razza eletta sarebbe dovuta essere forte, invincibile. Immortale. E invece siamo costretti ad un’esistenza che ha quasi dell’inutile. Non c’è modo di togliere quel senso di vano, perché la razza umana non è capace di cambiare se stessa, è capace solo di distruggere. Ed è quello che sta facendo alla Terra: da quando la razza umana ha fatto il primo passo sul pianeta ha cominciato ad “adattarlo” come siamo soliti dire. La parola giusta invece è “demolirlo”. Siamo proprio come dei bambini che, ricevuto un regalo prezioso ed unico, dopo poco tempo lo fanno a pezzi. E dopo cercano dappertutto un nuovo giocattolo. Noi non possediamo la Terra, siamo solo degli schifosi parassiti che, nonostante ogni sforzo, non vengono debellati, anzi si riproducono ad una velocità allarmante. La fine del mondo che in tanti predicono difficilmente sarebbe venuta da fuori, non sarebbe stato un meteorite che sarebbe caduto dal cielo, non sarebbero state miriadi di catastrofi naturali a fermarci. Saremo noi stessi. Noi, quando teniamo le nostre armi in pugno, non le dirigiamo contro un altro nostro pari: le puntiamo contro noi stessi.
    Improvvisamente scattai in piedi. Era forse la rabbia a guidare i miei movimenti? Mi ricordai del biglietto di Paolo, che ancora era nella mia tasca. Decisi di andare a cercare la mia squadra, per tornare al campo e mandare finalmente il messaggio alla famiglia di Paolo. Però non potevo lasciare lì il suo corpo. Decisi quindi di portare anche lui al quartier generale. Me lo caricai sulle spalle, anche se mi avesse rallentato, ormai il combattimento era finito, o al massimo si era spostato più lontano. Cominciai a camminare in una direzione a caso, prima o poi avrei trovato qualcuno o qualcosa. Con la mano destra cercai la fondina della mia pistola e, dopo aver controllato le munizioni e tolto la sicura, partii. Non sapevo che ore erano quindi non avrei saputo dire per quanto tempo camminai.
    Mi fermai solo una volta quando il silenzio fu squarciato da un ronzio. Riconobbi subito il rumore e mi gettai a terra, fingendomi morto. Sopra di me passò un aereo. Volava molto basso e, a giudicare dal rumore, che al campo base ci avevano fatto imparare, era nemico. Stavano cercando superstiti. Trattenni il respiro e il veicolo continuò la sua ricerca per poi salire di quota e passare oltre. Mi rialzai e ripresi di nuovo Paolo sulle spalle, quando un altro boato riempì il silenzio da poco interrotto. Mi girai verso la direzione dalla quale veniva e vidi una palla di fuoco scendere velocemente e schiantarsi al suolo con un’altra esplosione. Era la contraerea alleata, il campo doveva trovarsi in quella direzione. Ripresi quindi a camminare.
    Chissà se Paolo aveva una donna che lo amava ad aspettarlo a casa. A dire il vero non ne aveva parlato ma quando la sera ci riunivamo in circolo per parlare un po’ insieme, ogni tanto qualcuno parlava della famiglia. Marco ad esempio raccontava di sua moglie, di come si erano conosciuti e le solite cose. Gianluca invece parlava sempre di suo figlio. Aveva milioni di foto attaccate al muro della sua stanza e ogni giorno insisteva per poter connettersi con il computer e conversare con lui. Una volta avevano domandato a Paolo se era fidanzato e lui in risposta era arrossito visibilmente. Poi aveva salutato tutti ed era andato a dormire, nella delusione generale. Io? Io non avevo nessuno. Sapevo che se fossi tornato a casa avrei soltanto ritrovato il mio lavoro, se così poteva essere chiamato, e la solita vita monotona del riccone. Una volta mi ero innamorato di una ragazza. Purtroppo per i me i miei genitori non approvarono perché non aveva genitori importanti e non potevano permettersi una simile vergogna. Di lei non mi ricordo né il nome né il viso. E ancora una volta la corruzione e il marcio della mente umana vinsero, perché le storie a lieto fine si trovano solo nei libri.
    E allora che senso aveva tornare a casa? Avrei preferito morire in questa guerra piuttosto che vivere un vita vuota. Probabilmente mia madre ora era in cerca di qualche donna abbastanza ricca e nobile da potermi sposare, e sarei stato costretto ad accettare. Mi fermai per riposare, ancora una volta. Avevo osservato l’orizzonte ma non c’era traccia di nessun campo, né di qualche persona che potesse aiutarmi. Ma dovevo tornare. Per Paolo. Improvvisamente qualcosa mi toccò il piede.
    Mi girai e vidi un uomo che aveva allungato la mano per richiamare la mia attenzione. Indossava l’uniforme dei nemici e notai con orrore che gli mancava tutta la parte inferiore del corpo, ma era ancora vivo. La faccia, con i tratti distintivi del suo popolo d’appartenenza, era macchiata di sangue, molto probabilmente il suo. Cominciò a parlarmi nella sua lingua ma io non capivo. Si sentiva tutto il dolore che provava nelle sue parole. Gli dissi nella mia lingua di stare calmo e di non agitarsi ma anche lui non capì. Allora cominciò a gesticolare: indicò la sua grave menomazione e poi la mia pistola. Infine fece segno con la sua mano di sparargli in testa. Esitai: non volevo privarlo della sua vita, non l’avrei ucciso. Alla caserma ci avevano insegnato che in guerra o si uccideva o si veniva uccisi, ma in verità io, pur possedendo una mira eccezionale, mancavo apposta i nemici, e cercavo di restare in vita. Quello stratagemma aveva funzionato. Finora. Intanto l’uomo continuava a gesticolare. Stava soffrendo, come avrei potuto lasciarlo lì a morire lentamente, proprio come era morto Paolo? Questo pensiero fece automaticamente premere il grilletto della pistola puntata contro quell’altra vittima della guerra.
