Daily Memorabilia Storie (10/2/2010) - Pag 13
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Discussione: Daily Memorabilia Storie (10/2/2010)

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  1. #181
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    IL QUARTIERE DEI TERZINI DOPPIAMENTE UNICI

    Forse non tutti sanno che in un paesino sconosciuto dell'Italia, Squassone di Pomiceglie, frazione di Sternacovolio, lontano da occhi indiscreti vi è un quartiere che farebbe la gioia di qualsiasi allenatore italiano: il quartiere dei terzini doppiamente unici.
    La moria morente di terzini decenti (soprattutto sinistri, il che suona alquanto sinistro e fa pensare che madre matura abbia giocato un tiro mancino) di matrice italiana fa di questo quartiere una miniera non di mine ma d'oro, non dorico e nemmeno trobadorico.
    Se venisse scoperto scatenerebbe un business mondiale da far accaponare la pelle di cappone di qualsiasi accappatoio. Ma per fortuna anzichenò, questi baldi giovani abitanti ignari dei profitti fitti fitti di zeri, si rifiutano come bidoni dell'immondizia di partecipare a qualsiasi manifestazione sportiva, condita nella loro ottusità mentale da urli demoniaci, megafoni e insalata russa alquanto rumorosa.
    A dire il vero ragionando per paradosso e pararigore, visto il tema, i terzini doppiamente unici sarebbero doppiamente traumatizzati dal ritmo sostenuto (da un adeguato reggiritmo) del campionato campiomorto italiano.
    Loro sono diversi. E con questo non intendo dire che in campo amerebbero alla follia i falli da dietro, ma che troverebbero notevoli difficoltà, e siccome è meglio trovare un portafogli, se ne sbatterebbero comunque.
    In questo mare sporco di condizionali, che condizioneranno sicuramente, ahimè, questa lettura a condizione che conosciate il tempo verbale (mah...di questi tempi...intanto metto a verbale), oltre a un dente mi duole constatare, seppur amichevolmente, le sostanziali differenze tra i terzini professionisti e i terzini doppiamente unici che non professano, e che hanno perso la fede, in casa, chissà rinchiusa in quale cassetto:

    -Se i primi mettono sempre le palle in mezzo, i secondi sono sempre in mezzo alle palle. Oltretutto essendo secondi si devono accontentare della medaglia d'argento.
    -Se i primi vivono di scatti in campo, i secondi vivono di scatti alla risposta, un po' come Moggi.
    -Se i primi sono pasta, riso e minestra, i secondi sono carne, pesce e verdura.

    E' un peccato che questa indole dolente rimanga solo una nuvola di fumo nell'aria. E' un brutto segnale.
    Una stirpe di uomini nuovi, ancora coi talloncini integri, così come i talloni, certo non martoriati da piedi a martello, una comunità di gente sprecata come cartaigienica a triplo velo, per la quale stendiamo un velo pietoso, un ammasso ciottoloso di talenti taveloci, in grado centigrado di dar del filo da torcere con una torcia infuocata, a qualunque qualsiasi.
    Quindi, dopo aver pensato che questi qui, che ora fanno lavori poco remunerativi come il lattaio, il suonatore di clavicembalo, il domatore di triglie, o la base di piedistalli di mimi, potrebbero guadagnare milioni a palate senza bisogno di scavare, dopo questa attenta e oculata fotografia (senza rullino) di un quartiere di una frazione di un paesino sconosciuto in Italia, dopo questo viaggio nella mente di persone che non riconoscono la loro arte innata, non possiamo far altro che domandarci:
    "E allora?".
    L'unica certezza è il dubbio.

