Backdrift
Vado in biblioteca, al solito, ad annusare carta e l'odore dei computer ronzanti e ad ascoltare le chiacchiere della signora di mezzo, voce nasale e capelli biondo malato, sempre intenta al telefono con il figlio di cui io saprei raccontarvi vita e miracoli, proprio per queste lunghissime conversazioni origliate nella penombra che, tra l'altro, mi fanno capire il loro reddito mensile.
Passo tra le file di
(che prendo oggi?)
libri, che poi sono due, una a sinistra e una destra, niente di che, scelta ridotta, ma l'odore della carta invecchiata è percepibile, si distingue dal sapore quasi metallico e asettico dei computer, si distingue dall'acqua di colonia quelcazzocheè della signora di mezzo, si distingue dall'arietta che arriva da fuori -dal mio odore di niente- insomma, da tutto.
Prendo quindici libri. Vedete, nella biblioteca del mio paesino nessuno si premura di rispettare le consegne mensili perché nessuno o quasi legge, tirano avanti con noi afictionados della settimana e con i turisti librofili, per lo più abitudinari, sempre gli stessi libri. E, naturalmente, nessuno bada alla quantità di libri presi in prestito. Volendo potrei portarmi a casa l'intero contenuto della biblioteca, dovrei provare.
Io in questo senso spazio, cercando qualcosa di interessante tra le pile di Harmony da edicola
(sei Harmony A TRE EURO!)
e di solito le ricerche vanno in porto, ed eccomi lì con quindici tomi variegati, tutti autori sconosciuti o quasi, roba probabilmente infima, da drive-in dei tempi che furono o da gita in campagna, ma in fondo chissenefrega. Annuso, tocco, palpo, trovo sorprese (chi non ha mai scoperto caccole incrostate appicicate alle pagine ammuffite? O sangue, segno di una certa introspezione nasale?) ma l'odore della carta, la fragranza... saggio la consistenza dei libri, li faccio rotolare nella mano.
Lungo la strada che porta a casa -la neve sulle strade e gli uomini birraioli che spalano, e io che saluto con un sorriso a trentadue denti sulla faccia e loro che mi guardano con l'aria giovanotto, tu non sainonseinoncapisci niente- mi ricordo. Sì, l'altro ieri ho comprato un libro di mille pagine. Ma adesso ho qualcosa di nuovo. Ciò che prima era nuovo ora è miserabilmente invecchiato e io ho fame di nuovo, perciò non leggerò più il volume in questione, passerò direttamente ai nuovi reperti archeologici, poi dopo averli toccati e letto tre pagine di ciascuno di essi li vedrò avvizzire e invecchiare anche loro, perdere novità e sapore e consistenza... e la biliotecante mi vedrà tornare indietro dopo mezza giornata, riportarli indietro e prendere altro. Magari un Harmony da edicola. Devo capire cosa tira in questo periodo, ché non credo ci voglia un genio per scrivere che Harvey ama Mina ma la lesbica si è innamorata di Jones.
Ticchetta l'orologio della noia e le pareti intonacate mi guardano e io sopporto il loro sguardo di affetto materno
(leodioleodioledoio, le vedo da quando sono piccolo, sono sempre LI!)
suonano le campane dello stomaco, urlo muto la mia noia costante, la mia pallosa inesistenza, scaglio i libri contro le pareti e decido che no, basta, stop, chiuso, io riporto la roba in biblioteca e non ci torno. Più.
Ma ho fame di nuovo! Ma non c'è niente di nuovo! Bisogna capire che tutto è uguale. Andrò a lavorare e stabilirò una nuova routine e mi stancherò anche di quella, mi stancherò di tutto, della vita -davvero, non c'è niente che duri, in questo mondo. Niente di realmente interessante.
Lungo la strada dalla biblioteca a casa (il lupo perde il pelo, le palle, ma non il vizio), nuovi libri nelle mani, penso che la vita mia, la vita di tutti, è già l'inferno di Cristo, la punizione dopo non ci sarà. Ci siamo già. Ma cosa abbiamo commesso, cosa, per meritarci l'eterno tedio, l'eterno nulla? E come fanno certe persone a non accorgersi che è tutto uguale?
Ma cosa vado a lavorare, io? Ma cosa mi sforzo a fare di scendere dal letto la mattina? Ma a che serve tutto? Vertigini, sguardo rapido dall'alto al basso, scalo le pareti delle domande esistenziali come Spiderman -ma io non voglio, io ci sto male, io non ho voluto tutto questo pormi in continua discussione con me stesso, il me stesso mulo, e di mettermi a nudo sotto i flash della vita, che a me si è rivelata senza maschere o trucchi abbaglianti, per puro sbaglio.
Cosa faccio cosa? Cosa facciamo cosa? A cosa serve tutto?