    Restai immobile per un’infinità di tempo. L’odio che prima mi scaldava aveva lasciato il posto al gelo. Mi gettai in ginocchio davanti a quell’altro cadavere. Non c’era neanche il caso di cercare il polso, perché è difficile sopravvivere ad un proiettile in testa. Ma questa volta non piansi. Quest’azione aveva portato a galla un aspetto che non avevo considerato, tenuto da parte perché troppo ovvio: anche io ero uno di loro. Un umano. Come gli altri. Stessa mentalità, stessi desideri, stessa fame di morte e sete di distruzione.
    Ancora una volta le mie emozioni guidarono la mia mano assassina e mi puntai la pistola alla tempia. Era l’unico modo per finire tutto questo incubo. L’unico modo per non soffrire più. Sarei stato solo un altro cadavere in mezzo agli altri.
    La sentivo, una voce che mi urlava: “Fallo! Fallo e non dovrai sopportare altro dolore. Mai più.”
    Ma io non volevo, un’altra forza fermava la mia mano. E di nuovo il tempo scorse così lentamente, tanto da fermarsi. Dopo questa eternità, finalmente abbassai la pistola e la rinfoderai. Poi capii qual’era la forza che mi spingeva ad abbassare l’arma. Il pensiero di quella che era la mia missione: dovevo far sì che il corpo di Paolo raggiungesse i suoi familiari. Di cosa sarebbe venuto dopo non m’importava, avrei anche potuto gettarmi nella mischia di una nuova battaglia e morire. Ormai avevo capito che la mia vita non aveva senso. Niente aveva senso. Mi caricai di nuovo il corpo del giovane soldato e partii di nuovo.
    Mi parve un viaggio lunghissimo, ma dopo aver attraversato una collinetta, vidi in lontananza il mio quartier generale. Finalmente. Anche se un attimo prima le forze mi erano venute a mancare per un istante, appena vidi il campo base rinvigorii e quasi mi misi a correre.
    Ma non lo raggiunsi mai. Da dietro dei massi sbucò un gruppo di persone, soldati con l’uniforme nemica.
    Ero in trappola. Mi fermai, perché non c’era altro da fare. Tre di quei soldati mi puntarono addosso i loro fucili, mentre altri due corsero nella mia direzione. Intanto vicino agli uomini armati un signore, molto probabilmente il comandante di quell’unità, urlava parole nella sua lingua, chiaramente ordini. Appena mi raggiunsero uno dei due nemici mi perquisì mentre l’altro afferrò il corpo di Paolo e lo sistemò a terra. Mi presero le armi e, trovato il biglietto, cercarono di prendermelo. Io opposi resistenza, ma un forte calcio al fianco destro mi stese, mentre i soldati mi legarono i polsi e le caviglie. Dopo mi colpirono alla nuca e io svenni.
    Mi risvegliai quando ormai il sole era calato, alla luce di una torcia. Ero in una tenda. Mi avevano catturato. Avevo fallito la mia missione. Tutto era andato in fumo. Mi avevano legato e portato nel loro accampamento. I loro occhi non erano stati capaci di vedere in me uno della loro specie. Dentro di me un verdetto era stato scritto: colpevole diceva. L’imputato era la razza umana, colpevole di molti crimini. Non esistevano innocenti, nessuno poteva salvarsi.
    La tenda si aprì e il comandante del gruppo che mi aveva catturato entrò, insieme ad un altro soldato che portava con se un bastone di ferro dentro un bidone di tizzoni incandescenti. Volevano torturarmi, ma non per estorcere informazioni. Lo si capiva dal fatto che non fu convocato un traduttore alla mia tenda per pormi le domande alle risposte che volevano ottenere. Volevano solo divertirsi con un nuovo giocattolo.
    L’uomo cominciò a parlare nella sua lingua in tono interrogativo. Al termine del discorso mi guardò con uno sguardo che mi avrebbe fatto parlare se avessi saputo cosa voleva. Ma non lo sapevo. Fece un cenno con la mano e il soldato gli porse il metallo incandescente. Poi il comandante si avvicinò lentamente e, dopo avermi tolto l’uniforme lacerandola con un coltello, posò il ferro a contatto con la pelle della mia schiena. Non ci sono parole per descrivere il dolore che provai. Mio padre da piccolo mi aveva colpito qualche volta con un asse di legno per punizione, ma in confronto questo era come morire. Urlai in una maniera disumana. Poi finalmente l’uomo tolse il metallo e lo ripose di nuovo nei tizzoni, poi riprese a farmi delle domande. E di nuovo prese il bastone di ferro e lo pose sulla mia schiena. Continuò a farlo innumerevoli volte, ridendo con gusto della mia sofferenza. Urlai in una maniera indescrivibile, al pari del dolore provato.
    Poi il comandante, evidentemente stanco di quel gioco, ordinò qualcosa. Anche senza sapere la loro lingua capii che sarei stato giustiziato. Mi portarono fuori di peso e mi legarono ad un palo in mezzo ad uno spiazzo e mandarono a chiamare qualche soldato per fucilarmi. Arrivarono tre uomini con i loro fucili e cominciarono a sistemarsi e a prendere la mira. Dunque era tutto finito. Sarei finalmente morto. Niente più dolore.
    Cominciai a pensare, ebbro di una nuova sensazione: quella di liberazione. Mi chiesi quando l’uomo avrebbe smesso di esistere, poiché tutto ha un inizio, tutto ha una fine.
    Di nuovo una voce parlò dentro di me. “Lo vedrai” disse. Un urlo interruppe la voce. I soldati caricarono il fucile. Un altro urlo e puntarono. Un nuovo urlo e …
    Un boato scosse la terra, il cielo fu illuminato a giorno. Tutti furono attratti dalla fonte della luce: era un fungo atomico. Poi un altro esplose vicino, e un altro ancora più in la.
    Eccola! Avevo cercato di trovare un modo per finire il dolore ed ora eccola. La Soluzione era lì davanti ai miei occhi. La fine dell’uomo.
    Mi lasciai avvolgere dal calore dell’inferno radioattivo che cominciò a bruciare la mia carne.