  2. #182
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    LA LAPALISSIANA SUPERIORITA' DEGLI AUTISTI DI AUTOBUS

    E' inutile nascondere la testa sotto la sabbia e prendersi un'insolazione al resto del corpo. Sappiamo tutti dal secondo al penultimo (attualmente il primo sta offrendo all'ultimo un caffè per mandar giu sconfitta, e caffè, ovviamente) che c'è una categoria di uomini che sta dominando in lungo e in largo, in corto e stretto, in viale dei Giardini e Parco della Vittoria.
    Conosciamo tutti la loro netta supremazia, fatta di potere decisionale e politico: stiamo parlando degli autisti di autobus.
    Molti si chiederanno: "Perchè proprio e loro e non i senatori, i presidenti, i governatori, o i giocatori professionisti di pelota?".
    Le ragioni sono molteplici, e verranno quindi elencate per far luce su uno dei domini più schiaccianti della Terra, tenuto all'oscuro grazie alla complicità stessa dei passeggeri, che salgono su quei mezzi infernali senza battere ciglio della strada e battendo la fiacca.
    Prendiamo la ragione per antonomasia (ma anche per Abelardo), per la quale ogni giorno migliaia di persone prendono l'autobus: andare al lavoro.
    Non vi secca almeno un po', che loro al lavoro ci siano già? E non vi dà ancora più fastidio che se loro al lavoro ci arrivano in ritardo, in ritardo ci arrivate anche voi?
    Eh, sì. Sta tutto nelle loro mani. Non si può far nulla per impedirglielo.
    Mettiamo poi che la giornata, per l'autista di autobus, sia iniziata decisamente male. Siate pronti a frenate brusche (non è un bene se non siete seduti), insulti reiterati ad ogni domanda (i più celebri: "Ma ce li hai gli occhi per guardare?" alla domanda "Quando parte?", e "Non rompermi i coglioni" alla domanda "Mi può avvisare quando devo scendere?") e fermate saltate giusto per sfizio (ricordatevi che il "vaff..." mentre vi sfreccia l'autobus davanti agli occhi non scalfisce minimamente l'autista. Tanto lui non vi sente).
    E ciò non fa altro che dimostrare il suo potere.
    Per lui è una giornata di merda? La sarà anche anche per voi!
    Per alcuni sorgerà spontaneo domandarsi: "Ma gli autisti di metropolitana e tram non hanno gli stessi poteri?".
    E qui casca l'asino. Non è assolutamente così. Badate bene che l'autista di autobus ha le ruote dalla sua parte. Non ha un tragitto limitato, che segue un binario prestabilito, come gli altri due. Se gli parte lo scazzo è capace di portarvi a Posillipo, fischiettando nel mentre.
    Quando salite sulla sua vettura, dovete farvi il segno della croce, e sperare che l'autista stia passando una vita tranquilla.
    Quello degli autisti di autobus, per chi non se ne fosse mai accorto, è un sequestro (temporaneo, si spera) a tutti gli effetti, e dovete pure pagare per farvi sequestrare!
    "Ma allora non salire, se lo pensi!", ti diranno loro. Subdoli, furbi come una volpe. Tutti sono a conoscenza del traffico mattutino per andare al lavoro. Uscire con la macchina è un suicidio. E loro lo sanno. Contribuiscono oltretutto ad acuire il traffico gli autisti non di turno, pronti a farsi restituire il favore durante il servizio. Pensate che alcuni si preoccupano pure di parcheggiare le macchine nei pochi posti liberi rimasti.
    Signori, hanno pensato a tutto.
    Altro che politici o presidenti. Anzi, se un politico o un presidente ha una gomma bucata, non ha ruote di scorta, la seconda macchina è in officina, la terza ce l'ha la moglie, l'elicottero ha un'ala spezzata, i taxi sono in sciopero, e il jet privato ha da fare, allora sarà anche lui costretto ad affidarsi ai diabolici autisti di autobus (certo, è un'ipotesi abbastanza remota, se non assurda, ma come nel poker la scala reale colore batte il poker d'assi, anche se quest'ultimo è impossibile che esca visto l'asso impiegato nella scala reale colore, nella realtà l'autista di autobus batte ai punti il politico, il presidente, o chicchessia).
    State attenti quindi, o passeggeri. Il potere degli autisti di autobus è senza fine. Sta a voi decidere se affidarsi in tutto e per tutto a loro ogni giorno, o combattere strenuamente questa guerra, per poter dire, quando gli autisti di autobus faranno un colpo di stato: "Io non mi sono piegato al loro volere!".
    Ai posteri l'ardua sentenza......Anzi, diamola agli autisti di autobus, che magari ci ripensano.
    L'unica certezza è il dubbio.

