Indie-anapolis - Pag 34
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Visualizzazione risultati da 496 a 510 di 537

Discussione: Indie-anapolis

Cambio titolo
  1. #496
    TheDarkSlayer
    Ospite
    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    A finirlo con tutte le ragazze, cercando di individuare gli oggetti, mirando quindi a "completare il gioco", stricto sensu, ci ho messo quasi 7 ore...
    Si, ma personalmente mi sono annoiato prima, il fascino svanisce, anche perché alla lunga i commenti non sono così imperdibili e l'unica cosa fondamentale diventa il lupo.

  2. #497
    gabreck
    Ospite
    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    [/I]In sostanza, mi domando: è The Path a mancare di bilanciamento e quindi ad essere un "flop", oppure, siamo noi a non essere pronti a recepire nuove modalità espressive, che sfuggano agli schemi stringenti radicati nei nostri criteri valutativi?
    Opto per la seconda.
    Il videogioco, in fin dei conti, è un medium multimediale interattivo. Se c'è interazione, partecipazione diretta del fruitore, significa che si entra nello specifico del medium.
    Ora, forse è il termine videogioco, gioco, a sollevare le solite discussioni.
    Un videogioco deve essere necessariamente gioco? Si direbbe di si, se si chiama videogioco.
    Un medium multimediale interattivo deve essere necessariamente gioco? No, non necessariamente.
    Gioco, cosa significa gioco? Un insieme di azioni da ripetere seguendo delle precise regole, un obiettivo da raggiungere, una curva d'apprendimento, una sfida crescente.
    Se al giocatore non fornisci questi elementi, il giocatore finirà per chiedersi "E dov'è il gioco? Dov'è il gameplay?". Ma gameplay non è interazione? E l'interazione è necessariamente gioco, sfida, reiterazione?
    I lavori dei Tale of Tales, in particolare The Graveyard, Fatale e The Path, sono spunti molto interessanti per giungere a una conclusione.
    I lavori dei Tale of Tales, a mio avviso, sono lavori muniti di una logica, di una struttura e di un concept coerenti al medium di appartenenza, perchè i contenuti e le sensazioni che veicolano fanno leva su meccanismi peculiari all'interazione multimediale. La "storia" raccontanta in The Path, ad esempio, è una storia costruita dal fruitore, perchè se deciderà o meno di seguire il sentiero (da cui il titolo dell'opera) potrà imbattersi in piccoli indizi, figure, simboli da interpretare, dando vita ad un mosaico di situazioni che semplicemente non sarebbe stato possibile ricreare attraverso un metodo di fruizione non interattivo.
    I Tale of Tales non propongono sfide, giochi nel senso più classico del termine, però i loro prodotti sono prodotti multimediali interattivi, allora non sono videogiochi? E i videogiochi non sono prodotti multimediali interattivi, allora?

    Per concludere, credo che il termine videogioco sia diventato castrante per le potenzialità espressive del medium.
    Non perchè il termine gioco sia svilente, anzi, il gioco è nobile e con tanti giochi si è anche dimostrato, soprattutto nella scena underground, di poter comunicare un messaggio con il gameplay stesso (caso eclatante il recente Loved).
    Solo che, ecco, una definizione così univoca rischia di irrigidire i criteri di valutazione.
    Poi basta guardarsi intorno, e notare come i videogiochi siano ancora trattati come beni di consumo, non come opere dell'intelletto.
    Un videogioco, dai più, viene ancora considerato come la somma delle sue parti, perchè deve avere una bella grafica, un bel sonoro, un bel controllo e una longevità soddisfacente, magari anche una bella storia. Mai digerita la questione della longevità, personalmente. Un game designer dovrebbe essere libero di esprimere il suo contenuto nei tempi più adatti. I giochi più longevi, non a caso, sono nella maggior parte dei casi oggetto di forzature, giochi che magari arrivano a riproporre ossessivamente un determinato meccanismo, al punto da trattare il giocatore come uno stupido.
    Io, sinceramente, preferisco pochi minuti di genuina ispirazione, intensità, estro, piuttosto che l'ennesimo rpg diluito con quintali di farming.

