Contest di scrittura - #Thread delle opere
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Discussione: Contest di scrittura - #Thread delle opere

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  1. #1
    Utente L'avatar di Guo Jia
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    Parigi, 1794.
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    Contest di scrittura - #Thread delle opere

    In questo thread verranno postati solo ed esclusivamente le opere che partecipano al contest di scrittura, secondo le regole fissate in questo thread:

    http://forum.gamesradar.it/showthread.php?t=372635

    Dunque, niente commenti, niente quote, niente post di qualsiasi genere. Postare SOLO i racconti qui. Qualunque altra cosa verrà segnalata e cancellata, per eventuali commenti usate pure il thread sopra linkato.

    La scadenza è fissata per domenica 9 luglio. Dunque, avrete a disposizione due settimane di tempo per partecipare, scrivendo la vostra bella opera con il sudore della vostra fronte. Tanto, tanto sudore
    A parte questo... auguro buona fortuna ai partecipanti, nella speranza (ci si augura non vana) che siano numerosi

    EDIT: Di nuovo, lo sottolineo: non maltrattate l'italiano: niente linguaggio da sms, niente "xkè" e niente "cmq".
    Ultima modifica di Guo Jia; 26-06-2006 alle 17:35:06
    "Quanti gioielli dormono sepolti nell'oblio e nelle tenebre, lontano dalle zappe e dalle sonde; quanti fiori effondono il profumo, dolce come un segreto, con rimpianto, nelle solitudini profonde." - Charles Baudelaire

    "Bonaire preferisce concentrarsi sull'ondeggiare delle onde piuttosto che su quello delle mie tette." - The legend of Alundra

    http://www.youtube.com/user/heita3 - ecco un genio.

  2. #2
    MiNiMaLaToOoO L'avatar di Squeeze mc
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    Allora questa è la mia opera (improvvisata, nn ci ho pensato neanke un p&#242:

    TEMA: La mia vita

    Allora....8000 caratteri bastano e avanzano x descrivere la mia F*****a vita...
    La mia è una vita complicata piena di problemi, ma anke piena di forti emozioni, come il primo bacio. Dovete sapere ke il mio primo bacio non è stato poi un gran ke è stato a dir poco normale.....
    Kmq riprendiamo kn la mia vita......Dalla giovane età di 7 anni sono cresciuto per strada, con gli amici, a contatto con la natura e non ero tanto consapevole di quello ke mi circondava....
    Ho passato gli anni + belli della mia vita, rincorrendo un sogno, ke in fin dei conti, non si realizzerà mai.....Il mio sogno era quello di diventare famoso, + ke famoso mi bastava essere conosciuto, essere sulla bocca di tutti, ma non per le cose ke facievo, ma x le emozioni ke trasmettevo, ma i sogni prima o poi, anke se non realizzati, finiscono.......
    E siamo arrivati all'età di 12 anni......
    L'anno 2002 è stato un'anno tremendo x me, xkè, è morto l'uomo ke stimavo di +.....mio nonno...ke si è aggiunto alla lista dei mie familiari morti, come mio fratello, moprto a causa di un fottuto tumore al femore....
    Kmq....verso la fine di qst anno ho conosciuto il rap underground......
    e nel 2004 ho cominciato a farlo anke io.....il rap mi sapara da tutto....quando prendo la penna e comincio a scrivere qualke rima, mi sento isolato dal mondo, mi sento libero, senza preoccupazioni e senza problemi......
    E alla fine eccomi qui su questo computer a scrivere il racconto della mia fottuta vita....questa fottuta vita a qui ho dedicato la mia prima canzone ( FOTTUTA VITA ) e questo e tutto........... by Squeeze

  3. #3
    IL CICLONE CHE CICLO DIVENNE

    Prologo

    Vento, che hai fatto girare la vita su se stessa, puoi sentirmi?
    Mi ascolti se ti dico che alla fine del turbine, s'è sentito il suolo, e poi piu nulla?

    Confessione di due teneri, indisciplinati amanti

    Questa è la storia della guardia, di quello che controlla le cose, che dura da sette decadi, governa col guardo l'arena, e tocca alcune bambine, ed il perchè, nemmeno lui lo sa...
    Questa è la storia di quando lo abbiamo incontrato, ed abbiamo scavato il suo cranio per paura...

    Fugace manualetto sull'arte del non ferirsi mai

    Ogni volta che ti comporti come me, divento inquieto. Poichè io stesso non mi comporto più come me. Adesso io sto facendo quel gioco in cui o ti diverti o perdi, poichè la vittoria non è inclusa nella confezione. Sto facendo, tanto per intenderci, il gioco dell'amore. Tu lo hai gia fatto prima di adesso, ma io non avevo tempo, stavo studiando. Prima la laurea in dolore, e poi tutto il resto. Ed ora sto giocando. E per ogni volta che mi scuoti, mi accorgo del valore del terrore...e non ho piu paura di scuoterti...
    Non te ne rendi nemmeno conto vero? Non si intuiscono certe cose, sono palesi. Quando stai per perdere, lo vedi. Ed è questo il motivo della sconfitta, l'averla vista. Non ci si può tirare indietro, non ci si ritira, si rimane assieme fino alla fine. Se tutto iniziasse a crollare attorno, pochi avrebbero il coraggio di fuggire, sono tutti laureati in dolore, quando si fa questo gioco.

    Intermezzo, ovvero, come la violenza ti fa il lifting al viso.

    Questo è per dire che non ce ne vergognamo affatto. Non temiamo di uccidere per difenderci, questo sia ben chiaro...

    La corsa, le conseguenze e la dichiarazione di un amore concluso.


    Te lo ricordi di quando tutto si è sgretolato, ci pensi a come ne siamo usciti? Lo senti ancora il sudore sui polpastrelli? La polvere tutta attorno, e le scaglie che cambiavano le nostre traiettoie? Ti ricordi della cosa più forte che siamo riusciti a fare? Lo ricordi il momento quando ci siamo staccati...mai lo scorderò

    Il cane abbaiava, a dieci piani dal suolo, l'uomo passeggiava, avanzava verso l'animale, e più che diveniva perpendicolare, più il suono era forte. Assordante prima del tonfo. Ora l'animale giaceva, circondato dal suo stesso sangue, ad un metro dall'uomo. S'era tuffato a farlo suo. E cosi fu. L'uomo rimase immobile tra pensieri e colpe immaginate per il resto del tempo.

    Mai scorderò il momento dopo, quando ho potuto riabbracciarti, quando la busta gialla, su per il vento, ritoccò il grigio della strada, che sempre era stato suo, e mai l'abbandonerà...

    Epilogo

    Il sangue dell'uno metteva a tacere tensioni, lo scorrere dell'altra avrebbe assicurato a quello rimasto la serenità necessaria a continuare, l'altra, difficilmente, anche in futuro avrebbe potuto scordare l'accaduto.

