[1]Un topoc un po' Blues & Surreale - Pag 2
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Discussione: [1]Un topoc un po' Blues & Surreale

Cambio titolo
  1. #16
    ♥Vault Sith♥ L'avatar di Darth Elwood
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    11-05
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    Cool

    Hey! ritorno dal mio primo (ingiusto 8( ) ban e trovo il topoc alla prima riapertura? skop's voglio leggere le ultime pagine che non ho letto, con i commenti dell'utenza ...
    comunque volevo solo salutarvi, visto che data la mia assenza forzata è un po' che non vi sento, mi siete mancati
    ora mi rimetto a studiare ()per gli esami...


    EDIT:
    Ho notato che lo hanno messo in off the radar
    Ultima modifica di Darth Elwood; 1-07-2006 alle 09:33:18

  2. #17
    el Bunkyo L'avatar di Bunky
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    Citazione Lord Skop's
    Oh, grazie a tutti per le parole gentili. Quello di ieri sera era un ringraziamento, non un post di addio. Ma penso che il Topoc un po' Blues & Surreale sia giunto quasi alla fine. (Ma non l'utente Lord Skop's, quello almeno due mesi rimane)
    Un ringraziamento particolare, speciale, e profumato di lavanda a DiavoloStrego.
    Incredibile, ha catalogato tutto il topiz! C'avrai messo due ore, o anche di più. Ma tanto fra 15 giorni sarà tutto svanito (sul forum, ma c'è un altra via).
    Siete veramente dei grandi. Spero di aver ancora molte pillole (di droga) da dare a questo Topoc. quantitavimente non saranno tante, ma spero qualitativamente.

    Meteor, tu stai svolgendo la tua parte. il tuo "personaggio". Confido solo nel tuo buonsenso, dato che sei, anche tu, un Giovane Uomo.
    Se i tuoi interventi sono così, ti prego di non intervenire sui miei topiz. Te lo dico davvero, e sono sincero.
    Se non ascolterai le mie parole e continuerai su questa falsariga, non aspettarti segnalazioni o robe del genere, non aspettarti niente, dato che nonvoglio minacciare. Non ho mai avuto bisogno di mod o fatto piagnistei. decidi te cosa fare.
    Io sono convinto del fatto che sei un bravo ragazzo ed anche intelligente (tu fai l'università, diavolo, io no), credo che potremmo andare d'accordo, ma così non va. Non cercherò, ripeto di farti cambiare, ma solo questo compromesso: o scrivi in un modo che mi fa piacere, o sparisci da qui che io sparirò dai tuoi topiz e non ci vedremo più. Scegli te.
    Ma dove vai tra due mesi????