    Insomma, sono convinto che il videogioco, inteso come medium interattivo e multimediale, possa essere in linea di massima il medium più versatile sulla piazza, perchè è un medium omnicomprensivo (può contenere, in una certa misura, riferimenti ad altri medium) potenzialmente in grado di esprimere un contenuto nella sua dimensione interattiva in molteplici modi, che sia un gioco, un'esperienza, una simulazione o una storia. Perchè no?
    Il cambio di nome avvenne anche con i fumetti, perchè con "graphic novel" si pensava di restiuire una forma più matura al mezzo espressivo, rispetto al termine "comic". Ma nel caso dei videogiochi, tengo a precisarlo, non è una questione di maturità, ma una questione strutturale, perchè il termine gioco è troppo specifico nella definizione che fornisce, al punto da stroncare sul nascere la malleabilità intrinseca del medium multimediale interattivo di cui è rappresentante.

  3. #498
    Bannato
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    13.712
    Citazione gabreck Visualizza Messaggio
    Opto per la seconda.
    Il videogioco, in fin dei conti, è un medium multimediale interattivo. Se c'è interazione, partecipazione diretta del fruitore, significa che si entra nello specifico del medium.
    Ora, forse è il termine videogioco, gioco, a sollevare le solite discussioni.
    Un videogioco deve essere necessariamente gioco? Si direbbe di si, se si chiama videogioco.
    Un medium multimediale interattivo deve essere necessariamente gioco? No, non necessariamente.
    Gioco, cosa significa gioco? Un insieme di azioni da ripetere seguendo delle precise regole, un obiettivo da raggiungere, una curva d'apprendimento, una sfida crescente.
    Se al giocatore non fornisci questi elementi, il giocatore finirà per chiedersi "E dov'è il gioco? Dov'è il gameplay?". Ma gameplay non è interazione? E l'interazione è necessariamente gioco, sfida, reiterazione?
    I lavori dei Tale of Tales, in particolare The Graveyard, Fatale e The Path, sono spunti molto interessanti per giungere a una conclusione.
    I lavori dei Tale of Tales, a mio avviso, sono lavori muniti di una logica, di una struttura e di un concept coerenti al medium di appartenenza, perchè i contenuti e le sensazioni che veicolano fanno leva su meccanismi peculiari all'interazione multimediale. La "storia" raccontanta in The Path, ad esempio, è una storia costruita dal fruitore, perchè se deciderà o meno di seguire il sentiero (da cui il titolo dell'opera) potrà imbattersi in piccoli indizi, figure, simboli da interpretare, dando vita ad un mosaico di situazioni che semplicemente non sarebbe stato possibile ricreare attraverso un metodo di fruizione non interattivo.
    I Tale of Tales non propongono sfide, giochi nel senso più classico del termine, però i loro prodotti sono prodotti multimediali interattivi, allora non sono videogiochi? E i videogiochi non sono prodotti multimediali interattivi, allora?

    Per concludere, credo che il termine videogioco sia diventato castrante per le potenzialità espressive del medium.
    Non perchè il termine gioco sia svilente, anzi, il gioco è nobile e con tanti giochi si è anche dimostrato, soprattutto nella scena underground, di poter comunicare un messaggio con il gameplay stesso (caso eclatante il recente Loved).
    Solo che, ecco, una definizione così univoca rischia di irrigidire i criteri di valutazione.
    Poi basta guardarsi intorno, e notare come i videogiochi siano ancora trattati come beni di consumo, non come opere dell'intelletto.
    Un videogioco, dai più, viene ancora considerato come la somma delle sue parti, perchè deve avere una bella grafica, un bel sonoro, un bel controllo e una longevità soddisfacente, magari anche una bella storia. Mai digerita la questione della longevità, personalmente. Un game designer dovrebbe essere libero di esprimere il suo contenuto nei tempi più adatti. I giochi più longevi, non a caso, sono nella maggior parte dei casi oggetto di forzature, giochi che magari arrivano a riproporre ossessivamente un determinato meccanismo, al punto da trattare il giocatore come uno stupido.
    Io, sinceramente, preferisco pochi minuti di genuina ispirazione, intensità, estro, piuttosto che l'ennesimo rpg diluito con quintali di farming.