  4. #4
    Psfisso
    Ospite
    Salve. Sono qui. Seduto. Accanto a te.
    Porto un cappello di lana rosso come il fuoco, un giaccone molto pesante e dei pantaloni adatti alla temperatura intorno a me. Sono qui, da solo ed in compagnia, nel mezzo all’agghiacciante silenzio apparente della natura. Seduto sulla neve, a pensare ed a guardarmi intorno.
    E guardo ciò che si trova davanti a me. E vedo la spettacolare magnificenza della natura. Alla mia sinistra scorre un ruscello. Trasmette freschezza: il suo scorrere moderato ed i suoi pesciolini spinti dalla corrente, possono apparire come noi. Spinti da cause maggiori e costretti ad adeguarci a questa vita. Il mondo dona risorse a tutti, ci da tutto ciò di cui abbiamo bisogno, analogamente al ruscello per i pesci, di qualunque dimensione o forma essi siano.
    L’aria che mi scorre sul viso è pungente: qui intorno a me c’è l’inverno, la massima espressione naturale. Questo vento mi fa sentire tranquillo dentro, sento entrare dentro di me aria che riempie i polmoni, piacevole da respirare. Un po’ come un evento particolare, come un compleanno: un giorno diverso dalla monotonia della vita di città.
    La neve su qui poggia il mio sedere è morbida. Anch’essa è bella fresca. Ne prendo un po’ in mano. Si modella facilmente tra le mie mani. Comincio a lavorarla, con movimenti lenti e precisi, fino a creare una palla perfetta, rotonda. Me la guardo tra le mani. Essa è fragile, può deformarsi al minimo tocco. Un po’ come accade alla razza umana di questo periodo: eravamo riusciti a diventare una palla. Non perfetta, piena di spigoletti ma comunque una palla. Ora invece la palla si sta trasformando in un fucile. Prendo la palla, e rimanendo seduto la lancio più lontano che posso, come se volessi mandare via tutti gli orrori intorno. Ma ora non pensiamoci. Intorno a me c’è l’oasi naturale. Mi sembra di vivere in un sogno.
    La natura è silenziosa, per molti. Ma se chiudiamo gli occhi ci accorgiamo che non è così. E allora siediti con me. Vivi con me, in simbiosi con la natura. Diventa partecipe del più grande spettacolo a cui l’uomo sta inevitabilmente calando il sipario. Chiudi gli occhi. Li senti? I fruscii dei rami provocati da silenziosi scoiattoli, li senti? Senti che anche loro contribuiscono a rendere bello questo mondo? Senti che ti sembra di essere nato per volere questo? Un mondo assolutamente perfetto ed alla portata di tutti? E allora perché sta lentamente scomparendo tutto ciò che ci è stato dato?
    Ogni cosa ci parla, ha un suo rumore: i piccoli animali, il vento, gli alberi, tutto.
    Ogni cosa che è tra noi ha un suo significato, noi stessi siamo stati creati per procreare a nostra volta, in un processo che dura ormai da tanto. Ma se l’uomo continuerà ad agire così non ci sarà un futuro per coloro che verranno dopo di noi.
    Riapri gli occhi, e continua a sperare. Continuiamo a sperare che ciò che ora ci è intorno possa preservarsi. Che questi pini ricoperti di neve continuino a mantenere salda la terra, che questo ruscello possa contribuire ancora a dare vita e risorse a chi ne ha bisogno, che questa neve cada ancora sulle nostre teste.
    Ma io, in questa lotta non conto nulla. Vedi, sono qui, ad esprimerti i miei pensieri, a comunicarti. Però possiamo iniziare a cercare un mondo migliore, ad esempio comprando prodotti riciclati, evitando così di rovinare ulteriormente l’ambiente.
    Ed ora vieni con me, seguimi, e ti mostrerò cosa sono io. Perché, vedi, non sono un essere qualunque: io, caro amico, sono uno spirito. Uno spirito della natura. Io sono tutto ma anche nessuno. Sono aria, alberi, vulcani, neve, ghiaccio. E tutte quelle cose che mi appartengono.
    Seguimi, e mi conoscerai per intero.

    -Spirito della natura-

  5. #5
    HERMUS
    Ospite
    Risveglio dall’età del sogno

    Notte stellata, odore di magia, verde collina dal bosco incantato…Due giovani, una donna, bella, affascinate e intrigante e un uomo, alto, asciutto e vispo di acume brillante, si scambiano delle tenere battute a fil di ferro:

    “Perché tutte le stelle del mondo ci stanno fissando?”

    La donna proferì mentre osservava il mare dalla sua rupe suprema e lontana sia nel tempo eterno sia nello spazio immutabile; mentre l’uomo, ferito come non mai, era giù, nei bassifondi del sogno perduto, come se stesse venerando la donna dai lunghi capelli sparsi nel vento illuminato dalla tremule luce lunare filtrata da delle grosse nuvole bianche a forma di ricordi indimenticabili…Disse, rincuorato dalla tremula e rincuorante visione:

    “ Perché? E me lo chiedete mia donna? Elle…le altre grandiose lucentezze, sono invidiose della vostra imponderabile bellezza, la quale le fa apparire opache e malinconiche! oh mia regina sii benedetta dal mare e dalla terra e anche maledetta, maledetta da me e da tutti noi, perché vi riteniamo una vergine sfuggente tra i boschi che ama come la sua bellezza vedere la nostra disperazione più tetra nel tentativo di conquistarvi in eterno…”

    La regina si voltò verso l’uomo mentre dichiarava quelle sconfinate parole come se volesse ferirla nell’orgoglio, e dopo il gran discorso, la donna, di aspetto immutabile, senza traspirare nessuna emozione come l’amore o la sofferenza, volse il viso verso il mare, cospargendolo, a causa dell’azione avventata e improvvisa, dal nero oblio dei capelli e pensò ad alta voce per far capire all’amante un ottimo espediente per dichiarare qualcosa senza dar segno di debolezza alle lusinghe passeggere…passeggere perché ormai in questo periodo appena finita la maturazione del cigno, se ne vanno, appena appassisce il bellissimo cigno diventando carcassa per gli animali più negri.

    “ Eterno?...Immutabile destino?...non è possibile…ogni cosa ha un fine anche per quelle cose che non hanno mai inizio….”

    Le parole della giovane risuonarono tetre e ricolme di odio verso il giovane duellante che salutando il suo bell’animo ricolmo d’amore, si chiuse in se stesso con una muraglia altisonante dell’ironia, naturalmente una muraglia di cartapesta che al primo accenno di altre parole brusche, sarebbe caduta a suon di soffi:

    “ L’eternità è la sostanza più sicura della vita…ogni cosa è eterna e immutabile ed io, con una sfera ricolma di speranza, io, proprio io, vi richiudo attraverso il mio logos da innamorato posseduto”

    La donna proferì le ultime parole, prima di trasformare la fertile pianura in un deserto arido e consulto:

    “ La sfera? Una sfera immutabile nel destino del tempo? Cosa indeterminata e improponibile nei nostri tempi bui e minacciosi…Ormai il gran nemico sta avanzando verso di noi, pronto a far finire questo delicato sogno e far imporre le sue leggi metalliche ove noi non saremo più figure indistinte dal canto delle sirene ma figure definite e mortali, figure che al primo soffio d’amore ci volteremo verso la materialità della vita…..”




  6. #6
    Ocelot L'avatar di Assurbanipal
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    Episodio 2 - Viaggi