  3. #18
    Per battezzare questo topiz mi sono chiesto cosa potevo mettere. Avrei pronte alcune idee da sviluppare (non ne parlerò, ma qualcosa demente/trash/poliziesco/anni 80 con protagonisti o animali o personaggi del forum), oppure potevo scrivere alcuni racconti no-sense (mancano fiffo ed Ornitorinco da fare) o scrivere qualcosa per le storie dietro il separé, dato che sono ispirato.
    Poi invece mi son detto che non è bello partire così, rischierei di fallire. Allora sono andato a parare in testi che non ho mai pubblicato.
    Tuttavia, mi son reso conto che alcuni erano incompleti, o non c'entravano niente col Topoc.
    L'ultima idea -quella che si è rivelata penso più saggia- è stata quella di riproporra la versione originaria di Janus ha visto la disperazione.
    Lo faccio soprattutto per il fatto che la storia a puntate non mi è piaciuta poi molto. Il racconto originario era da leggersi tutto d'un fiato.
    Potrei accostare la versione a puntate con una sorta di "Musica da camera", qualcosa di curato, un accorato uso delle parole e la volontà di ricreare ciò che vedevo.
    La versione originaria è, invece, una sorta di -o blues paleolitico -o brano confuso, angosciato e disperato.
    Le frasi sono scabre, le parole pure. A me piace moltissimo. Lo stile di scrittura è molto progressivo, è qualcosa scritto di getto, e lo si vede, e lo si deve vedere!
    La metto anche per rinfrescare la memoria dei pochi Lettori e per riproporre la storia a distanza di -quanti?- due mesi.
    La posto qua sotto.
    Citazione Bunky
    Ma dove vai tra due mesi????
    Penso di non essere più presente su questo antro popolato da Gnomi ed Elfi.
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  4. #19
    Janus ha visto la disperazione
    Janus doveva uscire da lì, e doveva farlo al più presto: si stava perdendo.
    Nelle sue orecchie l’orologio della disperazione scandiva gli ultimi secondi, ora o mai più.
    Mentre strani esseri dotati di forma indecorosamente infantile lo stavano per raggiungere.
    Marionette, burattini, quelle cose là, pensava, sapendo che sotto quelle maschere sorridenti, sotto quelle stoffe dai colori vivaci, si annidavano i demoni che l’avevano seguito fin dalle remote aule della coscienza.
    Era finito al trono del Re della Desolazione quasi per caso, potrei dire per gioco.
    Fino a poche ore prima Janus era felice, aveva trovato la chiave per aprire la porta della sua fantasia e aveva visto molte magiche creature.
    Mi spiego meglio: Janus aveva il dono del “Controllo Telepatico”.
    Questo voleva dire che riusciva ad entrare nella sua testa; si liberava l’anima ed entrava in un grande salone, che era il cervello, ed attingeva ad ogni informazione e ad ogni ricordo.
    Ma nel momento in cui si sedeva di fronte al grande monitor, il suo sguardo vacillava sempre a sinistra, dove la coda di un gatto enorme teneva nascosta una porticina sempre chiusa: quella della visione inconscia, dell’allucinazione incontrollata, della folgorazione improvvisa.
    Le droghe avrebbero potuta aprirla, ma l’avrebbero anche fatta sbattere alle sue spalle, non appena entrato. In verità, ogni tanto la porticina si apriva, e il bagliore, quella luce soave, filtrava fra i peli della coda del gattone. Ma più che la luce, Janus amava alla follia la musica che, fievolmente, si disperdeva nel salone del Cervello, creando echi e melodie di massima bellezza ed armonia, che lo facevano piangere dalla felicità/tristezza.
    Ma un giorno, un signore oscuro vestito da angelo gli diede una chiave, che entrava nella toppa della porticina e l’apriva, l’apriva verso la luce.
    Janus scoprì cos’era la bellezza, e quanta piacevole dispersione potesse contenere ogni sparuto secondo di insana vaghezza, nel mondo dove nessuno può.
    Vide i suoi vecchi/nuovi amici, compagni di tante inesistenti avventure, che aveva vissuto senza averle veramente vissute.
    Riconobbe all’istante Scarecrow, il vecchio Scarecrow, che se ne stava dritto, invero, in un campo di grano, tristemente felice, guardando i corvi mentre si contendevano un’agonizzante lumaca.
    Janus lo chiamò da lontano, a gran voce, agitando la mano in segno di saluto e Scarecrow alzò la testa, con quel suo cappellaccio nero da becchino, e si illuminò in volto.
    “Avevo perso ogni speranza di vederti – disse – erano anni che ti aspettavo. Adesso posso mettermi finalmente in cammino”.
    Si mosse lentamente verso di lui, mentre i piedi, poco alla volta, uscivano dal terreno, lasciando intravedere le radici sottostanti, il mantello svolazzante.
    Attraversò il campo –dove se ne stava dritto, con grano tutt’intorno, ad imprecare- con passi sempre più decisi, e s’avvicinò a Janus camminando come un trampoliere ubriaco il Giorno di Fiera.
    Janus trattenne a stento una risata, per non offenderlo involontariamente. Notò quanto era alto Scarecrow: quasi due metri, e quanto era fiero il suo sguardo.
    Si incamminarono ridendo e parlando per la via ghiaiosa in mezzo al bosco, con la luce che li accoglieva giocando fra i rami degli alberi, allegre danze di grano e canti di usignoli.
    “Non sono mai stato più vivo di così” confessò Janus, con misurato imbarazzo.
    La via si alzava, diventando leggermente ripida, mentre ora c’era un muro di cinta che la chiudeva ai lati. La freschezza di quel posto e l’odore penetrante del muschio provocarono in Janus una sorta di speranza di morire lì, così, di colpo, in quel posto fatato.
    Arrivarono ad una fontana, che zampillava beata circondata da candidi fiori selvatici. Qui Janus trovò il suo amore. Era l’Ondina che sempre aveva sognato, e mai ammirato con gli occhi.
    L’Ondina lo salutò con uno sguardo ed un inchino grazioso e, volteggiando tra le pozze d’acqua ai piedi della fontana scomparve, forse per effetto di qualche formidabile e beata magia. Rimasero solo candidi petali, che volteggiavano nella brezza, alzandosi ed abbassandosi.
    Janus rimase colpito da tanto fascino e somma armonia. Sapeva che gli era privato parlare o toccare l’Ondina, ma solo il fatto d’averla vista lo riempiva di eccelso gaudio.
    Proseguirono, Janus e Scarecrow, che ogni tanto imprecava, sistemandosi il cappellaccio.
    Era un buffo tipo, ebbe modi di osservare Janus. Ogni tanto fumava sigarette artigianali, che lui chiamava “Paglie”. Uno spaventapasseri di paglia che fumava paglie. Il pensiero lo fece ridere di gusto.
    Arrivarono ad un bivio mentre una strana oscurità iniziava ad avvolgere il Mondo di Janus.
    In verità Janus capì subito che non era un bivio, ma che da quel punto s’intrecciavano innumerevoli strade. Poteva solo intravederle, ma aveva l’impressione che fosse giusto così. Si sarebbe forse disperso in qualche deserto o in qualche abbozzo di mondo disfatto percorrendole? O forse avrebbe solo intrapreso una strada senza ritorno?
    Mentre era assorto in queste elucubrazioni notò una splendida e terribile visione nel cielo: Marte, grande come la luna dei Tropici, e più in là Giove, seguito da Saturno.
    Era come nei suoi reconditi sogni (e difatti lo sorpresero molti Flashback), solo che era da escludersi l’elemento apocalittico che tanto lo angustiava.
    Lesse finalmente il cartello: da una parte vi era indicata la strada da percorrere per arrivare alla città di Marzapane (dove qualcuno aveva scritto, in gesso appena leggibile la parola “carillon”). Si sarebbe trovato nella città dei Soldatini, che si muovevano in festa, sulle note di qualche flauto fatato, in acida, finta parata. Sui marciapiedi ci sarebbero state marionette e pinguini, acclamanti, nella loro felice fragilità, come bicchieri di cristallo posti ai margini di un’autostrada. Avrebbe visto i paperini procedere lenti subito dietro, con sguardi desolati e fissi, sorrisi beati nell’infinità della loro successione inarrestabilmente malinconica.
    Avrebbe poi visto figure come Vampiri, Streghe, Draghi, Rospi parlanti in papillon colorati, totem indiani, cose del genere.
    Un senso di desolazione e sconforto gli ottenebrò la mente. Sapeva che non correva alcun rischio, i Paperini e i Soldatini, come il resto della compagnia, non avevano mai costituito un grosso problema, ma lui voleva di più. Queste erano cose che aveva già visto, magari dentro una Sfera d’ardesia e, oltre ad essere malinconicamente melense, gli provocavano un senso infinito di immobilità, dispersione, vuoto cosmico.
    Per la prima volta in vita sua scoprì come potevano sentirsi i poeti crepuscolari, quelle anime inquiete che si trovavano sulla terra per caso, ed erravano cercando una certezza che mai avrebbero trovato.
    Lesse l’altro cartello: “Radura in fondo al sentiero”.
    Sarebbe stato un bel nome, solo che Janus sapeva cosa voleva dire. Era un’espressione usata in un libro di sua conoscenza, e voleva dire all’incirca quello che i nativi americani chiamavano “I Grandi Territori di Caccia”; in altre parole, la morte.
    Scarecrow gli parlò: “devi scegliere la tua via, ed io sempre ti seguirò”.
    Janus soppesò le parole del fedele Scarecrow, e in quel momento sentì note sporche suonate in lontananza, dapprima veramente lontano, poi sempre più vicino.
    Vide infine un vecchio di colore, seduto su un tronco, con un cappello e una giacca sbiadita dal tempo, lunghi pantaloni neri e scarpe rovinate. Era il Vecchio Bluesman, che strimpellava la chitarra secondo i vecchi dogmi blues, cantando con voce roca e perfettamente africana.
    Janus s’avvicinò al Vecchio, che lo guardò e smise di suonare. Il ragazzo gli si inginocchiò dinnanzi e lo salutò dal profondo del suo cuore.
    Il Bluesman era un uomo burbero, e bofonchiò una frase per farlo alzare. Disse poi una frase che Janus conosceva, ma che al momento non comprese:
    “Se vuoi piangere vai fuori di qua. Qua si ride e basta, clown nelle scatolette che escono di scatto, di notte, con sogghigni satanici e colori sgargianti al chiaro di luna che entra nelle finestre con tendine svolazzanti.”
    Detto questo, si fece dapprima iridescente, poi trasparente, e alla fine svanì nel nulla, lasciando echi lontani di note blues.
    Janus era un po’ turbato dall’incontro, ma era felice di rivedere il suo spirito guida. Scarecrow lo chiamò a sé, indicandogli i due cartelli e domandando al ragazzo quale percorso scegliere.
    Ma Janus era insicuro. Non si sentiva pronto di vedere la città di Marzapane, ne era disgustato, ma provava anche paura nel percorrere quel sentiero che portava alla Radura.
    Si decise di ricordare cosa succedeva nel libro in questione. I personaggi arrivavano in fondo alla radura? Non proprio, si salvavano.
    “Beh, se si salvano loro, perchè non dovrei salvarmi io nel mio mondo?” disse tra sè.
    Scelse infine il secondo cartello, e si mise a camminare senza voltarsi, sapendo che Scarecrow era alle sue spalle e l’avrebbe seguito.
    Il sentiero, dapprima ripido, diventò più dolce e si aprì costeggiando un fiume.
    Mentre viaggiava con Scarecrow, Janus sentiva note blues in lontananza, che si avvicinarono solo quando notò una carcassa di ferro, quasi sommersa dai detriti e dalle erbacce.
    Il Bluesman fece la sua comparsa sopra la lamiera dell’auto, strimpellando le sue perfette note sporche. Janus sapeva che auto era, e sapeva cosa stava a significare.
    Il vecchio parlò, con la sua voce roca e malinconica, dicendo “c’è un Cow-boy che ti aspetta, ragazzo”.
    Janus rispose che lo sapeva, ma che l’aveva perso nel deserto di Sonora, o giù di lì, ma il nero ribattè che non era vero, e gli indicò col dito un punto della prateria, dove un vecchio era seduto supino su un tronco e faceva passare degli spiedini di carne sopra un fuocherello, imprecando ogni tanto. Janus lo riconobbe all’istante.
    Il Bluesman si affrettò ad aggiungere che il Cow-boy non faceva parte di questa storia, e che loro avrebbero dovuto proseguire, ma che Janus avrebbe dovuto ricordarsi di quel vecchio, che lo stava aspettando e che non s’era perduto.