  3. #183
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    UN RACCONTO CHE E' UN BUCO NELL'ACQUA

    Dicesi esperto d'acqua e annessi, "acquedotto".
    Egli sa composizione, colore (che non vi è), odore (che non vi è), sapore (che non vi è), logica (che non vi è), ed è (che non vi è).
    Partiamo dalla composizione. L'acqua è composta, poichè educata.
    Passiamo al colore (che non vi è).
    Quindi passiamo all'odore (che non vi è).
    E allora dirigiamoci verso (l'acqua) il sapore (che non vi è).
    Ordunque spostiamoci sulla logica (che non vi è).
    Sebbenunquallora corriamo a raggiungere l'è (che non vi è).
    Ma di che parla seriamente l'acquedotto?
    Ma sì, della forma (non vi è neanche quella), della definizione (che per definizione è già definita).
    A pensarci bene quest'acquedotto sa esattamente quello che sanno tutti sull'acqua.
    Questo trattato sui trattati dell'acqua da parte degli acquedotti sta facendo acqua da tutte le parti.
    Urgono paragoni e pareri:
    Se una casa sta andando a fuoco, arriva il pompiere ed estingue l'incendio, come ha estinto i dinosauri, grazie alla pompa. Il merito però va attribuito all'acqua fuoriuscita dalla pompa, non al pompiere o alla pompa stessa.
    Se un uomo è disidratato, corre subito a bere (correndo tra l'altro si disidrata ulteriormente) un bicchier d'acqua o più.
    Il merito non è del bicchiere o i bicchieri, tantomeno del cervello dell'uomo che ha trasmesso gli impulsi giusti per portare l'uomo a bere il bicchier d'acqua; è ovviamente merito dell'acqua.
    Se dell'acqua comincia ad annacquare acqua con acquazzoni e acquarelli, il merito non è dell'acqua, ma dell'acqua.
    Con questo l'acquedotto dimostra l'importanza dell'acqua per l'uomo e la Terra. Non a caso il nostro pianeta è formato per due terzi da acqua, grazie a laghi, fiumi, mari e oceani. C'è quindi un oceano tra la valenza dell'acqua e delle altre cose, e tra dire e fare c'è di mezzo il mare, in questo fiume di pensieri (e questo dimostra come le cose formate d'acqua siano usate nella lingua comune in modo massiccio, per modi di dire e paragoni. Effettivamente pure i nazisti si accorsero dell'importanza di un bene come l'acqua, chiamando i loro campi di sterminio Lager).
    A dirla tutta non sono stati gli acquedotti, i dotti dell'acqua, a dire ciò.
    Sono stato io a pensarlo. Gli acquedotti non si sforzano nemmeno di dare dei pareri e fare dei paragoni sull'acqua.
    Sì, gli acquedotti non fanno un cazzo dalla mattina alla sera e non si esprimono minimamente sulla loro amata acqua.
    Potrebbero almeno sforzarsi e dire che il primo filosofo della storia, Talete, poneva come archè (principio, per chi non avesse capito il significato di archè fin dal principio) l'acqua. Sì, proprio lei.
    E allora sorge spontaneo oltre al sole, chiedersi perchè il primo filosofo sulla faccia della Terra, ma anche sulle mani e sulle gambe (sulle gambe poichè era anziano), abbia posto come principio, lo stesso principio degli acquedotti.
    Che ci sia un fondo di verità e sensatezza in questa eccessiva idolatria nei confronti dell'acqua?
    Che ci sia un fondo di sabbia nel mare?
    Va detto che non tutti sono dello stesso parere. Per esempio, l'archè di Noè, sicuramente non sarà stato l'acqua.
    Ma si sa, il bastian contrario esiste sempre (no, che non esiste!), come esiste l'esperto di qualcosa che alla fin fine non sa un granchè, ma siccome è esperto sembra sappia più degli altri.
    Per questo io sono un vero acquedotto!
    Io ho fatto un vero discorso che scorre come l'acqua ed è liscio come l'olio, che sta sopra l'acqua senza preoccuparsi di stare calpestando l'essenza della vita. E l'olio non è il solo!
    Io merito applausi a scena aperta (a parte, o in parte mi va bene anche chiusa, basta che poi non si parte in quinta, e ci si appresti alla maturità)!
    Io! Io! Io...Vado a fare altro, mi sono stancato.
    Sono un acquedotto, mica un esperto dell'acqua!
    (Lo scrittore ora non vi è).
    L'unica certezza è il dubbio.