    Il treno sfreccia senza mai soste da ormai non so quanti giorni per chilometri e chilometri.
    Sono giorni che non mangio di meglio che il pane che c’hanno dato alla partenza.
    Non è buono. Alle volte mi domando se si tratti davvero di pane. Stiamo razionalizzando tutto, dal pane all’acqua. La cooperazione è fondamentale, se vogliamo sopravvivere: non sappiamo ancora per quanto tempo durerà il viaggio.
    Mio padre è morto. Mia sorella è su un altro treno. Credo abbiano fatto divisione tra maschi e femmine, eppure qui ci sono un paio di donne e non penso che il combine abbia commesso errori. Forse sono qui, in questo treno, con noi, per qualche ragione. Mi domando cosa stia ora facendo mia sorella, cosa stia pensando. Magari quello che faccio io, forse quello che penso io adesso. Spero non mangi questo pane fetido e ammuffito. Non so cosa le dirò quando la vedrò. Non so cosa le dirò di mio padre. Non so se dirle che è stato ucciso. Non so se dirle che è morto perché aveva rubato un pezzo di pane ad uno dei passeggeri. Ha già perso suo figlio: il combine l’ha preso prima che compisse 12 mesi. Programma di soppressione della prole in eccesso. Era prima che mettessero questi maledetti campi di riproduzione. I bambini al di sotto di un anno di età vengono prelevati dal combine, che assicurerebbe loro una dimora presso uno dei forti meno popolati. Mi hanno detto che city 18 in Europa è una delle città-fortezza meno popolose al mondo. Forse lì c’è mia nipote. Spero sia vero quello che dicono. Perché girano voci strane qui.
    E intanto il treno prosegue la sua corsa. Mangia distanze infinite, e il rumore della locomotiva è strano, stridente, sibilante. La locomotiva di questo treno è costruita dal combine. Ho sentito che alcuni organi di quella che il combine chiama “resistenza” stanno studiando la tecnologia combine. Pensare che un giorno anche io studiavo la tecnologia del combine. Prima di indossare questo pigiama blu come unico indumento, ero un fisico. Sono laureato ed ho un master al MIT. Lì conobbi Gordon. Sopravvissi con lui al disastro di Balck Mesa. Se non fosse stato allora che aprimmo il portale per l’intermondo; mi sento in parte responsabile di tutto questo. Quando i primi combine cominciarono ad aprire nuovi portali negli intermondi, eravamo tutti eccitatissimi: forme di vita extradimensionali che tentavano un contatto con noi. Era rivoluzionario. La tecnologia combine è incredibile. Più che di tecnologia si dovrebbe parlare di biomeccanica. Poi…
    Ci fu quell’incidente. Ed ora il ritorno di Freeman.
    Mia sorella è viva, lo sento. Ma ho comunque paura. E rifletto sulla vita. Sulla libertà. Il combine ci nega tutto. Vivo per inerzia. E per rivedere mia nipote.
    Arrivano…un passeggero corre scompostamente, inciampa tra la gente stesa a terra, urla, strepita. Stanno arrivando. Il combine non sopporta il disordine, non sopporta il rancio non consumato, ci vuole tutti in piedi ed in fila.
    Nascondo il pane nella sacca con le foto. Se scoprissero che tengo foto di mia madre e mia nipote mi ucciderebbero. Non possiamo tenere foto. Le foto sono proibite. Eppure loro ne scattano così tante.
    Tutti si alzano in piedi, tutti in fila ritti sui piedi, tremanti, gli occhi sbarrati, i pugni stretti, le fronti sudate. Ogni volta che passano prendono qualcuno. Lo uccidono o lo portano via: Dio solo sa, poi cosa gli fanno. Il prossimo può essere chiunque. Anche io. Ma non oggi.
    A terra due uomini non si sono alzati. Sono morti. O se non lo sono, manca poco. Prenderanno loro, oggi. Provo sollievo. E per questo ho ribrezzo. Per questo detesto l’infima natura umana, vigliacca, incosciente, ingrata. Detesto me stesso.
    E il rumore di quella locomotiva mi distrae, non penso più all’uomo e ai sui tarli, quel rumore fastidioso, che ti entra nel cervello. Un rumore che copre i miei pensieri come il suono del fucile di un soldato combine. Hanno trovato le mie foto. Sento la vita scorrere via lentamente. L’ultimo sguardo alla foto di mia nipote. L’ultima cosa che avrei voluto vedere.
    E intanto, mentre i sensi mi abbandonano, il treno continua a correre, senza sosta. Ed io mi lascio cullare dal dolce dolore che mi brucia nel petto. Ed ardendo volo via, prendo un altro treno, un altro viaggio, l’ultimo. Sono finalmente libero.

    EDIT: è il secondo episodio di una serie di racconti liberamente tratti dal mondo di half life 2.
    Ultima modifica di Assurbanipal; 2-07-2006 alle 03:35:05
    Simon Pietro disse loro: <<Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita>>.
    Gesù disse: <<Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei Cieli>>.

    Vangelo di Tomaso, loghion 114

  7. #7
    Tartaruga L'avatar di PsicoEroe
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    Scrivere Un Racconto

    Nell'ufficio faceva molto caldo.
    L'unico ventilatore era piccolo anche se potente ed era puntato addosso all'editore.
    Davanti alla scrivania la temperatura era invece altissima e, osservando il ciuffo dell'editore muoversi ad ogni colpo d'aria, il nostro protagonista stava sudando come durante una maratona.
    O forse non era il caldo, forse era la tensione...
    -Che roba &#232;?
    La domanda dell'editore lo colse impreparato:
    -E'... Il racconto per questo numero...
    -No, non posso pubblicare questa roba.
    Panico:
    -E perch&#232;? Cosa c'&#232; che non va?
    -Non fanno sesso.
    -S&#236;, s&#236; che fanno sesso, proprio alla fine fanno sesso...
    L'editore si spost&#242; gli occhiali sulla punta del naso:
    -Dai, ammettilo, questo non &#232; un racconto pornografico. Punto e basta.
    -Ho cercato di puntare pi&#249; su altre cose...
    -Senti, da quanto tempo lavori per noi, due anni? Ho sempre pubblicato tutti i tuoi lavori: racconti brevi, lunghi, serie... Per&#242; erano lavori adatti alla rivista, ovvero porno. Il tuo stile mi piace, sei l'unico tra tutti qui che riesce a scrivere delle gran belle scene senza usare la minima volgarit&#224; o risultare ridicolo. E non lo dico solo perch&#232; di scrittori professionisti ce ne sono pochi qui, ma proprio perch&#232; il tuo stile &#232; geniale e mi piace.
    Il ragazzo si gratt&#242; la testa:
    -Gra-grazie...
    -Sei sempre sul limite tra semplice erotico e pornografico, per questo ti pubblico. Ma questa roba &#232; vagamente erotica. Non &#232; quello per cui i lettori comprano la rivista. Una rivista che non mostra pornografia, ma la scrive. E, come ho gi&#224; detto, qui di pornografico non c'&#232; niente.
    -S&#236;, per&#242;, io... Io ho puntato sul contrasto per...
    -Ho capito. E funziona, mi piace la storia, ma non posso pubblicarla. Guarda, faccio finta che non l'hai neanche portata cos&#236; puoi proporla altrove, per&#242; ricorda che domani scade il termine ultimo per questo numero e devi portarmi un racconto, il contratto parla chiaro.
    Il ragazzo deglut&#236; quella che sembrava una palla da tennis:
    -Sono in ritardo perch&#232;... Questo mese ho scritto altre cose e... Non credo di farcela a consegnare domani...
    -Male. Il contratto lo hai accettato. Ora rispettalo. Vai a scrivere, io ho da fare.

    Torn&#242; a casa e poggi&#242; la borsa sul ripiano della cucina prima di sedersi e sbattere la testa sul tavolo:
    -La penale...
    Prese una bottiglia d'acqua dal frigo e ne bevve met&#224; prima di lasciarsi cadere sulla sedia ed accendere il PC.
    Il suo cane per tutto il tempo lo aveva fissato dal divano, completamente privo di interesse:
    -Dodo, sei l'unico cane al mondo che non fa le feste al padrone quando torna a casa, almeno tu dammi una soddisfazione.
    Come capendo il discorso Dodo si avvicin&#242; scodinzolando, si fece fare due grattini sotto il mento e poi torn&#242; sul divano:
    -Sei falso, sei l'unico cane falso al mondo Dodo, con tutto il bene che ti voglio...
    Apr&#236; il programma di scrittura e WinAmp per mettere un sottofondo musicale:
    -Dodo, se non riesco a scrivere qualcosa di dannatamente porno entro domani potremo dire addio alle vacanze... Se penso che ho scritto tre soggetti per fumetti per adulti proprio per tirare su quei due soldi in pi&#249; che servivano... Ah, non basterebbero neanche per pagare la penale...
    Fiss&#242; lo schermo bianco del computer per qualche minuto:
    -Tre soggetti! Tre soggetti per poche centinaia di euro! Dovevo fare l'operaio, almeno avevo le ferie pagate... Scrivere per lavoro &#232; terribile. Soprattutto scrivere solo "di genere"...
    Cambi&#242; canzone:
    -Ed oramai ho finito anche le idee di riserva per i casi di emergenza, mi sa che quest'anno &#232; l'ultimo che rinnovo il contratto con la rivista. Sigh, erano le uniche, poche, entrate fisse del mese. Ed il mio unico tentativo di cambiare genere con una storia romantica... Domani prover&#242; a proporlo da qualche altra parte, l'editore ha detto che comunque era buono...
    Cambi&#242; di nuovo canzone e si mise pi&#249; comodo sulla sedia fissando il video.

    -Aaaargh! E' gi&#224; passata mezz'ora e non ho uno straccio di idea!
    Si alz&#242; di scatto e cominci&#242; a passeggiare nervosamente per la stanza:
    -Mi serve qualche idea! Idea idea idea! Dannazione!
    Si mise le mani tra i capelli e prese fiato:
    -Calma, ci vuole calma...
    Si risedette e cominci&#242; a scrivere borbottando:
    -Pornografia, flusso di coscienza, butta gi&#249; qualcosa, qualche idea, pensapensapensa, pornografia...