    Insomma, sono convinto che il videogioco, inteso come medium interattivo e multimediale, possa essere in linea di massima il medium più versatile sulla piazza, perchè è un medium omnicomprensivo (può contenere, in una certa misura, riferimenti ad altri medium) potenzialmente in grado di esprimere un contenuto nella sua dimensione interattiva in molteplici modi, che sia un gioco, un'esperienza, una simulazione o una storia. Perchè no?
    Il cambio di nome avvenne anche con i fumetti, perchè con "graphic novel" si pensava di restiuire una forma più matura al mezzo espressivo, rispetto al termine "comic". Ma nel caso dei videogiochi, tengo a precisarlo, non è una questione di maturità, ma una questione strutturale, perchè il termine gioco è troppo specifico nella definizione che fornisce, al punto da stroncare sul nascere la malleabilità intrinseca del medium multimediale interattivo di cui è rappresentante.
    tutto cio' è tanto giusto quanto inutile (nel caso specifico the path) dato che i tales of tales non definiscono i loro lavori videogames ma realtime art

    http://tale-of-tales.com/tales/RAM.html




    SINE, COSINE, TANGENT!

  4. #499
    exitplanetdust
    Ospite
    Citazione xdavidx Visualizza Messaggio
    tutto cio' è tanto giusto quanto inutile (nel caso specifico the path) dato che i tales of tales non definiscono i loro lavori videogames ma realtime art
    L'intervento di gabreck è estremamente sensato, invece.
    Le dichiarazioni degli autori non esauriscono la questione.
    Gli sviluppatori stessi di Tale of Tales <al secolo Auriea Harvey e Michaël Samyn> potrebbero non essere del tutto consapevoli della portata - estetica, semantica, innovativa - delle proprie opere. Dei propri giochi. D'altro canto, anche accogliendo la loro prospettiva, è impossibile non accorgersi di quanto segue: ok, non sono giochi. Ma allora, che ci fanno su Steam? Che ci fanno recensiti da "Multiplayer.it"? Pur prendendo per buona la loro definizione, insomma, non possiamo più concretamente tenere separate le loro produzioni da ciò che normalmente identifichiamo come gioco. Ciò comporta naturalmente delle difficoltà: ma qui sta il bello. E anche il brutto. Chiaro.
    Quel manifesto - che ho intenzione di aggiungere all'OP, dacché qui finalmente si respira aria d'avanguardia e ciò è troppo eccitante - e quella definizione <realtime art> potrebbero essere scaturiti semplicemente dall'esigenza di tutelarsi contro le critiche dei giocatori casual/arcade/truzzi/ingegnoranti/homer: "eh, ma che è sta merda? dov'è il gameplay? dov'è la sfida? e gli achievement? e le leaderboards? e lo sberleffo del perdente? e la birra? etc."
    Ultima modifica di exitplanetdust; 4-07-2010 alle 06:44:00

  5. #500
    gabreck
    Ospite
    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    L'intervento di gabreck è estremamente sensato, invece.
    Le dichiarazioni degli autori non esauriscono la questione.
    Gli sviluppatori stessi di Tale of Tales <al secolo Auriea Harvey e Michaël Samyn> potrebbero non essere del tutto consapevoli della portata - estetica, semantica, innovativa - delle proprie opere. Dei propri giochi. D'altro canto, anche accogliendo la loro prospettiva, è impossibile non accorgersi di quanto segue: ok, non sono giochi. Ma allora, che ci fanno su Steam? Che ci fanno recensiti da "Multiplayer.it"? Pur prendendo per buona la loro definizione, insomma, non possiamo più concretamente tenere separate le loro produzioni da ciò che normalmente identifichiamo come gioco. Ciò comporta naturalmente delle difficoltà: ma qui sta il bello. E anche il brutto. Chiaro.
    Quel manifesto - che ho intenzione di aggiungere all'OP, dacché qui finalmente si respira aria d'avanguardia e ciò è troppo eccitante - e quella definizione <realtime art> potrebbero essere scaturiti semplicemente dall'esigenza di tutelarsi contro le critiche dei giocatori casual/arcade/truzzi/ingegnoranti/homer: "eh, ma che è sta merda? dov'è il gameplay? dov'è la sfida? e gli achievement? e le leaderboards? e lo sberleffo del perdente? e la birra? etc."
    Nulla da aggiungere. Anzi, mi aggiunga pure al progetto indie-blog, cercherò di dare un piccolo contributo.