  4. #184
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    BASSA DEPRESSIONE

    Ho avuto un'erezione. Un'erezione da depressione. Non so perchè.
    Gli pneumatici della macchina dell'ottimismo sono tutti e quattro bucati.
    Passo la serata a trangugiare succhi di frutta disgustosi come la mia vita, immersa nel liquido amniotico. Una vita ancora non nata, immobile nell'inesistenza dell'essere.
    Mi stravacco sempre sul divano dopo una giornata di lavoro faticosa quanto umiliante: faccio le righe dei quaderni scolastici, non ho possibliltà di errore. Che stress.
    Assonnato come un orso appena prima di iniziare il suo letargo, solitamente accendo quella futile scatola quadrata. Quadrata perchè non posso permettermene una rettangolare. In tv non passa mai niente. Solo squallidi fotogrammi delle vite altrui. Forse è sbagliato dire che non sono ancora vivo.
    Vivo le vite degli altri, in fondo.
    Tutti i giorni il solito tran-tran, la solita triste solfa, della mia insolita non vita o vita degli altri.
    Eppure stasera, in questo momento, ho un'erezione. Sì, avevo ragione, prima, nel definirla erezione da depressione.
    Che stia cominciando a diventare masochista? Che stia cominciando ad eccitarmi con il dolore?
    La notte dormo poco. Per ubriacarmi. Per non lasciarla vinta al sonno bevo un caffè tra un drink e l'altro. Così facendo guasto sia il gusto dell'alcol che quello del caffè. Sono uno stolto. Sono depresso.
    Perchè diamine sto avendo un'erezione? Sta sopraggiungendo lo scoramento, ma più di tutto l'ira. Non posso accettare che il mio sistema limbico decida di farmi avere un'erezione in questo stato di depressione. E' paradossale. Quasi mi vien da ridere. Sto rasentando l'isterismo, ormai è certo. Sono confuso. Confuso ma eccitato. Affranto ma eccitato. Mah.
    No! Siamo arrivati al delirio puro. Ho avuto un orgasmo.
    Devo andare da uno psichiatra e iniziare una terapia.
    Sento una voce. Che sia la mia coscienza? Forse tenta di comunicare con me, di dirmi qualcosa.
    Tendo l'orecchio per ascoltare ciò che dice:
    "Finito-Finito-Finito..."
    Un eco soave. Allora la coscienza ha una voce femminile...
    "Finito-Finito-Finito..."
    Guardo in basso, verso il pavimento...
    Oh, cazzo, quasi dimenticavo! Quanto ti devo?
    L'unica certezza è il dubbio.

  5. #185
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    ECCITAZIONE INCITABILE MA NON CITABILE

    Prendiamo l'uomo tipo, tipo stereotipo o monotipo, o monossido a spalar carbonio, o monorotaia monovolume (stereotipo, o monotipo come già detto, tipo chi fa da sè fa per tre).
    Ora scindiamolo in due, tipo tappi e topo, tufo e tifo, tatto e tetto, parnassia e partenio.
    In ognuno di noi, lo sappiamo (e lo sanno anche le seppie), vi è il bene e il male, e questo può esser visto come un bene o un male, o un bene e un male allo stesso tempo che va poi scisso in due, tipo carta e corta , erba e orba, urbi et orbi, ribaldaggine e acido ribonucleico.
    Avremo da una parte il bene, dal'altra il male (in parte è un bene, in parte è un male, in parte è un bene e un male allo stesso tempo e va poi scisso in due).
    L'uomo tipo, ora doppio, in cosa si identificherà? In quale delle due parti, essendo superpartes e superman?
    Per ovviare ovviamente all'ovvio problema, abbiamo interpellato uno studioso assenteista laureato in scissologia dell'ascesso ascetico, il signor Barba Gianni:
    "L'intrinseca natura parallela dell'umanoide si manifesta in piazza, così come nelle azioni giornaliere, come farsi un caffè alla mattina e uno alla sera. Sta all'individuo capire se l'omuncolo dentro di noi che prende il caffè alla mattina è quello buono o malvagio. Quello della sera invece è sicuramente o buono o malvagio. Con questo possiamo tranquillamente affermare e multare per divieto di sostanza, che il suddetto umanoide tragga vantaggio nel sapere quel è la sua natura preponderante. Se mai dovesse essere scisso in due troverebbe la via adatta, e si farebbe un caffè, dato il nervosismo dovuto dalla scissione (che diamine, a nessuno piacerebbe esser segato in due).
    Un solo caffè al giorno, quindi, ragazzi miei, e poca nicotina. Ah, e già che ci siete andateci piano anche con la eritropoietina".

    Ma se non avessimo del caffè in casa, o se non lo bevessimo affatto, come faremmo a capire la preponderanza e l'inclinazione dell'essere del nostro omunculo di noi stessi? Barba Gianni ci ha risposto così: "Ora non posso, pausa caffè".
    Spostiamo dunque il problema su un'altra visuale.
    Il nostro corpo nel corso degli anni (che permette di laurearsi in annologia) incorre in diverse malattie, alcune gravi, altre acute, altre ancora tenori, che divorano il nostro corpo, abbassando la nostra vita biologica, che si attesta, con tanto di attestato, sui 200 anni (spicciolo più, spicciolo meno, o spicciolo più o meno allo stesso tempo, che van poi scissi in due).
    E' il nostro essere malvagio a mangiare il nostro essere buono, ed è solo colpa nostra (in maggior parte del nostro essere malvagio).
    L'unica raccomandazione è stare attenti a noi stessi. Il nostro essere oscuro potrebbe risvegliarsi. Evitiamo di rompergli i coglioni. E non offriamogli caffè. E nemmeno nicotina. E nemmeno eritropoietina.
    Così vivremo meglio.

    Dal libro "Essere o non essere, omuncolo malvagio e omuncolo buono, caffè alla mattina e caffè alla sera, niente Nico, niente Tina, no alla bisessualità e alla bigamia" di Barba Gianni.
    Citazioni delle citazioni tratte dal libro "Nel prossimo libro mi citerò da solo parlando in terza persona di me stesso, ma per ora mi limito agli omuncoli, buoni e malvagi, ai caffè alla mattina e alla sera, a dir no a Nico e a Tina.
    Nel prossimo libro, inoltre, verrà fuori che sono contro la bisessualità e la bigamia" di Barba Gianni.
    L'unica certezza è il dubbio.

  6. #186
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    L'OSTILE DI VITA

    Il destino mi rema contro. Non arriverò mai a riva. Non giungerò mai a giungia.
    La mattina mi alzo sempre col piede sbagliato. Poi controllo meglio e scopro che è l'umore.
    Scendere le scale scivolando sulla c'era appena passata è decisamente seccante. La cosa è ancora più seccante se la cera è bagnata e non secca.
    E così ogni mia uscita mattutina riporta oltre al bastone, smodate fratture, ogni mio giornaliero avanzare, oltre a un pezzo di pancetta, all'aperto, mi costa costato e varie costole, con esiti costanti.
    Uscire a fare, poi? Gente come me si dirige al lavoro, gente come me guadagna uno stipendio, gente come me a quest'ora è seduta davanti al computer, a battere freneticamente le dita sulla tastiera. Io invece no. Non ho nemmeno un dannato cane da far pisciare al parco.
    Esco per camminare. Potrei farlo anche a casa, ma il paesaggio è sempre lo stesso.
    Esco per pensare. Potrei farlo anche a casa, ma il pensiero che sopraggiunge è sempre lo stesso: "Potrei camminare qui a casa, ma il paesaggio è sempre lo stesso".
    Chissà se qualche negozio è in cerca di un commesso. Io certamente non mi tirerei indietro. Mi proporrei come aiutante per trovare un commesso.
    Che giornata deprimente. Le nuvole non hanno nemmeno la forza di piangere. Il sole è coperto. Sarà il freddo. Gli uccelli volano basso. Hanno poche aspettative. I cestini dell'immondizia si rifiutano di crederlo.
    Passeggio con le mani in tasca, anche se non me ne viene in tasca nulla a parte le mani.
    Toh. Un barbone. Sta chiedendo l'elemosina. Mi ricorda quella scultura...Come si chiamava? Ah, sì, il discobolo.
    Guardalo, come tende la mano.
    Guardalo, come tende a esagerare.
    Non ha gli arti inferiori. Un po' come dice il proverbio: "Impara gli arti, e mettili da parte".
    E' triste ostentare il proprio handicap. No, io non lo farò mai. Sono uno in gamba.
    In tasca non ho spiccioli. Sempre e solo le mani. Sarà per la prossima volta.
    Non ho mai avuto molti soldi. Ho le mani bucate. Potrei definirmi l'erede di Gesù Cristo e Padre Pio.
    Forse è meglio tornare a casa, anche se non c'è nessuno ad aspettarmi. Non ho moglie. Non ho figli. Non ho genitori. Siamo soltanto io e la mia chitarra. Ebbene sì, vivo d'assolo.
    Sono appena le 11 del mattino. E' sempre più faticoso trovare qualche passatempo per tirare avanti a sera. Ormai li ho provati tutti:
    la conta delle briciole, la conta delle volte che ho fatto la conta delle briciole, il lancio mesto del mestolo, la sciacquata dello sciacquone, la gara in solitario di craniate al muro (non so più dove sbattere la testa), il giramento dei pollici, il giramento di testa, il giramento di palle, il giramento di mento, l'applicazione del filo interdentale alla mostarda scaduta, la lavata dei denti con il calcestruzzo ovoviparo e la pesata delle buste di zucchero da un chilo.
    I soldi dell'assicurazione contro la vita grama e chila finiranno presto. Questo è assicurato.
    Sto finendo i fondi. Vorrà dire che userò i piatti piani.
    Che faccio da mangiare? In dispensa non c'è niente di indispensabile.
    Per oggi mi accontenterò di aria fritta. Oggi, tsk...E' sempre la stessa storia.
    Mi chiedo come faccio ad avere ancora la casa. Forse perchè sono inutile e perciò mi ignorano, e non mi pignorano, come farebbe Eta Beta.
    Fortuna che oggi son riuscito a raccattare un tozzo di pane.
    Prima mi sfamo e poi...Si conta!!
    L'unica certezza è il dubbio.

  7. #187
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    LUNA STORTA

    Mi sono alzato con la luna storta, oggi. Piena, tra l’altro.
    Ho aperto le finestre. Mi hanno dato errore di sistema.
    Ho delle borse sotto gli occhi impressionanti. Me le hanno rubate.
    Davanti a me il letto ancora non fatto. La prima canna è prevista per le 9.00.
    Esco dalla camera a tutto gas. Mi sento un pochino ebreo.
    Ho raggiunto il cesso. L’ho denigrato e gli ho comandato di uscire da casa mia.
    Alzo l’asse. Forse lo faccio perchè ho la luna storta. Piena, tra l’altro.
    Mi libero dolcemente dei miei liquidi. Dannate bollette.
    Tiro la catena. Brutta la vita da carcerati.
    Arranco fino al lavandino per lavarmi le mani. Lo sta già facendo Ponzio Pilato.
    Aspetto diligentemente il mio turno.
    Mi guardo allo specchio. Voglio fare ginnastica. Mi fletto. Poi rifletto. Poi mi rifletto.
    Rompo lo specchio. Per i prossimi sette anni sono già a posto.
    Torno in camera per vestirmi.
    Ho voglia di giocare in borsa. Me l’hanno rubata.
    Ho voglia di giocare lo stesso. Mi vesto. Poi investo.
    Ci vuole una bella colazione. Per ricaricare le batterie. Ma prima ci vuole una bella colazione.
    Accendo la televisione. Per staccare la spina. La televisione non va più.
    Mi è caduto un po’ di latte caldo sulla gamba. Non è un problema intero. E’ solo parzialmente scremato.
    Oggi mi va tutto storto. Sarà la luna storta. Piena tra l’altro.
    Torno in bagno. E ‘occupato. E’ in corso una riunione di gabinetto.
    Mangio una merendina per stemperare l’attesa. Si è rotta la mina.
    La merendina è più dura del solito, oggi. E’ la sorpresa in omaggio.
    Il bagno ora è libero. Ha pagato la cauzione.
    Devo lavarmi i denti. Ho il molare a terra.
    Comincio a spazzolare. L’acqua intanto scorre. Che spreco.
    Faccio qualche gargarismo con il colluttorio. L’acqua intanto scorre. Che spreco.
    Poso lo spazzolino. Poso il colluttorio. Poso per una rivista. Intanto l’acqua scorre. Che spreco.
    Esco dal bagno dopo essermi asciugato la bocca con l’asciugamano. Adoro i paradossi.
    L’acqua intanto scorre...Quasi quasi la lascio aperta per risparmiarmi la fatica di chiuderla ora e di riaprirla domattina.
    Sono ancora in calze.
    Mi precipito a prendere le scarpe in sgabuzzino. Appena dopo il burrone.
    Calzo le scarpe, anche se prima non ho scarpato le calze.
    Mentre me le allaccio si rompono le strinche. Si sono sfaldate anche ai lati. La suola è logora. A tratti bucata. Le mie scarpe ormai sono morte. Di overdose.
    Ho i capelli arruffati. Non ho voglia di pettinarli. Accetto il compromesso col cappello.
    Il pettine minaccia di denunciarmi. Ha un diavolo per capello. Lo lascio sfogare. Poi lo saluto togliendomi il cappello.
    E’ ora di uscire. Snobbo la porta di casa.
    Punto sul balcone. La roulette è rotta. Ho voglia di puntare lo stesso.
    Sono al quinto piano. I quattro precedenti sono falliti.
    Mi butto giù. Sto cadendo.
    Fa freschino oggi. Era meglio se mi mettevo il cappotto.
    In questo mare di pensieri, una sola cosa è certa:
    Domani non mi sveglierò con la luna storta. Piena, tra l’altro.
    L'unica certezza è il dubbio.