    Il ragazzo e lo Scarecrow proseguirono accostandosi al fiume, seguiti dalle canzoni del vecchio, appena udibili. Una piacque molto a Janus, che si mise a cantarla: “song, song bluuuuues”; un malinconico perfetto blues.
    Mentre scorrevano le ultime note, Janus guardò nel cielo e vide finalmente le tre isole volanti. Quella in mezzo era la Città di Perla, dove viveva Choster e altri uomini sempre più cyborg. Qualcosa stava minando la stabilità di quell’isola, ma Janus non sapeva cosa, e proseguì distogliendo lo sguardo. In futuro l’avrebbe saputo?
    La via (stretta la foglia, lunga la via...) si restringeva nuovamente, e si addentrava in un bosco.
    Le piante erano alte, scure e minacciose, e non filtrava un solo raggio di sole, che pure si apprestava a tramontare. Il ragazzo udiva sibili e rantolii, e una sorta di sensazione che non poteva descrivere, ma che chiamò di “palude”.
    Decise comunque di proseguire, e Scarecrow fu ancora al suo fianco. Le note blues non si sentivano più, forse scomparse, forse annullate da quell’atmosfera.
    Il sentiero proseguì angusto fino ad un tratto, dove si allargava, costeggiato da erba verde smeraldo ed alberi più bassi, che lasciavano filtrare luce in quantità.
    Con il sole basso sull’orizzonte, Janus arrivò ad uno spiazzo di morbido terreno ed erba curata. Era arrivato ad una casetta, molto bella e felice.
    Un’improvvisa paura gli attanagliò il cuore; cercò di scacciarla senza riuscirci. Janus conosceva quel posto, l’aveva già visto. E non era un bel posto.
    Ma la cosa che più lo terrificava era il totem indiano posto all’ingresso, in contrasto con la casa. Sembrava vivo, e il ragazzo non aveva nessun dubbio che lo fosse. Tuttavia fingeva di dormire. Era nero, senza altri colori, con una statuaria testa dai lineamenti forti e un copricapo indiano.
    Janus si decise di avvicinarsi alla porta d’entrata, e quando fu sufficientemente vicino, quella s’aprì, senza lasciare intravedere nulla all’interno.
    Sulla soglia c’era un omettino che non raggiungeva il mezzo metro, con pelle verdognola raggrinzita, occhi catarrosi ma grandi, senza naso, con una tunica che copriva tutto il corpo meno che la testa, che era calva.
    “Hai fatto bene a venire fin quaggiù; qua incontrerai i tuoi demoni e le risposte che cercavi”.
    Mentiva. E Janus lo sapeva. O meglio, sapeva che quell’essere dallo sguardo bieco non gli avrebbe mai mostrato alcune risposte, se le sarebbe dovute guadagnare da solo, ma che gli avrebbe mostrato i demoni, quello sì.
    Il ragazzo si accorse che qualcuno lo teneva per la manica, e si girò verso Scarecrow, che dall’alto lo guardava con occhi supplichevoli da bambino, terrorizzato.
    “Scarecrow, devo proseguire. Mi dispiace” disse il ragazzo, attratto comunque dalla possibilità di trovare le sue risposte, le sue certezze.
    Era come una falena che volava attorno ad un lampione, sperando che fosse il sole, ma che non avrebbe mai trovato la vera luce. E Janus lo sapeva, ma non poteva fermarsi, no, non poteva.
    Fece per entrare sulla soglia, e notò che era seguito dal tremante Scarecrow.
    Buon vecchio amico, pensò. Non voleva che Scarecrow entrasse, ma sapeva che dirglielo avrebbe cambiato poco.
    Ci pensò l’ometto a risparmiargli l’inutile tentativo. Disse a Scarecrow che non poteva entrare, e lo disse in un modo che non ammetteva repliche, vale a dire facendogli esplodere la testa con il solo movimento delle palpebre.
    Con sommo sbigottimento di Janus, che assisteva incredulo alla scena, Scarecrow iniziò a correre ad ampie falcate, disordinatamente, cercando, con le lunghe braccia, di tastarsi la testa, e inciampando ovunque.
    Il ragazzo si girò quindi verso il perfido ometto che distese le secche labbra in un sorriso cordiale e disse che qualcuno avrebbe aiutato il suo amico Scarecrow, e che avrebbe riacquisito la sua testa, ma che –e ne era spiacente- aveva dovuto farlo per evitare grane.
    Di nuovo quella spirale di mezze verità, pensò Janus. Capì tuttavia che qualcuno avrebbe aiutato Scarecrow a riavere la sua testa –e qui l’ometto non mentiva- e questa era l’unica notizia che gli interessava, al momento.
    Entrò quindi nella casa, e qua è inutile soffermarsi troppo. Vide innumerevoli specchi e porte; negli specchi erano segregate creature d’immonda bruttezza e perfidia, nelle porte... beh, non era il caso d’investigare. Il tragitto nella casa fu lunghissimo, ma Janus non si sorprese. Seppur piccola, vista da fuori, dentro era pressoché infinita.
    Si trovò al cospetto di un trono, in un’aula coperta di tessuti dalle diverse tonalità di rosso. Piccole finestrelle lasciavano intravedere la luce lunare.
    Appoggiato su un cuscino, sul trono, c’era una scatolina piccola, multicolore, e qui Janus s’illuse di trovare la sua certezza, che tanto aveva bramato.
    Pensava magari che si fosse aperta, lasciando strani vapori colorati e strane visioni bizzarre e pregevoli, che l’avrebbero ispirato.
    E invece no.
    La scatoletta s’aprì, e ne uscì un clown a molla, che scattò verso il ragazzo ingrandendosi sempre più. La sua espressione di allegra penuria, di maligna e folle gioia terrorizzò il ragazzo come non mai. Aveva capito: si trovava al cospetto del Re della Desolazione. Ricordò le parole del vecchio Bluesman: quanto era stato stupido a non capirle, le aveva scritte lui, in un momento di lucida follia.
    Il clown non poteva muoversi, ma dondolava appena, urlando la sua folle gioia e mostrando le fauci deformate.
    Da sotto i tessuti uscirono burattini e marionette, con allegre espressioni di Vuoto Assoluto, che nascondevano ciò che erano veramente: demoni.
    Un orologio a cucù sentenziò con un buffo richiamo il cambio dell’ora, e riprese a ticchettare come niente fosse.
    E qua arriviamo all’inizio del racconto. Ti ricordi? Prova ad andare a controllare, anzi, ti riporto pure la frase.
    Janus doveva uscire da lì, e doveva farlo al più presto: si stava perdendo.
    Stava pericolosamente correndo sul limite del non ritorno della follia. Anche se era paralizzato, doveva trovare un modo per scappare.
    Ormai non c’era più tempo, non ce l’avrebbe fatta neppure se avesse corso con tutto il fiato che aveva in corpo. Tuttavia un’improvvisa folgorazione, frutto della capacità di sopravvivenza, lo illuminò e, attanagliato dalla follia, da quelle marionette dalle braccia distese verso di lui, che lo stavano per toccare, riuscì a formulare l’ultimo pensiero coerente.
    Che a te, Lettore, può sembrare una pazzia, e lo sembra anche a me e, per ironia della sorte, anche a Janus.
    Egli infatti unì le mani a coppa, se le portò alla bocca e soffiò. Magicamente, senza troppi effetti (come solo nei sogni può succedere, oserei dire) si materializzò un’armonica, che suonò al contatto con le sue labbra.
    Uscì un suono forte, preciso, che si elevò dalle grida disumane e folli dei demoni e del Re.
    Questi indietreggiarono impauriti, con sospiri stupiti, mostrando comunque la stessa piatta ed immobile faccia.
    Continuando a suonare, Janus riuscì ad uscire dalla casa, dove trovò ad aspettarlo il Vecchio Bluesman e lo Scarecrow, con la sua testa, malridotta e senza un occhio, ma perfettamente funzionale.
    Passando per l’uscio, guardò l’ometto che tanto male aveva fatto a lui e allo Scarecrow, si girò verso di lui e suonò una nota alta e potente, che corse per l’aria e per la vastità del mondo, librata dal vento della Vittoria.
    Vide gli occhi dell’ometto sgranarsi sempre più, e la pelle che diventava prima rossa, poi cianotica. Come avrai capito, Amico Lettore, la testa dell’ometto esplose, con suono sordo e liquido.
    Sangue nerastro macchiò i muri della stupenda casa, e l’ometto si accasciò esanime.
    “Sparirai completamente dalla mia mente, mostro!” pensò Janus, ma il pensiero fu talmente potente che risuonò attorno, e lo sentirono tutti.
    Dalla casa, intanto, uscivano rumori terribili, urla disumane e folli.
    Il ragazzo corse verso il sentiero con i suoi due compagni, e vide una scena che s’impresse nella sua mente per sempre, una sorta di cartolina che mai sarebbe stata sciupata.
    Girò la testa, mentre correva suonando, e vide dietro di sé il vecchio che correva, con la chitarra in una mano e l’altra premuta sul cappello, e lo Scarecrow, che procedeva a rapite falcate ancora più dietro, senza un occhio, il mantello svolazzante (come nel campo di grano, dove se ne stava dritto, un cappello intesta, imprecando, fumando paglie e guardando corvi).
    La casa era diventata come di gelatina, si dimenava lentamente in mezzo all’erba, straziata dagli urli dei propri inquilini. Incredibile. Ma non crollò.
    Possiamo sotterrare i nostri demoni, sconfiggerli se volete, ma non cesseranno mai d’esistere, mai.
    Janus smise di suonare, fermandosi per riprendere fiato; erano ormai lontani. Salvi.
    “Non posso più stare qui, come faccio a per tornare indietro?” chiese allo Spirito guida.
    Il vecchio grugnì –in quella che poteva sembrare una risata- e disse: “E’ facile, devi solo svegliarti”.
    Janus colse al volo, stavolta. Abbracciò i suoi due compagni e si svegliò.
    Al risveglio ricordò l’ultima frase che aveva pronunciato il Vecchio, nel suo mondo: “...e ricorda... noi tutti, è vero, si aspetta di svanire, ma si cerca di farlo con... stile.”
    Janus... ma Janus era poi il suo vero nome? tastò l’armonica, sorrise.
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  5. #20
    Surrealismo Esasperato; Autospecchio
    Incredibile quello che mi è successo oggi!
    Ero appena uscito da lavoro e viaggiavo a 60km/h con la mia Ford Escort 1.3 Green del 1989 presso il rettilineo di Zona Industriale, con il finestrino abbassato e il gomito fuori, ascoltando e canticchiando Octopus, pensando a cosa dovevo farne dei cracker andati in malora che avevo nel cruscotto.
    Dovete sapere che verso la fine del rettilineo c'è una curva a 90 gradi, che immette nella discesa che consente di uscire dalla zona industriale.
    Mi accingevo dunque a fare la curva, mancavano circa 100 metri e avevo mollato l'acceleratore, quando vedo che una macchina sbuca dalla curva. Fin qui niente di stano, tranne che...
    Quella macchina era uguale alla mia!!!
    Il mio primo pensiero è stato "Guarda che qualcun'altro ha la escort!", poi mi sono subito accorto che quella era proprio la mia macchina, riconoscibile dal cofano color rosso sbiadito -quasi rosa, dovuto all'intensa esposizione ai raggi solari-, lo spoiler dietro, e la targa che iniziava con BS B 20.
    Preso dal panico, guardo l'abitacolo, e noto che c'è un ragazzo, con i capelli lunghi negli occhi, la maglietta azzurra con le maniche corte, il gomito fuori dal finestrino, che mi guarda visibilmente terrorizzato.
    Quell'attimo è passato in fretta, e stavamo passandoci quando mi giro verso il ragazzo, e noto che anch'esso si gira verso me, con occhi increduli e solchi neri sotto gli occhi provocati dal tocco di dita sporche d'olio industriale.
    Ripensando all'accaduto, ricordo anche di aver sentito le note di Octopus, e la frase "Please Leave us here, close our eyes to the octopus ride!". Scommetto che stava ascoltando una cassetta contenente The Madcap Laughs e alcune di Opel.
    Con sbigottimento, appena passato la curva, mi sono fermato inchiodando e balbettando qualcosa del tipo "Santoddio, non può essere, ti prego, non può essere vero". Dopo pochi istanti sono ripartito, il mio debole raziocinio, l'unica cosa che mi lega alla realtà, mi ha condizionato a tal punto di farmi credere che tutto questo sia stata solo un'allucinazione dovuta alla stanchezza di nove ore alle macchine con temperatura di 34 gradi e di inspirazione di solventi pericolosi.
    Ma io so che non è così. Non può essere...

    Scritto il 16/06/2005
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  6. #21
    el Bunkyo L'avatar di Bunky
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    Citazione Lord Skop's
    Penso di non essere più presente su questo antro popolato da Gnomi ed Elfi.

    No, Skop, proprio ora che ero ospite fisso sul tuo Topoc!
    Surrealismo Esasperato; Autospecchio: sembra l'inizio di un libro di King!

  7. #22
    Fiffo, tropicali e ancestrali novelle
    Fiffo era un corsaro, abituato com’era ad andare di corsa. Veniva chiamato dai Castori del villaggio Mormone di Pencyl “Sir Gustav Tergonosky”.
    Viaggiava con aria trasognante per l’Oceano Pacifico, fino alle Salomon Islands. Formidabile la sua figuraccia di fronte al capo Bantù; disse infatti “Tu no portare Galatine? HE-HE-He-HEEEE”.
    Venne circonciso.
    Un tenebroso pomeriggio, nell’uggiosa città di Melbourne, nel cupo anno 1845, Fiffo, aka Sir Gustav Tergonosky, stava sorseggiando del tè nella Taverna della Spugna ascoltando “Wild Life” da un giradischi di età preromanica, quando scoprì cosa fosse, veramente, l’amore. Si invaghì, infatti di un bel cameriere, alto, prestante, e Duffy Duck.
    Si chiamava Ethan Hunt, e ne abbiamo già parlato.
    Logicamente, essendo un corsaro, Fiffo faceva tutto di corsa. Il tempo di presentarsi e già se lo stava sbattendo con foga nel retro della taverna, dove c’erano televisioni multicolor in disuso e strane rappresentazioni rupestri raffiguranti Mvesim nell’atto di trasnudare su Plutone.
    Dopo questo rapporto 18 marce shymano, un rapporto Amadori 10+, Fiffo partì senza proferir parola, ed Ethan Hunt, straziato dal pensiero di non poter più vedere il suo amato, si suicidò saldandosi il culo con una saldatrice elettrica.
    Nell’anno 1860, alla corte di Lord Percival Of Hesselink, Fiffo si convertì al Necrocabarettismo.
    Gli adepti di questa terribile società di stampo massonico vengono tuttora annoverati nelle canzoni di Mondomarcio.
    Lo scopo di questa pseudoreligione era quello di partecipare a più funerali nella contea di Hobbiville.
    Nell’anno 1864 Fiffo stabilì un record strabiliante: partecipò a 286 funerali, di cui:
    -140 di uomini
    -130 di donne
    -13 di animali
    -2 di Spaventapasseri
    -1: il suo.
    Analizziamo il suo stile con preziose chicche annoverate nientepopodimeno da Churchill in persona:
    “Una volta Fiffo si presentò al funerale di mia moglie in boxer a pois e con una parrucca da senatore francese; mi ignorò, mentre cercò di istaurare un dialogo con mia moglie, continuando a proporle offerte oltremodo scabre.
    Un’altra volta Fiffo si presentò al funerale del contadino Shon Lee travestito da Ezio Greggio del drive in, facendo ironia e donando il giubbotto di pelle alla figlia con gesti teatrali.
    Fiffo si presentò al funerale di Drogo Baggins fischiettando motivetti Vaudeville, sculettando, e fingendo di guidare un battello a vapore; si dice che, in quei minuti, il mondo divenne bianco e nero, la sirena del battello suonava e Fiffo assomigliava incredibilmente ad un personaggio inventato nel novecento da un altro massonico.”
    Salvador Dalì descrisse con dovizia altre comparse di Fiffo in funerali di persone note:
    “Quando morì il conte Brandovino di Persia, Fiffo si presentò vestito come il conte stesso, imitandolo correttamente; tutti i presenti, stupiti, scapparono e si accoppiarono dietro alle lapidi coi morti della guerra di secessione.
    Durante il funerale di Don Abbondio Dei Promessi Sposi, Fiffo donò una sedia di cristallo ad ognuno e, sedutisi tutti, li teletrasportò su Mercurio seduta stante.”
    Ma la vicenda che rese noto Fiffo pure nelle regioni del Beleriand Settentrionale, dove vivevano gli Elfi Grigi esuli di Kor Tirion, fu quando inscenò la sua morte.
    Gli scritti sono assai discordanti, molti arricchiti di orpellaggini degne di un Roccocò Siffredi qualunque.
    Ad ogni modo la versione basilare è rimasta intatta.
    Fiffo, mentre stava per essere sepolto tra le maledizioni degli Hobbit e le imprecazioni edulcorate del sensibile Legolas Verdefoglia, prese in mano un microfono che nessuno aveva potuto notare collegato con un amplificatore con distorsore ad otto (dopo pensava di suonare Interstellar Overdrive) e, da dentro la bara, iniziò a parlare in modo che tutti lo potessero sentire. Terrorizzati gli hobbit con presagi nefasti, cercò di ottenere una fanciulla vergine, che avrebbe trovato il giorno dopo sotto le fronde di un Salice Morente.
    Tuttavia le cose non andarono per il meglio. Oltre al fatto che non suonò Interstellar Overdrive (si era infatti dimenticato la chitarra elettrica... ma nell’800 esistevano le chitarre elettriche? E Interstellar Overdrive?), un tale di nome DiavoloStrego, un mesto individuo, necrofilo coprofago e fonografo (grazie a Thomas Alva Edison) spifferò tutto in una riunione condominiale (dove peraltro l’ordine del giorno era quello di sostituire la lucetta del piano 6 sull’ascensore che si era irrimediabilmente bruciata dopo 18 anni di servizio).
    Il giorno dopo gli Hobbit, specialmente il defunto Drogo Baggins (nel frattempo risorto, era infatti passato Ezio Greggio), gli fecero trovare una vergine... nel senso di una ghigliottina vergine... nel senso che non era ancora stata bagnata dal sangue, nel senso che non aveva ancora ghigliottinato nessuno.
    Mentre Fiffo veniva ghigliottinato pronunziò le seguenti parole, entrate nella storia di Orsopolis quali verità e luce divina:
    “Ma perchè cazzo le donne non vogliono scopare durante le mestruazioni? Ed io che amo l’odore del mestruo!”
    Fiffo risorse due anni dopo, ma morì dopo pochi secondi stroncato da una badilata di merda gettatagli per errore da Beavis & ButtHead.

    Nota finale:il fatto che nel testo non abbia riportato droga o citazioni di droga non significa che mi sto rincoglionendo o che mi sto innamorando di una diciassettenne, ma solo che Fiffo mi avrebbe etichettato come Etiope Psicoattivo di turno(dalle sei alle due per favore).
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  8. #23
    Broseph L'avatar di GFSan
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    ah ahaha ahaha ahaha ahahaha ahah ma basta con MondomarZio, basta fra', bastaaaa!!
    Un’altra volta Fiffo si presentò al funerale del contadino Shon Lee travestito da Ezio Greggio del drive in
    Dio mio che immagine
    Il topic è a rischio censura (citaz.)

  9. #24
    kappa-umano L'avatar di fiffo
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    Citazione Lord Skop's
    Fiffo, tropicali e ancestrali novelle
    non so che dire,davvero, se non "Autocarro Imbizzarrito all'Amarena".

    Citazione Lord Skop's
    Surrealismo Esasperato; Autospecchio
    ma la tua escort non era rossa? E comunque senti: quel porco sulla Escort era contromano! Ma lui aveva l'olio sotto gli occhi, tu lo avevi? Hai provato a darti un pizzicotto? Ah no, eri in macchina. Hai provato a darti un pizzicotto in macchina?
    Se noi dovessimo agire in stretto accordo con la ragione, dovremmo negare la nostra stessa esistenza. Il fatto che Voltaire, il quale deificò la ragione, abbia goduto di una vita lunga e felice, mostra come gli esseri umani si trovino ad uno stadio d'evoluzione inferiore a quello dei kappa.
    - Mag, Kappa filosofo

  10. #25
    Surrealismo Esasperato; Incuboteca
    Scrivo su questo diario virtuale i miei ricordi mentre sono ancora temporaneamente sano di mente. Tutto ciò che ho scritto corrisponde alla verità.
    Sabato 1 luglio, mentre camminavo per le stradine del mio paese fischiettando July Morning degli Uriah Heep, ho incontrato un mio ex-compagno di scuola che non vedevo da tempo.
    Dato che stavo andando in biblioteca a restituire un libro (Orientamento Allotropico dei materiali ferromagnetici, 276 pagine) e dato che il mio amico non aveva niente da fare (il sabato è così, si gira per il paese sperando che qualche Donna Fantastica ti urti inconsapevolmente o anche consapevolmente), decidiamo di andarci assieme.
    Giunti in biblioteca, restituisco il libro e ne prendiamo uno a testa (io ho preso “L’evoluzione delle Locuste Arboricole secondo Darwin”, il mio amico “Le fasi endotermiche di un motore alternativo a combustione interna ad accensione comandata”) e ci sediamo sui banchetti a leggere e commentare burlescamente;
    “Oh, ma lo sai che le locuste arboricole californiane discendono non da quelle messicane, bensì da quelle australiane?”
    “Beh, in Messico non ho mai visto locuste che surfano, in California e in Australia sì!
    Tu lo sai che nella combustione si sviluppa una notevole quantità di gas che, espandendosi , esercita una forte pressione sul pistone?”
    “Non dirlo a me... quando mia nonna mi condisce i fagioli sviluppo uno strabiliante quantitativo di gas, che si espande dentro i miei pantaloni come nella sigla di Lupin!”
    Mentre commentiamo edulcoratamente i temi trattati dai rispettivi libri, mi cade l’occhio su un banco poco davanti, alla nostra destra. Vedo seduta una ragazza, una di quelle che hanno l’orribile mania di mettersi le magliettine che lasciano trasparire la pancia e i pantaloni a vita bassa. Dato che non era propriamente una “silhouette”, l’attrito tra i pantaloni e il corpo aveva fatto scendere le mutande; le si vedevano quindi cinque centimetri di culone.
    Io, che sono un bigotto e moralista cristiano e accuso un buon due terzi di donne di stregoneria, decido di richiamare teneramente l’attenzione del mio amico dandogli una dolce e affettuosa gomitata all’altezza della scapola, e gli faccio vedere quel culone vernacolare.
    Iniziamo a sogghignare sardonicamente, secondo la maniera dei Sardi “ghghfghgh”.
    Dopo soli cinque secondi, la ragazza in questione (c’era solo lei, oltre a noi), si gira, o meglio... succede una cosa asetticamente surreale ed incredibile: ruota, infatti la testa di trecentosessanta gradi come nel film dell’Esorcista, e dice “iO vEdO TuTTooooo” come in un noto film Disney.
    Io rimango esterrefatto e reprimo un’ improvvisa voglia di vomitare. Con buchi neri davanti agli occhi, mi giro verso il mio amico per vedere se anche lui vedeva queste cose, o se erano l’effetto di un elevato quantitativo di soltene respirato in fabbrica di venerdì.
    E qui capita un’altra cosa che ha dell’incredibile e verrà catalogata per sempre nella mia memoria come “mirabolante/Mirabilandia”.
    Il mio amico, nel momento in cui mi giro, assume una forma non ben distinta, qualcosa come bolle di sapone sparate contro la luce di un proiettore e viste sotto l’effetto dell’LSD.
    I colori, o meglio, la percezione dei colori, viene capovolta; si vede quindi in bianco e nero.
    Inizio a sentire una musichetta e vedo il mio amico che sta riprendendo forma: è un qualcosa di stilizzato, bidimensionale... agita il culetto seguendo il ritmo della canzone e fischia, mentre strane cose color nero, a forme di note musicali, gli escono dalla bocca bidimensionale.
    Cerco di ritrovar senno guardandomi attorno nella biblioteca, cercando l’ambiente familiare, ma vedo solo scaffali di freddo metallo d’oriente che mi fissano con espressioni avidamente maligne.
    Mi rigiro verso il mio amico, o quel che è diventato, e noto che la biblioteca non esiste più: sono su un battello da carbone, antico, stilizzato e in bianco e nero, e vedo di nuovo il mio amico, col cappello da capitano, fischiettare e sculettare a tempo di ragtime nella cabina da capitano.
    Avete capito? Proprio come nell’antico film di quel massone là... esatto, proprio quello...
    Terrorizzato cerco di sfuggire da questa realtà deforme e frastagliata; la mia mente sta cedendo.
    Pochi attimi e...
    Mi sveglio... sono nel mio letto, madido di sudore. E’ stato un sogno? Certo che no.
    Ragazzi, credetemi, vi spergiuro, pure su Pippo Franco, Ezio Greggio del Drive In e Mondomarcio, pure sulla Salvia Divinorum e su Peter Venkman che non si è trattato di un sogno.
    La prova? Avevo sul comodino un libro, dal titolo “L’evoluzione delle Locuste Arboricole secondo Darwin” e nel letto, in parte a me, c’era una ragazza –non proprio una silhouette– che ronfava beatamente, con la sua magliettina a vita bassa e i pantaloni stretti, o viceversa.
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  11. #26
    Broseph L'avatar di GFSan
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    Avete capito? Proprio come nell’antico film di quel massone là... esatto, proprio quello...
    Steambot Willie... Ma Disney era un massone?
    Il topic è a rischio censura (citaz.)