  6. #501
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    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    L'intervento di gabreck è estremamente sensato, invece.
    Le dichiarazioni degli autori non esauriscono la questione.
    Gli sviluppatori stessi di Tale of Tales <al secolo Auriea Harvey e Michaël Samyn> potrebbero non essere del tutto consapevoli della portata - estetica, semantica, innovativa - delle proprie opere. Dei propri giochi. D'altro canto, anche accogliendo la loro prospettiva, è impossibile non accorgersi di quanto segue: ok, non sono giochi. Ma allora, che ci fanno su Steam? Che ci fanno recensiti da "Multiplayer.it"? Pur prendendo per buona la loro definizione, insomma, non possiamo più concretamente tenere separate le loro produzioni da ciò che normalmente identifichiamo come gioco. Ciò comporta naturalmente delle difficoltà: ma qui sta il bello. E anche il brutto. Chiaro.
    Quel manifesto - che ho intenzione di aggiungere all'OP, dacché qui finalmente si respira aria d'avanguardia e ciò è troppo eccitante - e quella definizione <realtime art> potrebbero essere scaturiti semplicemente dall'esigenza di tutelarsi contro le critiche dei giocatori casual/arcade/truzzi/ingegnoranti/homer: "eh, ma che è sta merda? dov'è il gameplay? dov'è la sfida? e gli achievement? e le leaderboards? e lo sberleffo del perdente? e la birra? etc."
    ma qui il problema non è piu nel fatto che il titolo sia qualcosa, ma nel fatto che la gente lo classifichi come qualcos'altro


    comunque in linea di massima come ho gia detto sono d'accordissimo sul fatto che ora come ora la definizione videogioco sia eccessivamente limitante

    EDIT: quella recensione mi mette tristezza



    SINE, COSINE; TANGENT!

  7. #502
    Heisebot
    Ospite
    Poi basta guardarsi intorno, e notare come i videogiochi siano ancora trattati come beni di consumo, non come opere dell'intelletto.
    I videogiochi sono beni di consumo. Non solo, noi desideriamo che lo siano, in caso contrario reagiamo con un rifiuto categorico.
    Mi è capitato spesso di leggere articoli in cui si criticava la poca varietà dei videogiochi attuali e ne si ridicolizzavano gli stilemi.
    Ecco, questa innovazione c'è stata, ma non mi sembra che in molti ne abbiano compreso il valore.
    Oggi il videogioco non è più soltanto un bene di consumo, e lo dobbiamo ad un'anziana signora zoppicante, che è morta davanti ai nostri occhi per farcelo capire.

  8. #503
    TheDarkSlayer
    Ospite
    Citazione Heisebot Visualizza Messaggio
    I videogiochi sono beni di consumo. Non solo, noi desideriamo che lo siano, in caso contrario reagiamo con un rifiuto categorico.
    Mi è capitato spesso di leggere articoli in cui si criticava la poca varietà dei videogiochi attuali e ne si ridicolizzavano gli stilemi.
    Ecco, questa innovazione c'è stata, ma non mi sembra che in molti ne abbiano compreso il valore.
    Oggi il videogioco non è più soltanto un bene di consumo, e lo dobbiamo ad un'anziana signora zoppicante, che è morta davanti ai nostri occhi per farcelo capire.
    Ma parli di The Cemetery?
    Comunque resta il fatto che, indipendentemente dalla necessità di vendere, un videogioco può avere grandi contenuti, nella storia umana sono fin troppi gli esempi di arte che doveva vendere, la musica al giorno d'oggi ne è un esempio lampante.

  9. #504
    Utente L'avatar di Gabos
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    07-07
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    5.006
    Scusate, non so se ne avevate già parlato, ma qualcuno per caso ha mai giocato a Crayon Physics?
    Tempo fa avevo provato la demo e l'avevo trovato davvero un gioco ben fatto; adesso è uscita pure la versione completa, che molto probabilmente avrà molte features in più rispetto alla demo.
    Io ve lo consiglio.

    Bel topic comunque, exitplanetdust!



    EDIT: qui potete scaricare la demo, oppure comprare il gioco.
    Ultima modifica di Gabos; 4-07-2010 alle 17:39:09

  10. #505
    exitplanetdust
    Ospite
    Citazione gabreck Visualizza Messaggio
    Nulla da aggiungere. Anzi, mi aggiunga pure al progetto indie-blog, cercherò di dare un piccolo contributo.
    Il progetto blog è ancora in alto mare, ma la aggiungo ben volentieri.

