Affrontare la recensione di Super Mario Brothers è pura follia. Voler mettere assieme una manciata di caratteri per innalzare un classico lo è ancora di più. Concludiamo che Super Mario Bros. non è un videogioco e che quindi non merita una trattazione specifica. Non è un videogioco perchè non siamo noi, poveri mortali, a dover declassare una divinità alla stregua di un passatempo per bambocci. Abbiamo dinnanzi LA opera videoludica suprema, che sostiene il passato e regola il presente. Siamo al cospetto del Dio di ogni cosa ludica, e non ne siamo degni: Nintendo crea e l'uomo distrugge. Anno domini 1985 e una intera generazione di pischelli in grado di maneggiare un joystick e di trarne vantaggio a discapito della plausibilità reale. Era un giorno come tutti gli altri ma non un gioco come gli altri, perchè ne avrebbero fatto un film, ne avrebbero tratto tutta una filosofia del divertimento che dalla innocenza delle strade passava al silenzio di una cameretta o di un salotto. Era Super Mario Bros. perchè era di una malevola innocenza e portava a noi l'incubo mediatico più innocente e accattivante del secolo appena trascorso.
La rom di Super Mario Bros. occupa circa 35 Kbytes. Un ristretto quantitativo di memoria per esprimere. Un tragitto immane per segnare un'epoca. Nessuno non conosce Super Mario Bros., e anche i maledetti bambinacci viziati cresciuti a pane e Playstation 2 lo conoscono perchè comprano le riviste contenitore e se ne parla nella sezione Gamecube. Tutti sanno cos'è perchè ai telegiornali in qualche modo spunta sempre fuori, vuoi perchè si parla di videogiochi vuoi perchè il sindacato degli idraulici è in sciopero da due mesi. Chissà poi perchè alla Nintendo hanno scelto un idraulico per il loro giochino di maggior successo. E per giunta italiano, con i baffi e del tutto nano, con la capacità di diventare una sorta di gigante acquisendo dei power up. A un certo punto diveniva anche possibile sparare palle di fuoco rimbalzanti, per uccidere o meglio sopprimere le creaturine più beote del mondo. Il concetto era talmente semplice da risultare naturale, fisiologicamente immediato per qualsiasi essere vivente che fosse in grado di riconoscere un joypad. Due tasti separati, come tradizione Nintendo, uno per il salto e l'altro per lo sparo: l'importanza della semplicità creava il divertimento nella sua essenza con il diversivo di dover assecondare la infantile, elementare meccanica di gioco. Quando vi verrà chiesto se esiste davvero una dimensione parallela oltre lo schermo avrete Mario alle spalle che suggerirà un universo fatto di nuvolette, cespugli e quintali di fantasia fanciullesca.
La tecnica globale è molto buona. Abbiamo delle animazioni soddisfacenti e una grafica tanto carina quanto irresistibile, quantomeno se raffontata agli standard dell'epoca. Si era ancora nel periodo in cui Nintendo assumeva un ruolo attivo nella costruzione di cabinati arcade, e guardacaso Super Mario Bros. era una diretta conversione da bar, per quanto la versione Nes e quella coin op fossero state sviluppate assieme (diciamo pure che l'hardware playchoice da sala altro non era che un Nes..). Ma il fatto certo è che il gioco ottenne la sua consacrazione su console, tanto che in molti ignorano l'esistenza della versione arcade del titolo avendo sempre a mente il giochino per la piattaforma sponsorizzata da Jovanotti. Si parlava di aspetto esteriore, così torniamo alla consapevole certezza del 2D scarnificato, semplicissimo oggi ma eccezionale per i tempi. Giocare a casa un simile concentrato di divertimento, con la grafica a tutto schermo (per le edizioni giapponesi e americane) e i colori vivi era qualcosa che andava ben oltre il semplice passatempo, coniugando una visione dell'intrattenimento mediatico inesorabilmente evoluta. Si evolveva il concetto di videogioco, si evolveva la concezione di una console, si evolveva un mercato che prima di allora aveva assunto un ruolo di nicchia nelle produzioni hardware Atari. Super Mario Bros. era ciò che noi avremmo voluto per distrarci della monotonia del reale, per sognare un qualcosa che sfuggisse al consueto.