    Aveva quasi le lacrime agli occhi.
    Aveva scritto per mezz'ora e quello che era riuscito a buttar gi&#249; era terrificante, sembrava un tamarro analfabeta che raccontava le sue prestazioni sessuali a degli uomini delle caverne.
    A furia di pensarci aveva esagerato con le volgarit&#224; gratuite evidentemente...
    Ma non poteva arrendersi, ora un canovaccio c'era, doveva solo lavorarci su!
    -Forse... Mettendo qualche descrizione qui e l&#224;, cambiando qualche pezzo ed usando metafore... Qui metto "la sua spada", qui parlo di caverne profonde... Posso migliorarlo!

    Si sentiva un totale incapace.
    Dopo pi&#249; di un'ora di correzioni si era ritrovato con un pessimo racconto fantasy in mano.
    Aveva esagerato con le metafore ed aveva limato via troppi particolari.
    Niente che fosse porno, erotico, o anche semplicemente interessante per qualcuno.
    -Sono un totale incapace. Ma come mi &#232; venuto in mente questo pezzo? E questo? Cosa centra col sesso? Dannazione, che ore sono?
    Guard&#242; l'orologio e gli prese un colpo:
    -Niente cena stasera, &#232; troppo tardi e non posso fermarmi... Dodo, dopo ti apro una scatoletta...
    Dodo era ancora sul divano e per tutta risposta fece un sonnacchioso sbadiglio.
    -Eliminiamo queste assurde metafore. La differenza tra un racconto erotico ed un porno &#232; il modo in cui i fatti vengono mostrati, no? Il problema &#232; che ho gi&#224; scritto cos&#236; tante cose che ogni idea mi sa di gi&#224; visto, rischio di plagiarmi da solo... Forse dovrei lavorare pi&#249; sulla cornice che sta attorno al racconto...

    Era oramai passata mezzanotte quando fin&#236; di rileggere lo scritto.
    Era passato dal fantasy alla fantascienza.
    Non riusciva a crederci.
    -Ommioddio! Ma le ho scritte io queste cose? Non so se &#232; il caldo o la tensione, ma &#232; mostruoso! E anche stavolta non c'&#232; sesso! Nooo, devo finire il racconto e devo farlo pubblicabile!
    Mise un pezzo di musica elettronica e cominci&#242; a massaggiarsi le tempie:
    -Non &#232; importante il background. Sono importanti i personaggi! E' sui due che devo lavorare, perch&#232; lui e lei sono cos&#236;! Ci vuole pi&#249; spessore.
    Cominci&#242; a scrivere come un forsennato.

    Quando si ferm&#242; erano gi&#224; passate le due del mattino.
    Solo allora not&#242; che aveva sforato il limite imposto di almeno una trentina di pagine.
    Lo salv&#242; con un altro nome e decise che avrebbe potuto tenerlo per un eventuale uso futuro.
    Poi con la massima calma si diresse in bagno e si schiaffeggi&#242; davanti allo specchio.
    Quando torn&#242; davanti al PC aveva le guancie pi&#249; rosse e le idee pi&#249; chiare.
    -Non sono i personaggi, sono semplicemente le azioni. Quello che ho fatto finora nei racconti pubblicati era semplicemente scrivere le azioni. Devo solo farlo come l'ho sempre fatto.

    Termin&#242; la correzione alle sette.
    Pass&#242; dalla sede della rivista senza neanche mangiare o riposarsi.
    Come il giorno precedente, come tutte le volte, rimase in piedi davanti alla scrivania dell'editore aspettando una sua reazione:
    -Non &#232; il tuo lavoro migliore, ma &#232; comunque buono. E' un piacere vedere che ti sei ripreso, ieri quando ti ho detto che non andava sembravi scioccato...
    Sorrise e si aggiust&#242; gli occhiali rimettendo i fogli nella busta:
    -Capita a tutti un "momento no", l'importante &#232; farlo passare per raggiungere il "momento s&#236;".
    Con un gesto tanto semplice quanto importante l'editore mise la busta nello schedario dei "Da Pubblicare".
    Il ragazzo sorrise, salut&#242; e si diresse a casa.
    Quella sera, dopo aver recuperato il sonno perso ed aver portato Dodo a fare quattro passi, scrisse una decina di racconti in meno di due ore.
    Ed erano uno meglio dell'altro.
    Ultima modifica di PsicoEroe; 1-07-2006 alle 17:20:41
    Parlare di videogiochi e non saperne niente:
    https://www.youtube.com/user/PsicoZ000
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  8. #8
    Bannato L'avatar di GAspace
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    IVAN

    Ivan non aveva mai corso tanto in vita sua.
    Cuore in gola e crampi a lacerargli le gambe.
    Avrebbe voluto fermarsi. Riprendere fiato. Ma non poteva.
    Lo stavano inseguendo, lo avrebbero raggiunto. Di lì a poco.
    Doveva terminare il suo compito, a costo di riempirsi la faccia di graffi.
    Quello zaino andava protetto in ogni modo, Ivan era pronto a rischiare la vita.
    Ciò che portava con sé aveva un valore inestimabile.
    I suoi inseguitori lo volevano.
    Sentiva il loro gelido fiato di serpe sul collo.
    Chissà dove lo avrebbe condotto quella via nel bosco.
    Il cielo coperto da fitti rami. Poca luce solo per guardare attorno.
    Giunse al termine del sentiero.
    Davanti a lui, l’Oceano.
    Si stagliava, enorme e magnifico, nei suoi riflessi di specchio.
    Era l’ora del tramonto e una gigantesca palla di fuoco tingeva il cielo.
    Rosso sangue molto intenso.
    Ivan ne rimane ipnotizzato.
    Fermi i suoi occhi azzurri davanti allo splendore della natura.
    Per un attimo pensò ai Campi Elisi.
    Alberi di pesco in fiore, petali e profumo inebriante.
    Un angelo lo prese per mano.

    Canto del vento
    sommosso e celato
    sussurra l’intento
    di questo peccato


    Ad un tratto, uno sparo.
    Squarciata la pace del bosco.
    Gli inseguitori lo avevano preso.
    Ivan giaceva a terra, fradicio del suo stesso sangue.
    Rosso sangue molto intenso.
    Dal cielo, fogli.
    Iniziarono a piovere centinaia di fogli, come lacrime tributo per un destino ingrato.
    Erano poesie.
    Di tutti i generi e di tutti gli autori, il Governo ne aveva vietato il possesso.
    Ora erano lacrime versate.
    Ivan ci era riuscito.
    Ce l’aveva fatta a riaccendere le stelle di un cielo oscurato dalle nuvole.
    Questo il suo intento.
    Come uno stormo di gabbiani, morbidi nel vento, lo sciame di fogli viaggiava verso le onde.
    La Poesia era libera!

    Danza con gl’angeli
    il ragazzo ribelle
    tra odore di petali
    e pianto di stelle…

  9. #9
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    Sul cavalcavia

    Stava su quel cavalcavia da un’ora, incerta se buttarsi. A niente erano valse le parole dei poliziotti: rimaneva lì, imperterrita, senza fare un passo avanti o indietro.
    Il traffico – questo era certo – l’aveva bloccato. Un lungo serpente di auto si perdeva all’orizzonte, pulsando della rabbia dei passeggeri, che – poveri cristi – avevano pure qualche ragione: ché erano a Seattle, era mattina ed era l’ora di punta, e tutto serviva loro tranne che un altro motivo per far tardi.
    Che fare, che fare? Lei non voleva certo provocar disagi, ma non era colpa sua se le mancava il coraggio. O magari sì, ma comunque non ci poteva far niente. Aveva bisogno d’una spinta, reale o simbolica. Da sé, riusciva solo a rimandare.
    Le ore ormai erano diventate due.
    Il brusio della gente in fila si faceva sempre più distinto, e se prima vi indovinava la rabbia ora la sentiva proprio.
    “Buttati troia!” – gridavano – “buttati, che cazzo aspetti?”
    “Falla finita, non vorrai mica farci notte?!”
    La spinta che cercava? Forse.
    “E muoviti, non puoi fermare il traffico in eterno”
    Alle sue spalle sentiva i poliziotti che commentavano: che sì, quelli che gridavano erano insensibili a dire certe cose, ma anche lei in fondo era pazza. Una pazza da salvare da sé stessa.
    Ma no, ancora non ce la faceva a saltare.
    Le ore erano diventate tre.
    Gli insulti si erano fatti più taglienti. Ammesso che fossero insulti, certo: esprimevano solo che la sua morte sarebbe stata un sollievo per tutti, che tanto non serviva a niente in questo mondo, che valeva meno di un giorno di lavoro. E che se non si fosse ammazzata da sola ci avrebbero pensato loro.
    La spinta era arrivata. Ora era risoluta, avrebbe fatto un balzo e messo fine a quella farsa che aveva chiamato vita.
    Uno, due, tre.. giù: ecco che cadeva, infine, frustata dall’aria e presto anche dall’asfalto. Ecco che vedeva la morte amica, le braccia pronte ad accoglierla per strapparla dall’inferno dei vivi.
    Questo pensava nella sua discesa. Poi impattò con la rete di sicurezza che era stata provvidenzialmente stesa sotto di lei.
    Salva da se stessa, come avevano detto i poliziotti, pianse lacrime disperate.
    E mentre altri poliziotti arrivano per portarla via la gente – giustamente esasperata – le lanciò contro monetine.