    Citazione xdavidx Visualizza Messaggio
    ma qui il problema non è piu nel fatto che il titolo sia qualcosa, ma nel fatto che la gente lo classifichi come qualcos'altro
    Appunto. Le modalità in cui tali opere vengono universalmente recepite, mi sembra ben più rilevante delle autoclassificazioni proposte - magari provocatoriamente, chi lo sa? - dagli autori.


    Citazione TheDarkSlayer Visualizza Messaggio
    Ma parli di The Cemetery?
    Comunque resta il fatto che, indipendentemente dalla necessità di vendere, un videogioco può avere grandi contenuti, nella storia umana sono fin troppi gli esempi di arte che doveva vendere, la musica al giorno d'oggi ne è un esempio lampante.
    E la storia attuale, sono certo converrai, è piena di esempi di arte che filano in pochissimi. Tanto per citare la mia esperienza personale in merito: la rassegna dei film di Carmelo Bene: valore artistico/documentativo immenso | afflusso di pubblico: seminullo. Peraltro, mi piacerebbe evidenziare una curiosa coincidenza. Ovvero. Carmelo Bene ha realizzato una sua interpretazione cinematografica - oltre che teatrale - del classico Salomè di Oscar Wilde. Così come i Tale Of Tales con Fatale. Perché ci si lamenta dei controlli macchinosi e dell'interazione limitata di Fatale, mentre ci si guarda bene dal polemizzare sui problemi di continuità narrativa e sulla mancanza di sincrono nel film di Bene?

    Citazione Heisebot Visualizza Messaggio
    I videogiochi sono beni di consumo. Non solo, noi desideriamo che lo siano, in caso contrario reagiamo con un rifiuto categorico.
    Di fatto, il videogioco non è molto diverso da un'opera digitale di performative art; da una videoistallazione interattiva. Quando si sopirà la rigidità interpretativa che attanaglia la maggioranza dei fruitori e dei creatori del medium - dovuta, appunto, e soprattutto, a logiche di mercato -, forse avremo finalmente una produzione più libera e stimolante. La cosa che più mi preoccupa è quando vengono posti dei paletti di natura economica alla produzione indipendente, che attualmente dovrebbe rappresentare un baluardo naturale contro le angustie dell'assillo monetario. The Path un flop? Sul piano delle vendite, forse: ma neanche questo è vero, tu mi spieghi; in ogni caso, ciò è del tutto irrilevante.
    Ultima modifica di exitplanetdust; 4-07-2010 alle 18:32:22

  11. #506
    Bart ad honorem L'avatar di Suchoparek
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    1.190
    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    L'intervento di gabreck è estremamente sensato, invece.
    Le dichiarazioni degli autori non esauriscono la questione.
    Gli sviluppatori stessi di Tale of Tales <al secolo Auriea Harvey e Michaël Samyn> potrebbero non essere del tutto consapevoli della portata - estetica, semantica, innovativa - delle proprie opere. Dei propri giochi. D'altro canto, anche accogliendo la loro prospettiva, è impossibile non accorgersi di quanto segue: ok, non sono giochi. Ma allora, che ci fanno su Steam? Che ci fanno recensiti da "Multiplayer.it"? Pur prendendo per buona la loro definizione, insomma, non possiamo più concretamente tenere separate le loro produzioni da ciò che normalmente identifichiamo come gioco. Ciò comporta naturalmente delle difficoltà: ma qui sta il bello. E anche il brutto. Chiaro.
    Quel manifesto - che ho intenzione di aggiungere all'OP, dacché qui finalmente si respira aria d'avanguardia e ciò è troppo eccitante - e quella definizione <realtime art> potrebbero essere scaturiti semplicemente dall'esigenza di tutelarsi contro le critiche dei giocatori casual/arcade/truzzi/ingegnoranti/homer: "eh, ma che è sta merda? dov'è il gameplay? dov'è la sfida? e gli achievement? e le leaderboards? e lo sberleffo del perdente? e la birra? etc."
    Non so se siano gli autori a volersi allontanare dal concetto di "videogioco" per qualche motivo o siamo noi a voler comprendere forzatamente le loro opere all'interno di questa definizione.
    Personalmente ho sempre pensato che lo stilema fondamentale di un videogioco sia il gameplay. Quando esso è assente o fortemente limitato, non siamo più davanti ad un videogioco.
    PoLaR aka Suchoparek



  12. #507
    exitplanetdust
    Ospite
    Citazione Gabos Visualizza Messaggio
    Scusate, non so se ne avevate già parlato, ma qualcuno per caso ha mai giocato a Crayon Physics?
    Mitico Gabby! Sì Cryon Physics è ben noto qui dentro, è un piccolo classico della scena indipendente. Ma grazie comunque del contributo!

