Visto che non son riuscito a postarlo, lo faccio ora, come fuori concorso, giusto per divertimento dai
De Fidem Eloquentia
Grandi certezze, che possono crollare.
Possono frantumarsi, infrangersi, come la perfezione ondulato di un manto acquoso, piatto, calmo, perfetto, all’ infrangersi con un sassolino.
Domande, conturbazioni.
Un turbinio, un vortice confuso di pensieri e domande.
Pensieri e domande apparentemente irrisolvibili, turbanti, misteriosi.
Avere fede in qualcosa o qualcuno richiede coraggio, richiede passione. Richiede costanza.
I dubbi. Questi sono sempre in agguato.
Perchè credere? Perchè, ad esempio, credere in qualcosa a noi sconosciuto, più grande della concezione umana? Qualcosa di trascendentale, mistico, affascinante allo stesso tempo.
La fede non si spiega. Non va neppure spiegata.
Può appartenerci o meno. Può essere considerata mera immaginazione o subdolo tentativo di autoconvinzione.
Autoconvinzione che esista qualcosa di più grande di noi. Qualcosa che determini il nostro equilibrio e che ci garantisca l’ esistenza di un infinito. Di un infinito positivo. Di una vita ultraterrenza, eterea, appagante.
Intraprendere così la fede, è egoistico, però.
E’ subdolo servirsi di essa per il proprio appagamento. Per dare una risposta positiva, allietante, ma mai razionale.
Ma la fede non è questo. Non deve esserlo. Non è nostra schiava.
Deve essere un valore.
Sì, un valore.
Un valore perchè, ci si affida ciecamente a ciò che non conosciamo.
Si fanno sacrifici, le si dedica parte del proprio tempo.
Ma non si vuole e non si deve essere ripagati.
La fede non deve essere una moneta di scambio.
Dopodichè, non importa se questa si dimostrerà vana. Se i sacrifici e la dedizione non implicano poi un riconoscimento.
Riconoscimento è, di per sè, aver vissuto la propria vita seguendo coerenti e sani valori.