    Enjoy Yourselves
    Ultima modifica di Steto96; 4-02-2012 alle 19:56:00

  12. #42
    Utente L'avatar di DON IVANO
    Registrato il
    01-08
    Località
    SALENTO
    Messaggi
    18.003
    Citazione breaker_no_stopp Visualizza Messaggio
    i "cartoni animati" sono per i bimbi piccoli. e ho detto tutto.
    come ti capisco.
    io in casa tutti , ma proprio tutti i programmi (non solo anime) li guardo da solo, e nessuno deve venirmi a rompere
    GIOCANDO A: QUAKE 4 / Guittah Heroh Servoh delloh Statoh !!11!



  13. #43
    Utente L'avatar di breaker_no_stopp
    Registrato il
    01-11
    Messaggi
    2.333
    Citazione Nowe Visualizza Messaggio
    Ma sei tu che guardi anime rivolti a un pubblico infantile o sono i tuoi genitori che considerano gli anime prodotti infantili?
    Dall'uso delle virgolette penso la seconda, ma se fosse il primo caso sarebbe interessante.
    no, ma che centra? e comunque si, la seconda credo. anche se il target di un anime mi interessa poco: secondo questo ragionamento solo i bambini dovrebbero leggere topolino. o i grandi dovrebbero leggere tex.
    Citazione DON IVANO Visualizza Messaggio
    come ti capisco.
    io in casa tutti , ma proprio tutti i programmi (non solo anime) li guardo da solo, e nessuno deve venirmi a rompere
    tolleranza in casa mia, questa sconosciuta.

    @Steto96 ma uno spoiler no eh? mi si è consumato lo scroll.
    parole sante .
    Citazione edo44 Visualizza Messaggio
    "Perdere tempo" significa banalmente non essere soddisfatti di come lo si è trascorso. Chi addita altri sottintendendo che oggettivamente perdono tempo non è altro che un cretino.

  14. #44
    piwa ti perdono L'avatar di Nowe
    Registrato il
    11-06
    Località
    Neverland
    Messaggi
    21.169
    Citazione breaker_no_stopp Visualizza Messaggio
    no, ma che centra? e comunque si, la seconda credo. anche se il target di un anime mi interessa poco: secondo questo ragionamento solo i bambini dovrebbero leggere topolino. o i grandi dovrebbero leggere tex.
    No ma figurati, ho recentemente iniziato un rewatch dei pokemon e speravo di non essere l'unico

  15. #45
    Utente L'avatar di Steto96
    Registrato il
    07-10
    Messaggi
    2.421
    Citazione breaker_no_stopp Visualizza Messaggio
    no, ma che centra? e comunque si, la seconda credo. anche se il target di un anime mi interessa poco: secondo questo ragionamento solo i bambini dovrebbero leggere topolino. o i grandi dovrebbero leggere tex.

    tolleranza in casa mia, questa sconosciuta.

    @Steto96 ma uno spoiler no eh? mi si è consumato lo scroll.
    adesso aggiusto scusa

Pag 3 di 37 PrimoPrimo 12345613 ... UltimoUltimo

Regole di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •