Le Recensioni di GamesRadar - Pag 6
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Visualizzazione risultati da 76 a 90 di 94

Discussione: Le Recensioni di GamesRadar

Cambio titolo
  1. #76
    Kelvan
    Ospite
    Britney Spears - Blackout
    Pop
    2007





    1. Gimme More
    2. Piece of Me
    3. Radar
    4. Break the Ice
    5. Heaven on Earth
    6. Get Naked (I Got a Plan)
    7. Freakshow
    8. Toy Soldier
    9. Hot as Ice
    10. Ooh Ooh Baby
    11. Perfect Lover
    12. Why Should I be Sad

    Oramai è dal lontano 2003 che la reginetta del pop, Britney Spears, è decisamente scomparsa dalla scena musicale, causa matrimonio (iniziato e fallito), nascita dei suoi due figli, più i mille problemi psicologici causati dai mass media, paparazzi e tutto ciò che il gossip continua a dipingerle addosso. Ma dopo ben quattro anni "The legendary miss Britney Spears" [cit. by Danja] ha finalmente effettuato il suo comeback, dapprima con il singolo scritto da Danja e Keri Hilson, "Gimme More" e poi con l'uscita del suo ultimo album, "Blackout".

    Nonostante la canzone "Gimme More" ebbe un effetto molto positivo sia per i fan che per gli amanti del genere, Britney non è riuscita a sfruttare al massimo questa occasione per fare un comeback alla grande, da vera regina del pop. Infatti dopo l'uscita in radio del singolo, Britney ha regalato la sua performance più brutta ai VMA 2007 (causa tanti retroscena), e poi causa mancanza di tempo ha preferito lanciare una versione del video musicale più "classica" anzichè quella più stilosa ancora in produzione, che, purtroppo, non ha riscosso molto successo.
    Dopo questi due buchi nell'acqua oramai chiunque la dava spacciata anche con l'uscita dell'album. Ma così non è stato.

    In effetti l'album "Blackout" è riuscito a far ritornare Britney Spears alla grande nella scena musicale. L'album è stato composto maggiormente da Danja (Gimme More) e Bloodshi & Avant (Toxic), ma si posson anche trovare varie canzoni scritte da Pharrel Williams, T Pain o persino da Britney stessa. A differenza degli altri album precedenti, in questo ultimo disco, Britney ci mostra un suo sound totalmente nuovo, niente più "pop" da canzoncine idiote, niente più ballate ultra sentimentali, niente più Hip-Hop già sentito e risentito. Infatti questa volta il sound delle sue canzoni è molto più ritmato, elettronico, vivo. Gli stili utilizzati nelle varie songs son molti, a cominciare da un rock elettronico, a delle rappate di "Freakshow" e "Toy Soldier", a dei ritmi esotici come "Ooh Ooh Baby" fino a delle canzoni lente/ritmate come "Perfect Lover" o "Why Should I be Sad". Quanto alla tracklist, si può benissimo dire che questa volta Britney ha creato un album totalmente personale e critico contro tutto ciò che le sta accadendo in questo periodo, a cominciare con frecciate contro l'ex marito in canzoni come "Toy Soldier" dove dice chiaramanete che vuole un vero uomo che si prenda cura di lei e che si è stancata dei soldatini a giocattolo "It's time that I need a soldier, a really bad ass soldier ... I'm sick of Toy Soldier ... I'm glad that it's over".

    Altra canzone decisamente personale, nonchè critica contro il gossip è "Piece of Me", il vero capolavoro di questo CD, nel quale testo lei con aria critica esprime il ruolo che la stampa le ha affibbiato addosso. Ma oltre alle varie canzoni critiche ci son anche dei tributi ai fan, come la fantastica "Break the Ice", successo commerciale assicurato, o "Hot as Ice".

    In conclusione si può certo dire che "Blackout" è senza alcun dubbio la migliore opera che Britney Spears abbia realizzato. CD composto da una tracklist dove nessuna canzone è fuoriposto o eccessivamente più brutta rispetto le altre. Perciò si potrebbe benissimo affermare che, chiunque credeva Britney Spears come una cantante ormai fallita e spacciata si sbagliava, perchè Blackout ne è la prova del contrario nonchè primo grande passo per il suo grande ritorno


  2. #77
    Kelvan
    Ospite
    Oceansize - Frames
    Post Rock
    2007






    1. Commemorative 9/11 T-Shirt
    2. Unfamiliar
    3. Trail of Fire
    4. Savant
    5. Only Twin
    6. An Old Friend of the Christies
    7. Sleeping Dogs and Dead Lions
    8. The Frame

    Mike Vennart - voce, chitarra
    Gambler - chitarra
    Steve Durose - chitarra, cori
    Steve Hodson - basso
    Mark Heron - batteria



    Non a caso siamo soliti raccontarci di come la calma sia la virtù dei forti, di come sia il saggio quello che sa di non sapere. Della quiete che, alle volte, precede la tempesta.
    E’ così. Tanto tempo prima che dalle note iniziali del giro di chitarra si possano intuire le costruzioni e le sequenze, le intenzioni di un brano che nell’insieme non sarà poi quel gran manifesto di architettura, ma di atmosfera e sensazioni. Un’ipnosi figlia di una musica dai toni forse rauchi, forse suadenti, di una musica che evita di scuoterci dal dormiveglia che lei stessa ci infonde, anche quando subentrano parti o strumenti che concorrono a formarla. Un’ipnosi figlia del tempo che non scorre, ma soprattutto dell’effetto che tutto questo crea.
    L’idea quindi di un sonno comodo, appagato e sicuro per chi si scopre edonista nell’essere testimone del movimento in quanto mescolanza delle fonti e dell’evoluzione che libera e rompe con i vecchi retaggi. La morte del genere nell’evoluzione del genere. Colpisce il pensiero del gruppo, il generoso contributo che si sentono di offrirci in un dinamismo tanto post-rock nella sostanza quanto progressivo nella forma e moderno nello spirito: l’intenzione di chi cerca nel progressive, o comunque nella sua influenza, un alibi per progredire, appunto, e non una sterile occasione per guardarsi indietro fra nostalgia e narcisismo.
    Inglesissimi nei modi di fare, si sente sempre con chiarezza, più che nella musica, nel timbro vocale - grande, enorme punto a favore di questa formazione. E, al di là delle radici e dei richiami (Coldplay, perchè no, ma anche i nostri connazionali Klimt1918 a tratti), un cantato che trova ampie possibilità di espressione nel carattere musicale del gruppo, in un costume tipicamente post fatto di chitarra dal gusto etereo e batteria offensiva, sempre e comunque in prima linea.
    Forse, l’affascinante contraddizione del genere che vede il particolare annullarsi e diventare poco a poco l’esatto contrario del generale, del risultato e prodotto finali; i 7 colori dell’iride che finiscono col dissolversi e diventare un’unica, forte identità una volta messi in circolo. In ogni momento sappiamo cogliere i tratti cromatici dei vari musicisti, le forti impronte individuali che si creano e sembrano mostrarci con orgoglio, caratteristiche spesso dissonanti fra loro almeno su carta; ma è come se, allargando il punto di vista e facendo attenzione a non prestare attenzione, tutto finisca con l’assumere un aspetto così evidente, chiaro, quasi non potesse essere stato altrimenti.
    Col senno di poi non dobbiamo quindi stupirci se in “Savant”, fra il turbinìo percussivo intelligentemente dosato a livello di dinamiche e il canto sussurrato della chitarra melodica, tra le parole sofferte e filtrate della voce e quella scelta metrica inusuale ma coinvolgente, se fra tutto questo, insomma, la sensazione che ne esca sia proprio quella di tranquillità e di piacere, puro e senza compromessi. Da una parte il bello in quanto bello delle linee vocali, dall’altra la dimostrazione di come gli opposti (in questo caso la frenesia ritmica, che a senso sarebbe più adatta ad altri momenti) siano capaci di attrarsi in maniera sconcertante.
    E fra i tanti esperimenti più che altro dominati dalla melodia (dominati perché si concedono di essere ricordati anche a distanza dei primi ascolti superficiali), fa godere inizialmente lo spazio che si sono voluti ritagliare verso la fine del disco, omaggiando forse le ritmiche serrate dei brutali Meshuggah senza comunque rinunciare a proseguire il discorso mai lasciato a metà del personale a cavallo delle citazioni. Ma è forse proprio quest’arma a doppio taglio della “influenza mista all’impronta personale” che con “Sleeping Dogs and Dead Lions” mostra uno dei suoi effetti collaterali più rischiosi, il tallone d’Achille più d’Achille di tutti i talloni del progressive: il rigetto. L’incongruenza a livello di significato fra i vari momenti del brano, la forzatura di certe scelte in favore di un disegno che alla fine saremmo curiosi di vedere come potrebbe essere stato altrimenti, la conseguenza non logica di quello che segue.
    Segue invece il finale del disco: analogie con l’inizio almeno a livello di intenzione, di coinvolgimento e smarrimento nell’ascolto grazie alla pacatezza delle note nel loro procedere. Anche se qui la calma assume un aspetto ancora più intimo e gentile, epico nell’apertura della voce e nella lunghezza del ciclo melodico, fresco nella caratteristica voglia di riempire gli spazi lasciati vuoti dalla lentezza del click.
    Non a caso la calma come virtù di una forza non fisica, ma emozionale; non a caso la calma come consapevolezza dei propri limiti e la forza come conoscenza.

    Ultima modifica di Kelvan; 4-12-2007 alle 12:11:49

  3. #78
    Kelvan
    Ospite
    Breaking Benjamin - Phobia
    Post Grunge
    2006






    Dopo il pessimo esordio con Saturate (2002) e il trascurabile We Are Not Alone (2004), tornano i Breaking Benjamin con un album che sicuramente allontana alcuni dei vecchi fan (se ce n’erano) per acquistarne di nuovi e meritati.
    Questa band post-grunge statunitense sforna un album carismatico, dove ogni traccia è riconoscibilissima dalle primissime note, escludendo Topless che guarda caso è stata scritta prima dell’album d’esordio. Il singolo “The Diary of Jane” risulta potente e melodico al punto giusto e risulta la canzone più riuscita dell’intero album assieme a “Breath” che è stata scelta come secondo singolo. Le altre tracce scorrono via facilmente, senza grossi intoppi, anzi alcune di esse come “Here We Are” risultano parecchio evocative. Le linee della chitarra risultano particolarmente azzeccate, dalle distorsioni alle parti più acustiche.
    Da segnalare inoltre l’elettronica e perfettamente riuscita “You Fight Me”, stranamente no proposta come terzo singolo.
    Si tratta di un album che non fa gridare al capolavoro, ma che certamente consacra i Breaking Benjamin come una delle band emergenti più interessanti assieme agli Alter Bridge, rispetto ai quali risultano meno bravi tecnicamente (live non sono proprio perfetti) ma con le stesse potenzialità, bravura nella creazioni di parti melodiche e più aggressive, figlie del metal.

    Una band insomma da prendere in considerazione, in attesa del prossimo album che già in molti attendono con trepidazione!


  4. #79
    Kelvan
    Ospite
    R.E.M.- Accelerate
    Rock
    2008




    1. Living Well Is the Best Revenge
    2. Man-Sized Wreath
    3. Supernatural Superserious
    4. Hollow Man
    5. Houston
    6. Accelerate
    7. Until the Day Is Done
    8. Mr. Richards
    9. Sing for the Submarine
    10. Horse to Water
    11. I'm Gonna DJ
    Formazione:
    • Michael Stipe(cantante)
    • Peter Buck (chitarrista)
    • Michael Edward Mills (bassista)

    L'ultima fatica di Michael Stipe e del suo gruppo, l'album Accelerate, uscito il 28 Marzo in Europa, si presenta, prima di tutto, in un deciso passo indietro rispetto al precedente lavoro, quell'Around the Sun che non aveva convinto fan e critica a causa della sua eccessiva melodicità e lentezza. Sin dal primo singolo estratto, Supernatural Superserious, e dalle recenti interviste agi artisti, si capiva la loro decisa voglia di tornare a suonare un rock puro.
    Già il titolo da solo basta a spiegare questo cambiamento: "Accelerate" rappresenta chiaramente la voglia di ricominciare, ripartire, spingersi oltre, sia come artista che, metaforicamente, come uomo. Il cambiamento avvenuto assomiglia, per entità e caratteristiche, a quello che hanno subito gli U2 nel passaggio da All that you can't leave behind a Vertigo.
    Nonostante le premesse, non si può che rimanere confusi dal primo ascolto: le emozioni di Nightswimming o Dayslipper sono scomparse, le melodie di Imitation of Life e Man on the Moon pure.
    Ma è dal terzo-quarto ascolto che le cose cominciano a cambiare. Finalmente capirete lo spirito dell'album, entrerete emotivamente dentro di esso e inizierete ad "accelerare" anche voi assieme a Michael.
    Presto, vi ritroverete a canticchiare continuamente almeno quattro-cinque canzoni, e riascolterete il CD svariate volte, prima di sentirvi, musicalmente, sazi.
    Le canzoni che, personalmente, mi sono piaciute maggiormente, vuoi per la loro vena rock o per le emozioni che suscitano, sono Living Well is the Best Revenge, Hollow Man, Accelerate, Horse to Water e I'm Gonna DJ, senza contare Supernatural Superserious. Ma anche le altre, magari più particolari, hanno il loro fascino: Sing for the Submarine, infatti, pur essendo quasi una cantilena in alcuni punti, risulta orecchiabile e piacevole; stessa cosa per Mr.Richards.
    Houston (canzone che credo si riferisca a temi politici) e Until the Day is Done sono le più melodiche del gruppo, assieme alla già citata Hollow Man (che parte piano ma, in realtà, "accelera", manco a farlo apposta).
    Man-sized Wreath, invece, non mi è ancora entrata in testa, non mi prende come le altre, ma è assolutamente orecchiabile.
    Unico difetto, una durata troppo breve: "solo" 11 canzoni, per 34 minuti di ascolto. Si poteva fare di più, ma meglio avere poche canzoni ma tutte belle piuttosto che il contrario.

    Consiglio l'acquisto del CD ad ogni fan dei R.E.M. che si consideri tale, e, allo stesso tempo, ad ogni amante del rock in ogni sua forma, seppure in quella leggermente alternativa caratteristica dei R.E.M.. Un CD che ha bisogno di tempo e pazienza per essere ascoltato e capito, ma che regala emozioni e una certa "leggerezza", dovuta alla sensazione di "accelerazione", agli ascoltatori.


  5. #80
    Kelvan
    Ospite
    Keep Of Kalessin – Armada
    Epic Black Metal
    2006





    01. Surface (Intro)
    02. Crown Of The Kings
    03. The Black Uncharted
    04. Vengeance Rising
    05. Many Are We
    06. Winged Watcher
    07. Into The Fire
    08. Deluge (Strumentale)
    09. The Wealth Of Darkness
    10. Armada

    Thebon - voce
    A.O "Obsidian Claw" Gronbech - chitarre, synth, cori
    Vegard "Vyl" Larsen - batteria
    Wizziac – basso


    Dopo tre anni dall’ultimo EP concluso con lo scioglimento di tutta la band, ecco che il nostro Obsidian (da sempre leader dei Keep Of Kalessin) riesce a far risorgere la band.
    Viene quindi richiamato l’ex batterista Vyl e giungono un nuovo bassista (Wizziac) e un nuovo cantante, dai Sublitirum: Thebon. Scelta di Obsidian inizialmente ritenuta discutibile (si sperava sul richiamo dell’ex cantante Ghash, di maggiore esperienza), ma che poi si rivelerà azzeccata per il nuovo stile epico della band.
    Armada è il primo album di una trilogia ideata da Obsidian Claw e l’aiuto-songwriter Torstein Parelius, trilogia che vedrà album che definiranno una volta per tutte l’idea di Epic Black Metal.
    Ma veniamo all’album.
    Tutto inizia con una apparentemente tranquilla Surface, intro in crescendo comprendente solo leggeri riff insistenti di chitarre, con un pathos di sommesse percussioni non veloci, ma che trasmettono già il preludio di ciò che verrà: la guerra.
    Infatti ecco che quando il crescendo dell’intro giunge al culmine, esplode in tutta la sua potenza la devastante Crown Of The Kings, a mio parere la traccia meglio riuscita di tutto l’album. Parte subito con un martellante doppio pedale di batteria a velocità folle, con riff di chitarre altrettanto veloci e relativamente tecnici, che poi si trasformano nella melodia che diventa il tema della song. Breve pausa e ecco che inizia il lavoro di Thebon: canto in un continuo miscelare tra growl e scream perfettamente riuscito, per poi giungere al ritornello in un cantato più vicino a un urlo di battaglia che a uno scream metal. Il gran finale è qualcosa di eccezionale: Thebon si esibisce in una strofa dall’epicità devastante mai provata prima nello scenario musicale concludendo con un potente urlo e batteria e chitarre riffeggianti il main theme della song, giungendo a una chiusura semplicemente devastante.
    Dopo tutto questo l’ascoltatore, provato, è sottoposto all’ennesima ardua prova: Black Uncharted. Anch’essa inizia subito con ritmi sfrenati, sebbene la batteria abbia un carattere più vario e i riff più tecnici. La voce di Thebon è sempre irata, ma i ritornelli sono realizzati con un maggiore sfruttamento di clean vocals (da sfondo ai soliti growl e scream). Bello l’intermezzo di chitarre classiche. Nel finale i riff diventano sempre più folli per sfociare in un assolo eccezionale e epico del chitarrista. Bellissima la chiusura.

    Dopo l’estasi delle prime tracce, si prende un attimo il fiato con Vengeance Rising, traccia che inizia in crescendo per poi continuare su un ritmo uniforme ma maledettamente veloce di chitarre, basso e doppio pedale di batteria. La voce di Thebon è qui aiutata da un azzeccato effetto eco, fino all’inizio delle strofe vere e proprie, prima in scream, poi in growl. Le voci sono spesso più di una, sovrapposte con mixaggi. I riff di chitarra tecnici e veloci, per non parlare del ritmo imposto dalla batteria: infernale.
    Si
    passa poi a Many Are We, traccia in cui sono percepibili le influenze rock (Thebon si esibisce in vere e proprie strofe rock cantate in scream!).
    Winged Watcher inizia nella quiete, con “lente” melodie delle chitarre molto orecchiabili, successivamente accompagnate dal rullante della batteria e poi ancora dall’immancabile doppio pedale. I ritmi comunque non decollano mai: a parti relativamente più veloci, si alternano sempre stacchi tranquilli di chitarre. L’unico a non stancarsi mai è l’irriducibile Thebon, che qui sfrutta maggiormente growl e grida guerriere. A circa ¾ canzone c’è un bellissimo stacco lento e epico della chitarra di Obsidian, che va mano a mano a smorzarsi per poi unirsi alla melodia che aprì la canzone, chiudendola: arte.
    Viene poi il momento di Into The Fire, song dalla quale è tratto il videoclip dell’album. La voce di Thebon, molto black per i frequenti scream, sembra a tratti filtrata. A metà canzone la batteria alza i ritmi a livelli sfrenati, e così seguita dalle chitarre che si alternano 2 bellissimi e veloci assoli di Obsidian.
    Deluge, fa da intermezzo strumentale: 3 minuti di meritato riposo delle orecchie, preludio di una seconda ondata sonora devastante con le ultime 2 tracce. Su un pathos di suoni sporchi si sentono in lontananza le lunghe note quasi agonizzanti della chitarra: forse si prepara alla battaglia che verrà.
    E così è: Wealth Of Darkness (una delle tracce più epiche dell’album) inizia con veloci riff delle chitarre e una leggera batteria ad accompagnare. Thebon parte di growl, con un carattere molto evocativo. La batteria diventa sempre più tecnica, il ritmo è sostenuto. La sensazione trasmessa nei ritornelli è unica: l’urlo di Thebon viaggia sul pathos realizzato da altre clean vocals come coro, il ritmo è lento abbastanza da trascinare l’ascoltatore nel mezzo dell’atmosfera del disco come essere dentro alla battaglia. Sembra quasi un inno.
    Infine si conclude con la title track: l’imponente Armada. Questa traccia non inizia, ma esplode. Stridii di chitarre e giù subito con ritmi incalzanti e urla rabbiose di Thebon: spettacolo allo stato puro. Con la sua particolare voce sembra proprio di stare sulla prima linea della legione, con gli ordini urlati da Thebon sopra il caos della battaglia: indescrivibile, ascoltare per credere. Strazio di chitarre per poi riprendere le strofe e giungere all’ultimo ritornello della canzone e sigillo finale dell’intero album, in cui Thebon si sgola nell’urlo finale e la batteria, dopo una breve evoluzione, pone fine alla guerra.
    Giunti alla fine dell’album, c’è poco da dire: l’ascolto lascia senza parole.
    Il black metal era anni che non vedeva un capolavoro di tale imponenza, fin dai tempi di Nemesis Divina (Satyricon), De Mysteriis Dom Sathanas (Mayhem) o ancora In The Nightside Eclipse (Emperor). Inoltre il black metal trova finalmente altra innovazione: i Keep Of Kalessin, grazie a questo Epic Black Metal, hanno dato una scossa a un genere che stava perdendo la propria identità e l’esclusiva. Ora questi riff quasi thrash, la voce guerriera e le chitarre tecniche fanno parte di una nuova corrente, che è il loro marchio ed essi ne sono gli ideatori.
    Anche la produzione è ineccepibile, dal sound alla confezione vera e propria.
    Insomma un album esagerato, esaltante, superbo, che ha portato questa band, fin’ora quasi sconosciuta, nell’Olimpo del black metal grazie ai suoi livelli di epicità omerica.


  6. #81
    Kelvan
    Ospite
    A Perfect Circle - Mer De Noms
    Hard Rock
    2000






    01-The Hollow
    02-Magdalena
    03-Rose
    04-Judith
    05-Orestes
    06-3 Libras
    07-Sleeping Beauty
    08-Thomas
    09-Renholder
    10-Thinking Of You
    11-Brena
    12-Over

    Voce-Maynard James Keenan
    Chitarra-Billy Howerdel
    Chitarra-Troy Van Leewen
    Basso-Paz Lenchantin
    Batteria-Josh Freese


    Gli A Perfect Circle erano una di quelle band delle quali si pensava non se ne avesse bisogno:Perchè il frontman di una delle band più estreme e seguite del momento(Tool)avrebbe dovuto creare,insieme a Billy Howerdel,questo side-project?Non bastava il successo di Aenima e le contemporanee recording session dell'incredibile Lateralus?Nessuno,insomma,pensava che Mer De Noms avrebbe potuto reggere il paragone,ma non era questa l'intenzione degli APC.
    L'album,infatti non presenta quasi nessuna delle caratteristiche della band madre di Maynard,a partire dalla lunghezza delle canzoni,notevolmente più corte e negli standard,e anche il suono è meno oscuro e trova più spazio la melodia come testimoniano le ballate presenti nel disco.
    THE HOLLOW è un inizio grandioso,un pezzo hard rock come non se ne sentivano da anni mentre subito dopo MAGDALENA rappresenta l'unico episodio nel quale ci si può ricondurre al suono Tool..dopo un'anonima ROSE arriva JUDITH,forse il miglior episodio dell'album,che riprende lo stile di THE HOLLOW,con una sottile linea di satanismo ironico,tipico di Keenan...è il momento delle ballate,provvidenziali per spezzare la tensione creata dalle canzoni precedenti.Se Orestes sembra abbastanza lineare,pure troppo,3 LIBRAS è un capolavoro,così come la performance vocale del frontman.SLEEPING BEAUTY è un pezzo sicuramente passabile ma THOMAS è sicuramente degna di nota,caratterizzata nei primi secondi da un'arpeggio di chitarra che poi esplode introducendo una delle canzone dal suono più duro di tutto l'album.THINKING OF YOU,a differenza di BRENA e OVER sarebbe dovuta essere la conclusione ideale per l'album...sullo stile di THOMAS e davvero adatta a chiudere nel giusto delirio un album davvero sorprendente.

    Il mio giudizio personale è davvero ottimo,un album che vince anche la sua sfida con il tempo,rimanendo attuale dopo diversi anni...il suo successore "Thirteenth Step" non riuscirà a replicare lostesso successo di questo lavoro,pur restando un buon episodio....disco consigliato non solo ai fan dei Tool ma anche a chiunque ami gruppi come Smashing Pumpkins,Killing Joke e le chitarre in generale....gran bell'album.


  7. #82
    Kelvan
    Ospite
    Talk Talk - Spirit of Eden
    Post-Rock
    1988





    Mark Hollis: Voce, chitarra e pianoforte
    Paul Webb: Basso
    Lee Harris: Batteria
    Tim Friese-Greene: pianoforte, organo
    Oltre a vari strumentisti di accompagnamento


    La massa degli artisti si può classificare in molti modi, ma si può tutto sommato dividere in due categorie diverse, ci sono artisti che vuoi per rimanere fedeli a se stessi, vuoi per avere successo, vuoi per la vil pecunia mantengono un profilo artistico tutto sommato convenzionale e prevedibile e chi invece non riesce a fare sempre le stesse cose e cerca sempre un costante mutamento per cercare di migliorarsi e di spingersi oltre dove nessuno ha osato andare.
    I Talk Talk di Mark Hollis appartengono a quest’ultima categoria e Spirit of Eden ne è la prova definitiva, venne accolto decisamente male Spirit of Eden, troppo diverso, troppo coraggioso e troppo alieno per piacere ai fan della prima ora e ai critici che evidentemente si aspettavano ancora le sonorità synth a cui la band aveva abituato.
    Già con l’album precedente The colour of Spring si erano intravisti i segnali di un cambiamento ma quest’album abbatte praticamente tutte le barriere, stravolgendo anche la forma canzone a cui siamo tutti abituati, se altri dischi sperimentali per la loro epoca oggi suonano tutto sommato inquadrabili Spirit of Eden invece suona ancora oggi fuori dagli schemi come allora.
    Stabilito questo viene da se che distinguere un brano piuttosto che un altro è abbastanza superfluo perché l’album costituisce una sorta di esperienza unica da fare tutta d’un fiato, una specie di viaggio in un modo diverso di intendere la musica.
    Musicalmente è praticamente impossibile da classificare, non lo si può far rientrare in nessuna categoria o genere da qui l’etichetta decisamente postuma di Post-Rock che forse meglio di altre lo può inquadrare ma che non basta a darne una visione d’insieme.
    Il disco costituisce una sorta di tentativo di ibridare certo Free-Jazz con l’Ambient tutto con massicce contaminazioni psichedeliche, le sonorità in continuo cambio sono ora oniriche e ipnotiche un’attimo dopo drammatiche ed epiche, in questo scenario l’ago fondamentale è la voce di Hollis capace di adattarsi al tappeto musicale creato dalla band assistita per l’occasione da una vera orchestra di strumentisti.
    Si può immaginare la faccia fatta dai discografici quando lo avranno ascoltato la prima volta, oggi però vale la pena di riscoprirlo, a patto però di non aspettarsi un’esperienza immediata, un po’ come certi libri o certi quadri Spirit of Eden può essere apprezzato solo dopo vari ascolti, cogliendo tutti i dettagli e le sfumature, alieno allora come adesso ma proprio per questo a suo modo un classico.

    Un album alieno, per certi versi un viaggio in un altro mondo, deve essere ascoltato diverse volte per essere apprezzato ma ne vale davvero la pena.


  8. #83
    Kelvan
    Ospite
    Genesis - Nursery Cryme
    Progressive Rock
    1971





    1. The Musical Box
    2. For Absent Friends
    3. The Return of the Giant Hogweed
    4. Seven Stones
    5. Harold the Barrel
    6. Harlequin
    7. The Fountain of Salmacis

    Phil Collins: batteria
    Peter Gabriel: voce
    Steve Hackett: chitarra elettrica, chitarra acustica
    Mike Rutherford: basso, chitarra acustica
    Tony Banks: tastiere, chitarra acustica

    E' il 1971 e i Genesis, in seguito all'arrivo nella band di un batterista del livello di Phil Collins e del chitarrista Steve Hackett, sfornano il loro primo piccolo capolavoro, secondo album della trilogia che include anche il precedente Trespass e il seguente Foxtrot; l'album in questione è Nursery Cryme, e sarà l'opera che farà conoscere ancor meglio il gruppo in Belgio e Italia, dove ricuoterà un buon successo.
    L'introduzione è affidata al brano forse più bello dei Genesis del primo periodo (assieme a Supper's Ready), ovvero The Musical Box, che si apre appunto con una seria di arpeggi di chitarre che creano subito una surreale atmosfera settecentesca e che vanno poi ad intrecciarsi con le tastiere del buon Banks e...cambio d'atmosfera: irrompe sulla scena la chitarra elettrica e il brano prende una piega più rock con l'assolo di Hackett che introduce poi al finale, con Peter che dà davvero il meglio di sè con la voce ed urla nel microfono Now!Now!Now e ancora Now!Now!Now!, finchè tutti gli strumenti si riuniscono e si chiude così il pezzo; una perla di rara bellezza progressiva, alla quale Gabriel sul palco dedica anima e corpo nell'interpretazione del giovane Henry, decapitato da Cinthya (vedi copertina) e poi resuscitato sotto forma di vecchio uomo grazie ai poteri di un magico carillon.
    Dopo un capolavoro come "The Musical Box" a riacquietare l'atmosfera ci pensa la seconda traccia ("For Absent Friends"), pezzo melodioso e di poco conto, se non fosse che a cantare non è il solito Gabriel, ma il neo-batterista Phil Collins, che dimostra così insospettabili doti vocali, anche se ancora immature. Arriviamo così a "The Return of the Giant Hogweed", in cui grazie ad intricati intrecci di tastiere su cui si stagliano la voce e la chitarra elettrica, la calma svanisce. Il brano che segue, fortemente caratterizzato dall'organo di Tony Banks scorre tranquillo, introducendo a Harold the Barrel e Harlequin: il primo da segnalare perchè è una sorta di scenetta comica, mentre il secondo che vanta un bel testo di Gabriel e delle splendide atmosfere, porta l'ascoltatore verso l'ultima traccia dell'album, "The Fountain of Salmacis"; il brano, uno dei più belli del disco, è giocato tutto sulle splendide atmosfere epiche, ancora una volta create dalle mani di Banks che volano veloci sulle tastiere; da segnalare anche lo splendido lavoro di Rutherford con il basso e un gradevole assolo chitarristico nel finale.

    Un piccolo capolavoro con il quale si definisce ancora meglio rispetto al precedente (Trespass) il percorso musicale intrapreso dai Genesis, che raggiungerà i punti più elevati con i successivi capolavori "Foxtrot" e "Selling England by the Pound"; non il più bello del gruppo, ma fondamentale per avvicinarsi allo stile Genesis e al genere progressivo in generale.

    Ultima modifica di Kelvan; 22-06-2008 alle 19:24:08

  9. #84
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    Theory Of A Deadman - Scars and Souvenirs
    Alternativer Rock/Post Grunge/Hard Rock
    2008






    1·”So Happy" - 4:11
    2· "By the Way"- 3:35
    3· "Got It Made" - 3:14
    4· "Not Meant to Be" - 3:33
    5· "Crutch" - 3:16
    6· "All Or Nothing" - 3:30
    7· "Heaven (Little by Little)" - 4:19
    8· "Bad Girfriend" - 3:25
    9· "Hate My Life" - 3:10
    10· "Little Smirk" - 3:31
    11· "End of the Summer" - 3:30
    12· "Wait for Me" - 4:03
    13· "Sacrifice" - 2:54
    14· "Great Pretender" - 3:42 (iTunes, Zune e Amazon Esclusiva)
    15· "Shadow" - 3:48 (iTunes, Zune e Amazon Esclusiva)
    16· "So Happy (Acoustic)" - 4:10 (iTunes, Zune e Amazon Esclusiva)

    Tyler Connolly - Voce e chitarra
    Dean Back - Basso
    Dave Brenner - Chitarra
    Robin Diaz - Batteria


    Ed eccomi qua a recensire questo album molto discusso,parliamo dei Theory Of A Deadman che spesso vengono etichettati come cloni mal fatti dei piu’ famosi Nickelback ed e’ bene ricordare che proprio il leader della suddetta band,ha lanciato i Theory of A Deadman.
    Ma entriamo nel dettaglio.
    La musica e lo stile di questo gruppo sono sempre stati ritenuti molto simili a quelli dei Nickelback,e posso dire che e’ vero ma..
    Nel primo album che comunque conteneva brani di ottima fattura,il legame con i Nickelback era evidente,nel secondo e’ stato diminuito in questo terzo album il legame si abbassa ulteriormente arrivando ad un buon risultato.
    In qualche canzone il legame con i Nickelback si sente ancora,ma questo secondo me non basta per penalizzare questo ottimo gruppo che sa suonare molto bene e che e’ ancora molto giovane.
    La prima Canzone di cui e’ stato rilasciato un singolo prima dell’uscita di questo album si chiama “So Happy”,una delle migliori canzoni dell’album,suonata veramente bene e cantata ancora meglio dalla bella voce di Tyler Connolly,e che con i Nickelback di simile ha poco o nulla.
    Arriviamo ad una canzone che ultimamente sta riscuotendo parecchio successo in Canada ed e’ una delle canzoni di maggior successo dell’album sto parlando di “Bad Girlfriend” le cattive ragazze “colpiscono” a quanto pare,il sound e’ sempre di ottimo livello con parole azzeccate ben intonate.
    “By The Way” altra canzone di ottima fattura,piu’ riuscita dal punto di vista vocale che da quello del sound(Comunque di buon livello) quindi altra canzone di ottimo livello questa.
    Passiamo a “Got It Made” questa di buon livello,con un ottimo sound testo meno riuscito ma comunque godibile.

    Andiamo su “Not Meant To Be” Canzone tranquilla che mette in risalto la bella voce di Tyler Connolly e che piacera’ hai piu’ romantici,altra canzone di ottima fattura.

    Arriviamo a “Crutch” altra buona canzone con un ottimo sound molto divertente.

    Spostiamoci su una delle migliori canzoni di questo album “All Or Nothing” canzone veramente bella con un Connolly che sfodera una voce fantastica accompagnata da un ottimo sound molto “romantico” il testo e’ un piccolo capolavoro.
    Andiamo su “Heaven” a mio avviso la peggior canzone dell’album,ma in qualsiasi album c’e’ sempre la canzone meno riuscita,mi preoccuperei se fossero molte piu’ di una le canzoni poco riuscite e non mi sembra il caso di questo album.
    Continuamo con “Hate My Life” ottima voce come sempre di Connolly buon testo,niente male ma neanche niente di speciale.Orecchiabile.

    Passiamo a “Little Smirk” Canzone questa di ottimo livello,sound molto riuscito benino testualmente.Ottima.

    Viriamo su “End Of The Summer” Canzone cosi’ cosi’.

    Anche “Wait Fot Me” e’ di buon livello me ce ne sono di migliori in questo album sicuramente.

    Chiudiamo con “Sacrifice” Che presenta un buon sound ma un testo scadente evidentemente scritto in fretta.

    Ricapitolando i migliori brani dell’album sono(includo anche quelli di ottima fattura):

    “All Or Nothing”
    “So Happy”
    “Bad Girfriend”
    “By The Way”
    “Crutch”
    “Little Smirk”

    Come vedete ben 6 brani di ottima fattura di cui vi innamorerete se vi piace il genere,il resto dell’album e’ orecchiabile da evitare le 2 pecore nere “Sacrifice” e “Heaven” ma a conti fatti l’album mi sembra di ottima fattura.


    L’influenza dei Nickelback ancora un po si sente ma e’ molto diminuita rispetto ai precedenti 2 album,sono sicuro che con il prossimo lavoro questi ragazzi si scrolleranno di dosso definitivamente l’etichetta di “Figliocci dei Nickelback”,intanto per il presente ci troviamo di fronte ad un’ottimo album che consiglio vivamente agli amanti del rock,questa band merita perche’ ha talento e non e’ una delle tante band “Raccomandate”.

    Ultima modifica di Kelvan; 4-10-2008 alle 03:50:31
    Have you ever seen a one trick pony in the field so happy and free?
    If you've ever seen a one trick pony then you've seen me
    Have you ever seen a one-legged dog making its way down the street?
    If you've ever seen a one-legged dog then you've seen me

  10. #85
    Kelvan
    Ospite
    Queen - Innuendo
    Hard Pop/Progressive Rock
    1991






    1) Innuendo
    2) I'm going slightly mad
    3) Headlong
    4) I can't live with you
    5) Don't try so hard
    6) Ride the wild wind
    7) All God's people
    8) These are the days of our lives
    9) Delilah
    10) The hitman
    11) Bijou
    12) The show must go on

    Freddy Mercury
    Brian May
    Roger Taylor
    John Deacon


    Considerato dalla critica come il miglior album di queto gruppo,questo cd è in grado di regale grandi emozioni anche molto contrastanti tra di loro.Infatti le canzoni incise riescono a trasmettere quello che forse era lo stato d'animo dell'anima dei Queen,ovvero Freddie Mercury ormai malato e vicino alla morte come lui stesso sapeva, grazie alla varietà del loro ritmo che può essere ora melodico,ora aggressivo ora imponente.Il cd fu inciso in fretta,prima che la malattia impedisse a Mercury di cantare.Commovente il videoclip di These are the days of our lives alla cui fine compare il volto di Freddie ormai visibilmente dimagrito mentre pronuncia le parole:"I still love you"(Io vi amo ancora).

    A mio avviso questa è la massima espressione dei Queen.Questo è un cd che fu fortemente voluto da Brian May,infatti la maggior'parte delle canzoni sono sue,ma probabilmente un risultato simile non se lo aspettava nemmeno lui.Infatti questo cd contiene delle vere emozioni che sono state impresse grazie alla voce di un Freddie Mercury strepitoso se pur malato e ad un gruppo che ha saputo accompagnarlo sempre sostenendolo in ogni istante della sua vita.Un cd veramente strepitoso.


  11. #86
    Kelvan
    Ospite
    Porcupine Tree - Fear Of A Blank Planet
    Prog Rock
    2007






    1) Fear Of A Blank Planet (7.34)
    2) My Ashes (4.35)
    3) Anesthetize (17.40)
    4) Sentimental (5.27)
    5) Way Out Of Here (7.37)
    6) Sleep Together (7.19)


    L'impressione è che i Porcupine Tree non siano considerati per quello per meritano..dire prog equivale ancora a dire i soliti nomi,senza accorgersi che anche oggi abbiamo una realtà in grado perfino di surclassare alcuni dei migliori episodi che la storia di questo genere ha offerto(si ascolti In Absentia).Si,perchè i Porcupine Tree sono un gruppo incredibilmente bravo,espressivo e imprevedibile,a differenza di molti altri artisti del genere i quali cadono proprio nell'ultimo punto...
    Fear Of A Blank Planet è l'ultimo lavoro della band,un disco che dalla copertina potrebbe sembrare più cupo dei precedenti ma lo è solo in parte perchè canzoni come Ashes riportano quelle melodie caratteristiche della band,accontentando i fan i quali però dovrebbero sapere che la parola regnante nei Porcupine Tree è "evoluzione".
    L'album parte con la Title-Track,un pezzo energico che non vuol dire necessariamente rumoroso e spaccatimpani..7 minuti che scorrono via piacevoli come i 4 della già citata My Ashes.

    Si arriva poi al cuore del del disco,ANESTHETIZE,canzone di ben 17 minuti dove,a dispetto di un inizio in linea con lo stile della band,i toni diventano più cupi e si viene introdotti in una sezione al limite del metal che sfocia in un efficace ritornello...è sicuramente l'episodio migliore dell'album,azzeccato ed imprevedibile,aiutato anche dal successivo riacquietarsi del tutto tramite un segmento "traquillo" con cui si chiude la canzone...
    SENTIMENTAL crea una bella atmosfera e nel finale cè un chiaro riferimento a TRAINS(da In Absentia) con gli stessi stacchi di chitarra acustica,che però non indignano nessuno,essendo ideali per il finale della canzone...
    Con WAY OUT OF HERE torna l'energia in un pezzo che ricorda da lontano gli A Perfect Circle mantenendo originalità e rimanendo uno dei migliori episodi dell'album che si conclude con SLEEP TOGETHER,che dà l'ultimo tocco oscuro a un album in questo modo perfettamente equilibrato


    Il mio giudizio personale non può che essere assolutamente positivo,un album magnifico consigliato a tutti...a questo punto è giusto pretendere un posto vicino ai grandi nomi del Progressive e,forse,se ne scavalcherebbe pure qualcuno...


  12. #87
    Kelvan
    Ospite
    Tool - Lateralus
    Alternative Rock
    2001






    Maynad James Keenan - Voce
    Adam Jones - Chitarra
    Justin Chancellor - Bsso
    Danny Carey - Batteria


    Recensire un album dei Tool è sempre difficile..soprattutto se si tratta di quello che è quasi unanimemente riconosciuto come il loro capolavoro assoluto...e si capisce anche il perchè: Lateralus è un album oscuro,energico e trascinante,a suo modo.
    Si parte con The Grudge,8 minuti in cui l'oscurità lascia spazio a bordate di energia sprigionate da Adam Jones,unite da uno dei migliori chorus della storia della band.Ok,siamo pronti alla prossima canzone,la carica della precedente ha lasciato il segno,ma i Tool non sono i Tool per caso,e la tensione che ci prepara al secondo brano viene subito spezzata..Eon Blue Apocalypse è infatti un "prologo",segnato da un arpeggio di chitarra che si chiude abbastanza velocemente,di The Patient,traccia che si ricollega col passato della band rievocando le atmosfere di Undertow,almeno nell'inizio...Mister Jones anche qui si occupa di far esplodere un pezzo segnato anche da un'ottima prova di Danny Carey alla batteria,capace di far "pulsare" una canzone che non teme il confronto con altri highlights dell'album,come la successiva Schism,aperta da Mantra..il pezzo è uno dei più famosi dei Tool,e a delle strofe "oscure" e sofferte alterna un'altro "ritornello" memorabile,provato dal fatto che la band è costretta a suonare la canzone a quasi ogni data del tour,data la sua popolarità tra i fan e non solo...
    Si arriva al capolavoro dell'album...i 3 minuti di Parabol sono una canzone lenta,senza riff potenti,quasi deprimente..ma quando arriva Parabola,naturale continuo della precedente,si assiste a un cambio di toni drastico e magnifico,già dal primo secondo la chitarra esplode e,tra assoli e cambi di tempo si assiste a una canzone magnifica,vero cuore dell'album...
    I Tool stupiscono sempre e quando arriva il momento di Ticks And Leeches in pochi si aspetterebbero una canzone furiosa,segnata da una prova vocale assolutamente incredibile di Keenan..8 minuti inframezzati da un lungo momento di calma,che introduce una conclusione ancora più furiosa dell'inizio...si rimane un po frastornati,e arriva il turno della title-track,un'altra canzone mostruosa,tecnica e caratterizzata dal solito finale da delirio..insomma..altro cavallo di battaglia per i Tool...
    Con Disposition arriva un momento di calma che ricorda molto gli A Perfect Circle,band parallela di Keenan..le recording sessions di Mer De Noms infatti quasi si sovrapponevano a quelle di Lateralus,e forse hanno contribuito a creare l'atmosfera di questa canzone,davvero provvidenziale per riprendersi dal trio micidiale precedente e per prepararsi ad affrontare Reflection,dove vanno ad aggiungersi dei suoni quasi tribali alla sezione ritmica di base..11 minuti,che tutto sommato scorrono via bene lasciando a Triad,uno strumentale ben riuscito,il compito di chiudere un album oscuro,inquietante,aggressivo e assolutamente devastante...


    Che dire,personalmente mi trovo d'accordo col definire Lateralus il capolavoro dei Tool,un album incredibile,senza dilungamenti inutili dei brani,che rimangono comunque lunghi ma sempre "riempiti" dall'inizio alla fine...neanche troppo difficile da ascoltare,a patto di non pretendere canzoni di 3 minuti spaccate...


  13. #88
    Kelvan
    Ospite
    Guns N' Roses - Chinese Democracy
    Rock
    2008






    1 - Chinese Democracy
    2 - Shackler's Revenge
    3 - Better
    4 - Street Of Dreams
    5 - If The World
    6 - There Was A Time
    7 - Catcher In The Rye
    8 - Scraped
    9 - Riad N' The Bedouins
    10 - Sorry
    11 - I.R.S.
    12 - Madagascar
    13 - This I Love
    14 - Prostitute


    È uscito,finalmente. Dopo anni di rimandi,Axl ci presenta Chinese Democracy...ed è un bellissimo album dove si riconoscono molte cose:la cura maniacale dei dettagli,provata dal fatto che non c'è un solo momento vuoto nelle canzoni se non ben studiato,ma anche il genio di quell'Axl Rose che si pensava fosse solo un “distruttore” un dittatore,capace solo a distruggere una delle band più famose della storia...e invece no,e questo disco ne è la prova.

    Inizio al fulmicotone:Chinese Democracy, Shackler's Revenge e Better. La prima è un perfetto singolo apripista,di grande impatto,condito da un bell'assolo..un brano diretto reso ancor più coinvolgente da un grande lavoro alla batteria,le cui tracce sono state scritte da Josh Freese.
    Shackler d'altro canto risulta un pasticcio di metal e elettronica,ma è dotata di un ritornello che difficilmente,molto difficilmente,ci si toglierà dalla testa.
    Ci prova Better,secondo singolo e pezzo sicuramente azzeccato,energico dove serve...insomma un buon inizio.
    Arriva Street Of Dreams e qui molti fan avranno un sussulto..le prime note di pianoforte introducono una ballad bellissima,un Axl che ritrova una voce che si pensava perduta e un assolo stile Queen assolutamente stupendo. Grande momento seguito dal “rischio” maggiore corso da Axl in questo album: If The World,sicuramente la traccia più sperimentale. Dotata di una base funky,la canzone cresce con gli ascolti e Buckethead (forse il miglior rimpiazzo che Axl avrebbe potuto trovare a Slash) offre un'altra grande prova solista.
    Arriviamo a There Was A Time,il capolavoro,senza mezzi termini. Dalla prima strofa alla fine di un duetto Finck-Buckethead che merita di essere inserito tra gli assoli più belli della storia,troviamo una canzone strepitosa,emozionante e che entrerà nel cuore di molti fan.
    Anche Catcher In The Rye possiede tutte le carte per essere uno dei migliori episodi di quest'album..Ottima canzone di rock “classico”,forse l'assolo di Finck,che sostituisce quello di Brian May,poteva essere migliorato.
    Scraped inizia con degli urletti in multipla voce da parte di Axl...che esplodono in una canzone di chiara matrice metal,davvero inaspettata.
    Il pezzo è micidiale,il ritornello uno dei più azzeccati della storia della band,insomma,considerato l'intro(mai come in questo caso fuorviante) una graditissima sorpresa che verrà ascoltata e riascoltata. Riuscitissima. Segue Rihad And The Bedouins,abbastanza marginale nonostante il grande lavoro di Stinson al basso. Axl prova a far sfociare in un ritornello efficace delle strofe molto tirate,ma il risultato risulta trascurabile. Tutto il contrario di Sorry,una ballad che,a sorpresa visto lo stile del cd,ricalca una struttura “già sentita”:strofe lente,che terminano in un ritornello più energico...manca di originalità ma è comunque un grandissimo episodio.
    Segue I.R.S. ed è un grande pezzo,riff potenti alternati a piccole pause costituiscono lo scheletro di una canzone che ricorda i vecchi Guns,grande prova vocale di Axl Rose e un altro,ottimo,assolo di Buckethead.
    Madagascar,già nelle setlist della band da alcuni anni,lascia senza parole:dotata di un'atmosfera indescrivibile,è un brano epico,impreziosito da arrangiamenti orchestrali e una chitarra solista che si inserisce alla perfezione tra citazioni di discorsi di Martin Luther King che danno solennità a un capolavoro destinato a essere ricordato negli anni,esattamente come This I Love,ballad quasi totalmente al pianoforte,con un testo che potrebbe rappresentare alla perfezione i tanti cuori infranti che la ascolteranno...sentita e meravigliosa.
    Spetta a Prostitute chiudere questo Chinese Democracy,e la scelta è azzeccata in pieno:il brano è calmo e epico allo stesso tempo,come un saluto che Axl vuole dare al suo pubblico,o forse un ringraziamento,per un'attesa durata tanto tempo,che però non vuole essere troppo sdolcinato. L'ultima parola,in Chinese Democracy,spetta infatti all'onnipresente Buckethead che con un ultimo assolo ci saluta lasciandoci nella speranza di rivederlo con questa band,perchè una prestazione così,costante e superlativa allo stesso tempo per tutta la durata dell'album,non è da tutti.

    È valso l'attesa? Si,decisamente.


  14. #89
    Kelvan
    Ospite
    The Cure - Disintegration
    Dark Pop
    1989





    1) Plainsong
    2) Pictures of you
    3) Closedown
    4) Love song
    5) Last dance
    6) Lullaby
    7) Fascination street
    8) Prayers for rain
    9) The same deep water as you
    10) Disintegration
    11) Homesick
    12) Untitled

    Arriva sempre il momento in cui ti accorgi che sei gia arrivato a metà del tuo percorso e che gli ultimi echi della giovinezza sono ormai lontani, questo probabilmente avrà pensato Robert Smith incidendo quest’album, perché Disintegration è essenzialmente questo, l’album della maturità dei Cure che volta le spalle al passato.
    I primissimi Cure si riconoscevano immediatamente per le loro atmosfere spoglie ed essenziali, simbolo di uno dei gruppi massimi esponenti del Dark, dopo una breve parentesi Pop con Disintegration si cambiano completamente le carte in tavola, il suono diventa maestoso, immaginifico, avvolgente, non sono rare lunghe parti strumentali in cui le tastiere fanno da padrone.
    Ne è una dimostrazione l’iniziale Plainsong, la voce di Smith si sente appena, se si volesse usare il termine giusto forse “carezzevole” renderebbe bene l’idea, si continua con altre due tracce sulla stessa riga, particolarmente bella Pictures of you, esempio perfetto di love song malinconica in stile Cure, forse anche preferibile alla famosa Friday I’m in love venuta qualche anno dopo.
    Nelle altre tracce si passa da atmosfere rilassate e inquietanti (Lullaby) ad altri momenti di pura tenebra (Prayers for rain), non mancano riferimenti al Gothic Rock come Fascination street nonostante Smith si sia più volte dissociato dal genere, e tutto questo contribuisce a creare uno dei migliori album della band.
    Se questo fosse stato l’ultimo album dei Cure sarebbe stato un addio in grande stile, opinabile ciò che è venuto dopo ma Disintegration come album si staglia sicuramente come uno dei cardini della discografia del gruppo.
    Musicalmente all’album si possono trovare ben pochi difetti, il cantato è invece un altro discorso, in alcuni brani infatti la voce di Smith sembra un po’ troppo prevedibile, e se la musica ha sprazzi di sereno qua e la non si può dire la stessa cosa dei testi, in alcuni momenti i cliché del gotico sono dietro l’angolo e questo è forse il grande limite dell’album.

    Resta comunque un’esperienza sonora da fare soprattutto se confrontata agli album altalenanti venuti dopo e a quelli sottotono venuti prima, forse non è il migliore album della band, difficile dire quale sia ma è senz’altro il più emotivo e per questo merita di essere ricordato.

    L’album della maturità dei Cure, che dimostra come anche una band affermata può evolversi con successo verso forme musicali nuove, con un cantato più variegato e testi meno cupi sarebbe stato un capolavoro assoluto, resta comunque un album da avere.


  15. #90
    Kelvan
    Ospite
    Imogen Heap - Ellipse
    Pop/Elettronica/Ambient/Rock Alternativo
    2009





    First Train Home
    Wait It Out
    Earth
    Little Bird
    Swoon
    Tidal
    Between Sheets
    2-1
    Bad Body Double
    Aha!
    The Fire
    Canvas
    Half Life

    L'obiettivo della Heap per questo album era creare il miglior album della sua carriera, il più apprezzato dai suoi fans e il più variegato come combinazioni, suoni,... obiettivo a mio parere assolutamente raggiunto.
    Ellipse è il terzo album della cantante solista che ormai oltre ad essere cantante è cantautrice, musicista e produttore a tutti gli effetti, interessante è infatti il modo in cui la Heap ha creato questo album ovvero sfruttando la potenza di Internet e dei suoi fans. Ha creato chat ovunque nei vari social dove lei è sempre presente, ha creato un vblog dove ha spiegato ogni singolo aspetto dell'album e non solo, ha lavorato su soundtrack varie, ha lavorato con artisti come Mika, ha dato la possibilità ai fans di creare i loro pezzi e rilasciarli nel sito ufficiale della Heap,... ma una delle cose più importanti che ha fatto è un viaggio a caso in giro per il mondo scoprendo culture di ogni tipo che avrebbero arricchito il suo album e in pezzi come Bad Body double ispirato alle donne giapponesi, Earth con arrangiamento un po' simile a quello delle musiche africane...
    Ma vado subito ad analizzare i pezzi che compongono l'album. Innanzitutto bisogna dire che il suono è veramente eccezionale merito della Heap che si è costruita nel suo studio un orchestra non convenzionale composta da violoncello, Mbira, scacciapensieri, synth, piano insomma veramente qualsiasi strumento e in più suoni creati anche non da strumenti veri e propri come la sua lampada, il termosifone, la lavatrice,... il tutto assemblato dalla sensuale voce della Heap che completa l'ottimo lavoro.
    i pezzi in generale sono molto orecchiabile, accontentano chiunque e hanno melodie facilmente canticchiabili con alcune citazioni nei testi veramente geniali, First Train Home il primo singolo rilasciato è un pezzo veramente molto completo, forse il più completo ma tra i miei preferiti cito anche Tidal, Wait It Out, 2-1 e Canvas. Buoni anche gli altri anche se meno però chiariamoci il livello è altissimo perciò ogni pezzo è veramente molto complesso, critico invece anche se minimamente Aha! che ha un bel ritmo ma dura poco.

    un'altra chicca dell'album sta nelle versioni strumentali, ovvero nell'album c'è anche una bonus track con pezzi solo strumentali che danno quindi ai fans di usare i loro ableton e darsi alla pazza gioia mixando ogni pezzo creando altre combinazioni

    Giudizio: lavoro eccellente sotto ogni aspetto, penso veramente che questo sia uno dei migliori album almeno di questi ultimi anni non solo per l'album di per se ma anche per il mondo che ci ha costruito la Heap intorno con pezzi esterni come Not Now but Soon, tutti i suoi videoblog, il suo viaggio,... Penso veramente che questo sia un album da grammy e lo consiglio in particolare agli amanti della musica elettronica ma anche a chiunque altro perchè veramente riesce ad accontentare un po' tutti inserendo stili, culture, combinazioni sempre diverse.


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