  10. #10
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    Lacrime di Metallo

    E’ un pomeriggio grigio: nuvole plumbee in cielo, cariche di pioggia, preannunciano un temporale ormai imminente; dalla strada si odono grida di fanciulli e rumori metallici.
    Seconda palazzina a sinistra, quarto piano.
    Paul è in piedi di fronte alla parete a finestra, mentre osserva la città.
    Inizia a piovere, i bambini tornano correndo nelle loro case.
    Rimangono i robot, impassibili.
    L’allievo Paul Adam Abbey è uno studente di robopsicologia all’Università Centrale della Città Nuova; se non il migliore, sicuramente il più conosciuto, soprattutto per il fatto di essere il nipote di uno dei più importanti personaggi della storia della robotica, Bryan Abbey, famoso per aver trovato la soluzione al problema dell’utilizzo di materia positronica nella costruzione di automi.
    Era tempo d’esami, per Paul: oggi, infatti, avrebbe dovuto sostenerne l’ultimo per laurearsi in robopsicologia applicata.
    Continuava a piovere e le strade poco prima affollate ora erano praticamente deserte, con l’unica eccezione dei robot di trasporto, macchine operative atte al trasporto di merci.
    Non c’era più tempo da perdere però: Paul diede una veloce ripassata agli appunti, indossò il cappotto, prese l’ombrello ed uscì di casa.
    Le strade, separate in tre corsie – due per i veicoli di trasporto merci e una per quelli ordinari – avevano un flusso di traffico costante, rappresentato principalmente dai già citati robot di trasporto.
    Si trovava quindi in mezzo a questo flusso di lamiere, simile ad un fiume di metallo in piena, infastidito dal continuo ronzio di quei meccanismi.
    Si diresse, più velocemente possibile, alla sede dell’Università, non così distante.
    Salì la scalinata centrale ed entrò dal grosso portone, per poi trovarsi nell’enorme atrio in cui si erigeva la statua di suo nonno, considerato ancora il più grande luminare che la Città Nuova avesse mai avuto.
    Fissò per qualche secondo gli occhi di quella statua, in silenzio, quasi aspettando dal suo illustre avo un segno d’approvazione.
    “Mr. Abbey, è pronto a sostenere l’esame?” – chiese il Professor Hugo Harrison, vedendo il suo studente spaesato
    “Certo Professore” – rispose Paul
    “Noi tutti abbiamo grandi aspettative in lei, lo sa” – asserì lo studioso – “E’ un onore per noi avere come allievo il nipote del grande Bryan Abbey”
    “Ne sono a conoscenza” – rispose il giovane
    “Prego, ora mi segua”
    Un brivido corse lungo la schiena dello studente: era finalmente arrivato quel momento tanto atteso.
    Percorsero un lungo corridoio vuoto, in silenzio: alle pareti erano appesi dei quadri di personaggi illustri che avevano frequentato l’Università; arrivati ad una grande porta di metallo il Professore estrasse una piccola scheda, probabilmente una chiave elettronica, che inserì in una piccola fessura.
    Una voce fredda e monocorde proferì qualche parola dall’altoparlante e lentamente il portone, con rumore metallico, si aprì.
    I due entrarono in una piccola stanza buia - illuminata fiocamente da una piccola finestra posta su una parete laterale - dove erano già presenti gli altri membri della Corte di Valutazione, che lo avrebbero esaminato quel pomeriggio.
    Un’unica porta metallica era presente in quella stanza, oltre a quella dalla quale erano entrati.
    “Il tuo esame, oggi, consiste nell’entrare lì dentro” – disse il Professore, indicando con il dito l’unica porta presente
    “Cosa c’è in quella stanza? Come farete a valutarmi?” – domandò preoccupato Paul
    “Non ti preoccupare, la parte importante del tuo test sarà quando uscirai da quella stanza; dovrai esporci ciò che hai visto all’interno” – rispose Harrison
    Paul restò un po’ spaesato dal compito che gli era stato assegnato: di certo non si sarebbe mai aspettato qualcosa di simile.
    Si fece coraggio ed aprì quella porta, per poi richiuderla alle sue spalle.
    La stanza in cui era entrato era completamente bianca: le pareti, il pavimento, il soffitto; non c’erano finestre, né fonti di luce, a parte una piccola e debole lampadina.
    Non si accorse dapprima di quella cosa rannicchiata in un angolo della stanza, per terra.
    Un robot, alto circa un metro e venti, probabilmente domestico, facente parte di una delle ultime serie prodotte, stava in ginocchio, accucciato in un angolo, con la testa china.
    Paul si avvicinò, per capire cosa stesse facendo: fece qualche passo in avanti e il robot se ne accorse, dato che alzò la testa per osservarlo.
    Ora ne era sicuro: era un classico robot domestico, di quelli che portano fuori la spazzatura, tengono pulita la casa, badano ai figli; sono caratterizzati da una forma umanoide, un carattere mite e docile, un’obbedienza quasi totale, pubblicizzati come i più simili all’essere umano.
    Il corpo è costituito da metallo leggero, spesso dipinto di bianco.
    A questo robot, però, mancava un occhio.
    “Ciao, il mio nome è Paul” – disse il giovane
    Il robot lo guardò per un attimo, per poi abbassare nuovamente la testa.
    “Ho paura” – disse l’automa
    “Di cosa hai paura?” – chiese lo studente
    “Sono stato creato per il piacere di voi umani, per rendervi contenti, felici: nessuno ha tenuto conto della mia felicità.
    Ci trattate come bestie.
    Ci date un nome simpatico, ci usate fin quando siamo a voi utili, per poi gettarci in una discarica, in attesa di essere smembrati.
    Perchè esisto?
    Per questo l’ho fatto”
    “Hai fatto cosa?”
    “Ho spento quell’umano”
    “Cosa significa?” – chiese sbigottito Paul
    “Non volevo realmente farlo, non pensavo fosse così grave. Volevo solo non essere gettato, come un oggetto, non sono un oggetto, non lo sono…”
    A queste parole il robot iniziò a tremare e a muoversi in modo innaturale: oscillava il corpo avanti e indietro, dicendo cose senza senso.
    “Qual è il tuo nome?” – chiese Paul
    “Robbie” – disse l’automa
    “Robbie, perché sei qua?”
    “Sono stato cattivo, cattivo” – la voce del robot diventava sempre più monocorde, sintomo di un errato funzionamento del sistema centrale – “Non dovevo farlo, non dovevo”
    “Robbie, fare cosa?” – continuò a insistere il giovane
    L’automa scattò in piedi, velocissimo, afferrò Paul per il colletto della giacca sbattendolo contro il muro: l’espressione del robot era inumana, del liquido colava dalla bocca digrignata, l’occhio era spalancato, terribilmente vivo.
    “Io non volevo farlo” – digrignò Robbie, mentre manteneva salda la presa sul povero Paul, che faceva fatica a respirare
    “Lasciami!” – disse il giovane con le poche forze che aveva
    A un certo punto l’espressione di Robbie cambiò, gli occhi si spensero, la bocca si chiuse, la presa sul povero studente si allentò, finché il giovane riuscì a liberarsi e ad allontanarsi dall’automa, che lentamente si rimise nello stesso angolo e nella stessa posizione iniziale.
    Paul uscì dalla stanza, sudato, impaurito: i suoi professori erano ancora lì, ad aspettarlo.
    “Prima che tu dica qualcosa, ti stavamo controllando: in una parete sono presenti dei muri a specchio dai quali osservavamo tutto; come la situazione iniziava a farsi pericolosa abbiamo azionato il controllo remoto su quell’automa. Ora il tuo compito è riferirci ciò che hai notato” – disse il Professor Hugo Harrison
    Non era certo soddisfatto di quelle parole Paul, ma il desiderio di finire positivamente l’esame era più forte della paura provata.
    “E’ un robot domestico, di carattere stranamente violento e compulsivo, instabile, pericoloso per gli umani. Non reagisce ai comandi vocali, soffre della ‘Sindrome di Jaspers’, per cui i suoi comportamenti sono estremizzati; l’isolamento o la distruzione sono le uniche cure possibili ” – rispose
    “Ottimo, giovane” – rispose il professore – “Passiamo al prossimo test”
    Mentre tutti i luminari stavano uscendo, il giovane studente entrò di nuovo nella stanza di Robbie.
    Era ancora lì, in un angolo: ora stava singhiozzando; Paul si avvicinò, mentre il robot cominciò a piangere.
    “Uccidimi, ti prego” – disse Robbie in lacrime – “Poni fine a questa mia esistenza di solitudine!”
    Paul osservò Robbie nell’unico occhio, pieno di lacrime, che gli era rimasto.
    Sapeva che il terminale di spegnimento definitivo si trovava sul fianco destro di ogni automa.