  12. #27
    kappa-umano L'avatar di fiffo
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    Citazione Lord Skop's
    Surrealismo Esasperato; Incuboteca
    mi fissano con espressioni avidamente maligne.
    cupidigia.


    appena ho letto quella frase mi è venuta in mente sta parola, non ho idea del perché, aveva uno sfondo negro.

    Bella Pagina di Diario, ma se è tutto vero devo consegnarti alle autorità.
    Se noi dovessimo agire in stretto accordo con la ragione, dovremmo negare la nostra stessa esistenza. Il fatto che Voltaire, il quale deificò la ragione, abbia goduto di una vita lunga e felice, mostra come gli esseri umani si trovino ad uno stadio d'evoluzione inferiore a quello dei kappa.
    - Mag, Kappa filosofo

  13. #28
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    Citazione GFSan
    Steambot Willie... Ma Disney era un massone?
    sì, ma non vedo simboli assonici in steambot willie

    ringrazio diavolostrego per avermi dato la possibilità di leggere comodamente tutto il prodotto e il fatturato dello skop's.
    tempo 3 gionri e leggo quelli che ho saltato e rileggo quelli che ho già letto.
    non aspettarti un commmento, però. sono davvero tanti, e su ognuno avrei così tante cose da dire che dovrei mettermi con un registratore e commentare via via che leggo.


  14. #29
    Citazione Bunky
    Surrealismo Esasperato; Autospecchio: sembra l'inizio di un libro di King!
    haahahahah un "Incontro ravvicinato del Terzo Tipo"
    'Inchia ma se era brutto quel ragazzo!
    ah ahaha ahaha ahaha ahahaha ahah ma basta con MondomarZio, basta fra', bastaaaa!!
    No, ti giuro una cosa: ogni tanto ci penso, cazzo, penso a lui, penso "Ma come diavolo fa un "simpatichino Tascabile" come lui a diventare una celebrità e un idolo. Oggettivamente c'è gente che scrive certamente meglio di lui, e canta anche. Io non so cantare ma certamente scrivo meglio di lui. Perchè lui è diventato così un idolo? Come gira il mondo? Eppoi è più giovane di me, quello "Scarabeo del Wisconsis"... ZIAO ZRIESTE!"
    Citazione fiffo
    ma la tua escort non era rossa?
    certo, l'ho scritto. Solo che è talmente vecchia (è due anni più vecchia di te) che si è sbiadita un po' tutta, specialmente il cofano, generando un dannato color rossorosa.
    Citazione fiffo
    Hai provato a darti un pizzicotto in macchina?
    Giuro che quest'idea mi è venuta veramente mentre guidavo sul rettilineo di zona industriale... mi sono detto... "E se adesso uscisse uno Skop's tale e quale a me ma in direzione inversa, ognuno con la propria coscenza?" Ho pure sogghignando. E stavo ascoltando veramente Octopus.
    Citazione GFStrego
    Steambot Willie... Ma Disney era un massone?
    Dicono di sì e quindi, per mantenere sveglia l'attenzione del Lettore, ho omesso il nome ma ho messo "quel massone".
    Comunque quest'"Incuboteca" è tremenda. E' piana, fitta fitta di citazioni senza nesso, un "flusso di ricordi sparuti". C'è pure la citazione a Toy Story, gli Uriah Heep (prima apparizione assoluta in un mio scritto), Lupin, la droga... tutto, c'è Tutto.
    La cosa che amo di più di questo racconto sono i titoli dei libri... quando li ho scritti mi son detto "Magggggggnetico" (con pronuncia tedesca)
    Anche il pezzo in cui sfottiamo i libri... ho pure copiato una frase pari pari dalla mia tesina!
    Citazione Sir Gustav Tergonosky
    appena ho letto quella frase mi è venuta in mente sta parola, non ho idea del perché, aveva uno sfondo negro.
    Come la carta Magic... ma bisogna essere gay forte per perdere 2 punti vita per pescarwe una carta, che magari ti capita l'ennesima dannata Bruma che non serve a un cazzo!
    Bella Pagina di Diario, ma se è tutto vero devo consegnarti alle autorità.
    sei autorizzato.
    Citazione Ethan Unto
    sì, ma non vedo simboli assonici in steambot willie
    Si ma non ho scritto che ci sono, tanto meno li ho riportati...
    ringrazio diavolostrego per avermi dato la possibilità di leggere comodamente tutto il prodotto e il fatturato dello skop's.
    Lo devi ringraziare in natura! Misty Mountain Hop!
    non aspettarti un commmento, però. sono davvero tanti, e su ognuno avrei così tante cose da dire che dovrei mettermi con un registratore e commentare via via che leggo.
    Lo so, però dopo averli letti, non venire qua dicendo "terrone!", ma almeno scrivi qualcosina, magari le cose che ti hanno colpito di più, tipo quando ti ho tirato un mattone in testa.
    E già che ci sei, cambia sesso che ti "commento" io!
    La pazzia dilagherà... un giorno...

  15. #30
    el Bunkyo L'avatar di Bunky
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    Citazione Lord Skop's
    haahahahah un "Incontro ravvicinato del Terzo Tipo"
    'Inchia ma se era brutto quel ragazzo!
    Ma quello non era si Spielberg?!

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