  13. #508
    exitplanetdust
    Ospite
    Citazione Suchoparek Visualizza Messaggio
    Personalmente ho sempre pensato che lo stilema fondamentale di un videogioco sia il gameplay. Quando esso è assente o fortemente limitato, non siamo più davanti ad un videogioco.
    Io la pensavo esattamente come te.
    Ora penso: perché essere così rigidi? Giochi dal gameplay più rarefatto, perché non possono coesistere di fianco a realizzazioni centrate sul gameplay? Del resto, cos'è esattamente il gameplay? Tra la IF e un Dance Dance Revolution, esiste davvero una definizione univoca, universale?

  14. #509
    Heisebot
    Ospite
    Ci si lamenta dei controlli di Fatale perchè lo si "sopravvaluta".
    Fatale viene considerato come un'avventura, rimanendo delusi dalla sua scarsa "interattività", oppure lo si erige ad "opera d'arte", criticando lo pseudo-snobismo degli sviluppatori. In realtà Fatale va preso semplicemente per quello che è, senza pregiudizi o preconcetti, va "guardato", esplorato. Fatale è il trionfo della non-narrazione[perchè tutto è già avvenuto, in Wilde], al contrario di The Path, elogio e celebrazione della narrazione (non dimentichiamo le affinità con Cappuccetto Rosso), offre al giocatore tutti gli strumenti necessari alla creazione di una storia, che non viene mai esplicitata, ma vissuta.
    Esistono molti, moltissimi giochi che, malgrado non si attengano ai canoni ai quali siamo abituati, meritano attenzione.
    E' il caso di Windosill, ad esempio, ma la lista è ancora lunga.
    ImmorTall (titolo freeware, sviluppato in flash, l'antitesi alla danza della superbamente animata Salomè) è breve, assolutamente lineare e poco interattivo, eppure riesce a comunicare un gran numero di emozioni. Per quanto breve, è un'esperienza che va fruita attivamente, non può essere soltanto guardata.
    Molti sviluppatori hanno compreso l'enorme potenziale ancora non esplorato dai videogiochi.
    Io non credo che per apprezzare "Blueberry Garden" sia necessario detestare "Quake 3 Arena": entrambi i titoli svolgono il loro compito egregiamente, l'uno ci rende partecipi di una "situazione" predefinita, ci fa vivere una storia senza raccontarla, l'altro ci offre ore di sano agonismo online.
    Il problema sopraggiunge nel momento in cui ci si dimentica della natura poliedrica del medium videoludico, che per quanto abbia esplorato una molteplicità di generi non indifferente (in ogni sfaccettatura), è in grado di regalarci ulteriori esperienze. Dovremo quindi preoccuparci di giudicarle non in funzione di quello che sono, ma di come sono realizzate.
    Ultima modifica di Heisebot; 4-07-2010 alle 18:33:31

  15. #510
    Bart ad honorem L'avatar di Suchoparek
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    Citazione exitplanetdust Visualizza Messaggio
    Io la pensavo esattamente come te.
    Ora penso: perché essere così rigidi? Giochi dal gameplay più rarefatto, perché non possono coesistere di fianco a realizzazioni centrate sul gameplay? Del resto, cos'è esattamente il gameplay? Tra la IF e un Dance Dance Revolution, esiste davvero una definizione univoca, universale?
    In realtà mi riferivo alle opere di Tale of Tales, in particolare The Cemetery. Il suo gameplay non lo definirei rarefatto: non esiste proprio. L'interazione ha uno scopo puramente narrativo, come sfogliare le pagine di un libro.
    Con questo non intendo certo dire che non possa esistere l'arte in un videogioco, ma essa non può prescindere dal gameplay, anzi, direi addirittura che l'arte in un videogioco SI IDENTIFICA con il gameplay.
    The Cemetery è "qualcos'altro", non saprei dire cosa. Considerarlo un videogioco continua a sembrarmi un'indebita forzatura.
    PoLaR aka Suchoparek



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