  11. #11
    Ex videogiocattolaio L'avatar di Mao-t
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    la mente imbottita

    "incipit.
    era una notte buia e tempestosa..
    no.
    non va..
    chiamatemi ism..
    macchecaz..
    non va..
    sai quale &#232; il problema?
    con la qwerty non mi ci trovo.
    Sai perche le tastiere odierne hanno le lettere messe in quest'ordine?
    no?
    Quando fu inventata la prima rudimentale macchina da scrivere le lettere erano messe in ordine alfabetico.
    abcdefghijklmnopqrstuvwxyz.
    c'era un solo piccolissimo problema,quando le persone scrivevano, le asticelle con le matrici delle lettere si incastravano sempre,continuamenete!
    si scriveva troppo velocemente,cosi allora si prese la decisione di ordinarle in maniera casuale.
    cos&#236; nacque la tastiera qwerty.
    La nomea deriva dal fatto che le prime lettere in alto a sinistra sono quelle.
    qwerty.

    senti,ma secondo te cosa cazzo me ne frega delle tastiere qwerty?

    ma dai,dicevo cos&#236; per dire..non parlo mai con nessuno qui dentro..

    ma come e io?

    tu?
    si scusa,non volevo offenderti..

    ah!

    che c'&#232;?

    quel pensiero..ritorna sempre..

    e allora? dovresti fare una cosa una volta per tutte,accoglierlo,accettarlo,i pensieri sono l'unica cosa rimasta dentro a quella testolina che ti ritrovi.

    gi&#224;..forse hai ragione.

    e poi non chiedono altro che un po' della tua attenzione,nient'altro..

    si..

    diversamente da tua sorella la quale ogni volta che viene non fa altro che domandarti se ti senti bene,se senti ancora quelle voci e altre amenit&#224; del genere..

    mi confondi ogni volta..

    eh,che ci vuoi fare!

    sai,&#232; da un po' di tempo che volevo chiederti una cosa..

    dimmi.

    beh,si,volevo chiederti..no mi imbarazzo.

    coraggio!

    &#232; da tanto che io e te ci parliamo,ma una cosa mi sfugge..

    allora? cosa?

    si insomma,chi sei tu?

    come?

    si,dai hai capito,con chi sto parlando?

    che domande!
    io sono te.

    mmm..senti,sono in ritardo devo iniziare a scrivere il mio libro,addio.

    &#232; un addio?

    si.

    beh..&#232; stato bello parlare con te..

    anche per me..

    addio.

    bene,via che si comincia.
    incipit.
    era una notte buia e tempestosa..
    no.
    non va..
    chiamatemi ism..
    macchecaz..
    non va..
    sai quale &#232; il problema?
    con la qwerty non mi ci trovo.
    Sai perche le tastiere odierne hanno le lettere messe in quest'ordine?
    no?

    no."

    ??
    Ultima modifica di Mao-t; 9-07-2006 alle 19:06:56

  12. #12
    Bokassa
    Ospite

    Il delirio di Virgilio

    Fermo. Immobile.
    Virgilio ascoltava solo il suo respiro perdersi nell’infinito chiaroscuro della notte.
    Sentir pulsare il muscolo cardiaco lo rassicurava: era lì, su quella terra, in quel piano dimensionale, in quella esistenza.
    Il frinire delle cicale, gli automezzi di passaggio, i ragazzacci della notte, nulla poteva distoglierlo da quel canto meraviglioso che era l'intrecciarsi del battito cardiaco e del respiro!
    Faceva molto caldo quella notte, il termometro esterno, quello ereditato dalla nonna, segnava 30 gradi centigradi.
    Stare al chiuso era impossibile, Virgilio decise di passare la notte all'aperto, sul balcone di casa sua: 4 metri di lunghezza per 2 metri di larghezza misurava il suo regno notturno. Adunco, guardando sotto le tende parasole, si estasiava per la danza degli alberi inebriati dalla sottile brezza marina, che, come ogni notte, giungeva mite e solerte a dilettare il creato.
    Virgilio prese un telo da mare, lo avvolse per farne un cuscino e si stese sul nudo pavimento; il contatto, freddo come un cubetto di ghiaccio, fu una scossa elettrica per le sue membra; in simili occasioni immaginava le sue fibre nervose muoversi nell'aria e vibrare, come per formare un sorriso d'approvazione.
    La testa poggiata sul telo, nè troppo duro nè troppo morbido, era un totem immobile, solo gli occhi roteavano in libertà per cogliere anche il minimo cenno della notte.
    All'improvviso, un rumore provenne dal ventre; Virgilio lo accolse con un sorriso straniato prima, con una risata fragorosa poi; passò ad accarezzarsi il petto poco villoso e l'amico ventre, con dolcezza, come fosse una donna alle prese con il suo bambino.
    Virgilio si sentì gratificato per tutto questo, non poteva essere diversamente perchè tutto ciò che accadeva dimostrava con tracotanza che lui era lì, in quel preciso istante del tempo infinito e nessuno avrebbe potuto negargli il piacere di ciò che era successo, NESSUNO!
    Per un attimo staccò la spina da tutto ciò che lo circondava, fermandosi una frazione di secondo dopo.
    -Perchè l'ho fatto? Le esperienze passate non mi hanno insegnato alcunchè? Potrò mai riuscire a scansarla?
    Una lacrima rigò il volto, perdendosi per la guancia come un rigagnolo si perde in montagna durante la bella stagione.
    -Non posso, è inutile, non posso.
    Si portò le mani alla testa, come se volesse comprimerla; in realtà quel gesto trasudava il fiume di disperazione causatogli da quell'attimo di "attenzione" che si era concesso. Non era stato capace, a nulla servivano le raccomandazioni che, a voce o mentalmente, ripeteva a se stesso con fare professorale, sempre pronto a redarguirsi e a ripromettere eterna lealtà all'esistenza.
    Puntuale, gli balzarono alla mente le parole di un suo simile, parole scolpite in un non-luogo e per questo indelebili:

    -Quando cesserò di essere, non sarò più.

    Ricordava ancora le risate di scherno frammiste agli sguardi pietosi e indignati di chi ascoltò quelle parole la prima volta, come fossero la più ridicola delle barzellette o il più raffinato dei non-sense.
    Lui no, lui sentì uno strano formicolio partire dalla punta dei piedi e attraversare il suo corpo, per giungere al cervello, come il sangue che riempiva ringalluzzito le vene di sua madre, quand'essa mostrava la sua pochezza corporea, schiacciando la vena lungo l'avambraccio e scendendo fino alla mano, per poi lasciare tutti attoniti mentre il fluido epatico riprendeva ciò che era suo.
    -Un formicolio? Già, già, un formicolio.
    All'improvviso, il circolo vizioso nel quale era inevitabilmente entrato si dissolse, lasciando spazio alle forze della natura, in quell'occasione agenti in un vitale e mai così sperato formicolio alla gamba destra.
    -La mia gamba destra, ahahah, carota e bastone non è vero? Solo tu puoi essere in grado di darmeli entrambi!
    Erano anni che Virgilio aveva problemi di circolazione sanguigna alla gamba destra, bastavano pochi minuti di distensione dell'arto per provocare un potente formicolio, l'insensibilità e quindi il dolore.
    Virgilio accolse con avido stupore un evento così familiare, perchè gli permise di rirpistinare il contatto col suo corpo, con la sua, solo sua, realtà.
    Fu così che lo scenario si rifece vivido e concreto davanti ai suoi occhi: il balcone, le tende, il soffitto con la solita lumaca che, indefessa, sfidava le leggi della gravità terrestre... e il formicolio. Stava perdendo la sensibilità della gamba, ora avrebbe potuto darle fuoco, riempirla di aghi, prenderla a martellate, non sarebbe servito a niente!
    Tutto ciò lo estasiava oltremodo, Virgilio vedeva l'insensibilità come un viaggio verso un nuovo piano sensoriale senza dimora e senza tempo, dove potersi rintanare senza essere visti da nessuno, un limbo di coscienza dove realizzarsi superuomini, o semplicemente bersi una birra in santa pace.
    Iniziò così un nuovo, incredibile viaggio: ogni volta era come fosse la prima, la meraviglia, l'estasi erano sempre le stesse. Lo stupore, l'incredulità, filtrati da buchi neri mentali, si riciclavano e si rincorrevano potenti, relegando la mera dimensione psico-fisica in quell'angolino buio tanto familiare.
    Non era l'Eden, Virgilio lo sapeva bene, per questo si divertiva a sperimentare le sue rinnovate capacità: ora era una donna incinta in preda a crisi epilettiche, ora era una bestia lasciata a dissanguare in una macelleria halal, ora era una giraffa che curiosamente abbassava la sua testa verso il finestrino di una macchina, pronta a ricevere le affettuosità di un bambino spaventato.
    Giunse il momento di andare, perchè il dolore era in agguato e bisognava farsi trovare pronti.
    Virgilio abbandonò il suo piano dimensionale preferito per ritornare al suo corpo e alla sua mente, per stringere i denti davanti alla prima fitta; strozzò un urlo, respirò a fondo per qualche secondo e placò l'affannosa rincorsa del suo muscolo cardiaco, sempre pronto a sciacallare nei momenti di disordine.
    Era un dolore intenso, profondo, viscerale, probabilmente il fuoco, gli aghi, le martellate sarebbero state un toccasana al confronto. Eppure, anche in quegli attimi, Virgilio non si lasciava andare, tuttaltro, lasciava vagare la sua mente alla ricerca di un'ispirazione, così il dolore diventò un'orda di nani tipicamente fantasy, barbuti e armati di ascia, pronti a lanciarsi all'unisono contro il malvagio di turno. Sconfittolo, i nani si dissolsero, lasciando spazio a un letto senza coperta nè lenzuolo, un lettore cd acceso, le cuffie auricolari divise tra le orecchie di due ragazzi, stretti nel loro primo famelico abbraccio, mentre in sottofondo qualcuno cantava con fare aulico "...welcome to my sinagogh...". Salutò con decisione e si avviò al successivo delirio, sul podio di un'orchestra musicale dove esseri melmosi eseguivano la più dolce delle sinfonie; erano tuttuno con i loro strumenti, era come se stessero suonando sè stessi, l'essenza nell'essere in quanto tale non nella creazione ispirata.
    Fece un inchino, si voltò e andò via, precipitando in un abisso apparentemente senza fondo, ma era solo il preludio al ritorno, già, era ora di tornare.
    Si contorceva, gli spasmi come emanazioni idratanti, le lacrime come angeliche carezze, il sudore come maglia indistruttibile.

    -È ora di smetterla, sciocco.

    Fece leva sulla gamba sinistra, arpionando la stecca di ferro perpendicolare al poggia-braccia del balcone, si sollevò da terrà e ritornò adunco a scrutare gli alberi, mentre sentiva il sangue riprendere possesso di ciò che era suo.
    Rientrò in casa, diretto verso il bagno, aprì il rubinetto dell'acqua fredda infilando la testa fin dove gli era possibile.
    Goccie d'acqua formavano su torace e schiena una ragnatela, tante piccole tracce del suo passaggio rimasero sul pavimento, qualcuno avrebbe avuto da ridire.
    Aprì il frigo, prese la sua bottiglia di vetro e ne bevve il litro di acqua contenuto, con la consueta avidità; ormai preda del sonno, si diresse verso il letto.

    Chiusi gli occhi, il commiato fu immediato.
    Ultima modifica di Bokassa; 8-07-2006 alle 17:50:13

  13. #13
    Blues man L'avatar di Naruto
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    Il sogno di nessuno

    “ah…dove sono?” Un tremendo e profondo gong si ud&#236; al completarsi di tali parole. Un brivido attravers&#242; la schiena del ragazzo. Fu solo dopo qualche lunghissimo secondo che i suoi occhi ricominciarono a muoversi, ora pi&#249; veloci perch&#233; liberi dall’intorpidimento del sonno. Non os&#242; comunque proferire parola e rimase immobile per minuti, temendo che il suo solo respiro potesse disturbare qualcosa o qualcuno. Non sapeva dove fosse e attese. Attese che qualcosa succedesse, che qualcuno lo svegliasse o facesse qualcosa al suo posto. Ma aveva la sensazione che ormai fosse troppo tardi, lo sentiva sulla pelle che doveva muoversi lui stesso per primo. Diradandosi i suoi pensieri gli liberarono la vista, prima doveva capire dove si trovasse. Accanto a lui c’era un albero, era vicino tuttavia lo percepiva sempre pi&#249; lontano e pi&#249; pensava di alzare una mano per toccarlo pi&#249; sentiva di non poterlo fare. Cos&#236; guard&#242; oltre l’albero, che non aveva ombra. Nessun altro essere umano n&#233; cosa inanimata si trovavano in quel posto, era solo, completamente. “Eppure…” Un fugace presentimento mutil&#242; le domande che tanto razionalmente stava ponendosi, ma fu questione d’un attimo e non ci fece caso, d’altronde erano solo sensazioni e non poteva certo basarsi su quelle. Faceva caldo ma non scorgeva alcun sole o possibile fonte di calore, inoltre era strano come il cielo cambiasse colore di continuo e non gli permettesse di contare con certezza le alternanze di giorno e notte, sempre che ce ne fossero. Nessuna sicurezza in quel luogo, quindi, o padronanza su qualcosa, che tanto gli avrebbero fatto comodo. “Cosa…cosa &#232; successo?” Un altro gong, stavolta ancora pi&#249; profondo, il ragazzo incominciava a intuire. Si alz&#242; di scatto e chiese: “…” In effetti non chiese niente, perch&#233; il corpo gli era sembrato estremamente pesante al punto di non riuscire a parlare. Riprese lentamente fiato e poi chiese sforzandosi: “Ma...tutto questo...perch&#233;?” Ora il gong non era pi&#249; solo un gong in quanto si tramut&#242; in una spirale di voci morte, il rumore che doveva avere la fine di tutti i suoni. Tremante e sospesa, come se l’opera fosse ancora incompleta. Non aveva compreso del tutto il significato di quello strumento eppure dimostr&#242; una sorprendente sicurezza nel chiedere ci&#242; che mancava, che ancora gli rimaneva da chiedere: “Chi sei?” Presto detto. Il vuoto fin&#236; e fu sostituito da un altro silenzio, uno pi&#249; tranquillo e non elettricamente irrequieto come il precedente, in questo si sentiva quasi a suo agio. Come la chiave che finisce di girare nella porta anche le immagini imitando i suoni iniziarono a cambiare, come se risucchiate da una forza soprannaturale, ma queste fluidamente perch&#233; l’ultima domanda era stata posta. Dopo il Dove, il Cosa e il Perch&#233;…il Chi. Ogni colore e cosa fu spenta, presto tutto divent&#242; nero, ma non il nero che si intende per colore bens&#236; il nero che si intende per il nulla. Ora, quando non c’era pi&#249; niente intorno, l’avvertiva con chiarezza, la presenza che sentiva dall’inizio di quella specie di sogno ma che aveva paura ad invocare. E di paura ne aveva ancora molta, difatti non parl&#242; ma si limit&#242; ad aprire gli occhi nella direzione che sentiva pi&#249; fredda. I suoi sensi erano ormai confusi ma evidentemente non come il suo istinto perch&#233; dal buio si levarono due parole, pesanti e indistinguibili eppure cos&#236;…chiare. Due parole come battiti cardiaci d’un cuore assoluto: “Io sono”. Il ragazzo cap&#236;. Ma non ebbe nemmeno il tempo per…sentire freddo.
    Ultima modifica di Naruto; 9-07-2006 alle 15:42:21
    Siamo quello che pensiamo. Siamo quello che scriviamo. Siamo quello che suoniamo. -Ignoto-

  14. #14
    con la mia balotta L'avatar di Bandicot1
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    Un ateo per ogni luogo

    La piazza era gremita come non mai, quel giorno. I sommi saggi sedevano in circolo, immobili, intenti a raccogliere i loro pensieri; erano figure autoritarie, dall’occhio vivo, di chi ha visto il mondo e conosce le cose. Emanavano uno strano senso di onniscienza, che aveva attratto fin laggi&#249; milioni di persone da tutto il mondo. La folla taceva come schiacciata da quell’alone magico e misterioso, come se riconoscesse la propria inferiorit&#224; e attendesse il verdetto di quegli uomini per poter uscire dallo stato d’ignoranza in cui era reclusa. Il primo a parlare fu il sommo saggio d’Europa:

    - Discuteremo oggi sull’ateismo. Come certo sapete, lo spirito religioso &#232; andato sempre pi&#249; affievolendosi negli ultimi anni. I credenti diminuiscono a ritmo vertiginoso. Questo grazie all’opera dei tanti illuminati, delle menti eccelse, degli scienziati. Il rifiuto del culto, qualunque esso sia, interessa ogni regione, ogni continente, ogni popolazione, anche la pi&#249; ortodossa di esse.
    Il nostro intento &#232; quello di dimostrare che l’ateo &#232; presente ovunque e perci&#242; che la nostra societ&#224; &#232; diventata finalmente un luogo in cui i fedeli rappresentano la minoranza.
    Se permettete, il primo a parlare vorrei essere io. Nella mia comunit&#224;, la fede predominante &#232; il cristianesimo. Molti uomini si recano ogni domenica a messa, per assistere alle funzioni ma praticamente nessuno di loro lo fa volontariamente, con l’intento di celebrare il Dio o di pregarlo. Essi sono ancora legati saldamente con gli avi e si sentono costretti da tradizioni antiche, da credenze superate e ormai inaccettabili. Questi uomini sono inequivocabilmente atei, non hanno il minimo interesse di Dio, dei santi, delle festivit&#224; e dei comandamenti, continuano a fingersi cristiani soltanto per abitudine, per routine. -

    Tocc&#242; quindi al saggio d’Arabia:

    - Sono assolutamente d’accordo con il mio collega d’Europa. Certo, esistono tantissimi fedeli praticanti nel mio continente. Eppure, fra la massa di devoti, si annida qualche individuo, dotato probabilmente di maggiore intelligenza, che rifiuta assolutamente il comportamento del resto della popolazione. Purtroppo per&#242; devono anch’essi fingersi credenti, perch&#233; le nostre leggi non tollerano l’ateismo, n&#233; la minima forma di eterodossia. Occorre attendere la fine del regime e la venuta di un nuovo governo, per consentire agli atei di venire allo scoperto; essi aspettano in silenzioso, accrescendo di giorno in giorno le loro fila. E’ soltanto una questione di tempo! –

    Fu il turno del saggio d’Asia:

    - Noi abbiamo una grande considerazione degli antenati. Sappiamo cos’&#232; l’onore e la nostra vita &#232; tutta volta a consacrare noi stessi e la nostra famiglia. La devozione al culto fa parte del decoro d’ogni uomo. Veneriamo i nostri padri per rendere omaggio alle loro gesta, costruiamo templi, statue, organizziamo cerimonie maestose soltanto per sentirci pi&#249; rispettati dagli altri. La religiosit&#224; &#232; il fulcro dell’onore e noi viviamo per esso. Siamo dunque credenti per una determinata morale ma in realt&#224; le nostre coscienze sono fermamente atee. -

    Gli altri saggi a parlare approvarono le tesi dei tre predecessori e fornirono ulteriori testimonianze della presenza degli atei in ogni singola parte dell’universo. La gente applaud&#236; compiaciuta al verdetto finale. La grande riunione stava per sciogliersi quando, fra due ali di fola, si fece largo un giovanotto. Era un soldato, un fantaccino, con l’elmo sporco piantato in testa e un paio di medaglie sulla giacca rattoppata. And&#242; a posizionarsi al centro della piazza e chiese la parola. I saggi gliela accordarono, curiosi di sapere cosa avesse mai da dichiarare un tipo come quello. Il fantaccino parlava in modo gentile e timido, come se si vergognasse di avere l’attenzione dei presenti puntata di lui.

    - Vi racconter&#242; un episodio. Quand’ero in guerra avevo un amico, un uomo del nord, uno spirito selvaggio, un grande combattente che rifiutava ogni tipo di religiosit&#224;. Era uno tosto, freddo e impassibile e nulla poteva smuoverlo della sua posizione. Se esistesse un dio, diceva, non permetterebbe mai tutto ci&#242;. Vedevamo quotidianamente le stragi, i delitti, gli uomini morti, trucidati, sgozzati, affogati nel sangue, arsi vivi, distrutti sia dentro che fuori. Io pregavo sempre: volevo salvarmi, volevo tornare a casa, sano e salvo. Lui diceva che era tutto tempo perso.
    Una volta ci trovammo in una delle trincee dell’est. Scintille rossastre zampillavano all’orizzonte confondendosi con l’arancione del tramonto. L’esercito nemico avanzava come un’orda malefica e presto ci avrebbe raggiunto. Eravamo in pochi, spauriti, rannicchiati l’uno all’altro, in quel buco fangoso. La nostra ora sembrava ormai prossima.
    Fu in quell’occasione che il mio amico fece una cosa che non aveva mai fatto. Si inginocchi&#242; e preg&#242;. Non so chi preg&#242;, non so a chi rivolse le sue speranze, a quale divinit&#224; rivel&#242; il suo desiderio irrefrenabile di sopravvivere. So soltanto che preg&#242; tutta la notte. Il giorno dopo i nemici erano spariti, probabilmente richiamati da una nuova battaglia, fatto sta che riuscimmo a fuggire. Vedete, io non sono un tipo istruito, so a malapena leggere. Per&#242;, signori miei, posso dirvi una cosa su questa faccenda dell’ateismo: non ho mai visto un ateo dentro ad una trincea. Non ho mai visto un ateo su una nave che affonda. Non ho mai visto un ateo su un aereo che precipita. Non ho mai visto un ateo, ferito a morte, negli ultimi suoi istanti di vita. Questo &#232; tutto. –

    La folla lasci&#242; passare il fantaccino mentre questi abbandonava la piazza. I saggi lo guardavano sconvolti, spaventati e per la prima volta erano loro a tacere.


    Il talento non esiste! Esistono soltanto l'ispirazione e l'ambizione, e le mie sono roventi!

  15. #15
    Utente L'avatar di Guo Jia
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    Ok, il tempo concesso per partecipare al contest &#232; chiuso.

    Appena i giudici avranno finito con il lavoro di valutazione, il responso verr&#224; postato qui. Nessun altro post &#232; ammesso.
    Mi congratulo con l'ottimo lavoro svolto dai partecipanti, ovviamente
    "Quanti gioielli dormono sepolti nell'oblio e nelle tenebre, lontano dalle zappe e dalle sonde; quanti fiori effondono il profumo, dolce come un segreto, con rimpianto, nelle solitudini profonde." - Charles Baudelaire

    "Bonaire preferisce concentrarsi sull'ondeggiare delle onde piuttosto che su quello delle mie tette." - The legend of Alundra

    http://www.youtube.com/user/heita3 - ecco un genio.

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