  8. #188
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    OFFESE DI TACCHINO

    Checchè se ne dica in girotondo, per il lungo e per il largoniometro, prima o poi va sperimentato qualche piatto diverso in fin dei conti di radice quadrata.
    Oggi solo per voi una ricetta che non troverete nemmeno dal ricettatore, vale a dire, e vale molto (pecuniaria e culinaria vanno a braccettonno, pietanza che non fa pietà assolutamentecatto.

    Offese di tacchino (ingredienti per 78 persone):


    Prendete un tacchino abbastanza, o al limite abbacucinotto corpulento (mi raccomando, non corpuveloce). Sbattetelo sul tavolo con estrema cattiveria (e non cattifalsia). Il tacchino, per far sì che il piatto venga al fin gustoso e non psicosomatico, dev’essere per ragione veduta presbiteria vivo e vitale, vispo e scattante come un grillo (un grillo che rimane pur sempre un tacchino). Credo che voi or sono già sappiate da tempo immemore e inusitato che il tacchino non è come le aragoste, che urlano come scrofe (scrofe che rimangono pur sempre aragoste) una volta fritte in padella o nel pentolone. Il tacchino si limita a soffire in silenzio, da povero imbecille.
    Considerato che non esiston problemi di sorta o tramontata, prendete in mano il vostro arnese preferito…La mannaia. Divertitevi di conseguenza ad uccidere il tacchino senza pietà , giocando (se proprio volete eccedere nell’afflusso disarcionato del vostro istinto intrinsecamente inconscio dell’ego primordiale di una mente priva di freni inibitori volti a fermare rivoltamenti di personalità indiscutibilmente deviata e indissolubilmente contorta quanto difficile da interpretare di primo acchito, con quelle sue varieganze psicologiche degne di un Mattia Pascal in età avanzata, ma ancora con un fisico prestante e aitante, decisamente ancora rivolto a voluttuose e a dir la verità di rado meschine sceneggiate poetiche dell’amoreggiamento universale, da sempre riconosciuto come il cardine portante dell’esistenza umana, quanto di quella di tutti gli esseri viventi, compresi batteri, e a pensarci bene anche essere inanimati come sassi e ciottoli presenti in quasi tutti i giardini di casa propria, nonchè nei giardinetti pubblici dove chi possiede un cane, o chi intende acquistarlo in un futuro ancora non conosciuto, porta quest’ultimo a espellere i suoi escrementi, rifiutati dal corpo stesso poichè non idonei a far elevare il corpo e tener i meccanismi di esso ben oliato) a l’allegro chirurgo nei panni di un sordomuto che se ne fotte delle conseguenze.
    Una volta deprecabilmente mandata a miglior vita la bestia, insultatevi per la vostra incredibile violenza ed efferatezza e per l’orrendo gesto che avete compiuto. Se non avete rimorsi di coscienza, abbandonate la pietanza e andate a riempire un secchio finchè non è vuoto.
    Ora che avete recitato il mea culpa è arrivato il momento di cuocere letteralmente a cazzo tutto il ciarpame che avete smaciullato prima.
    Vi consiglio di usare una pentola abbastanza capiente (e non ignorante).
    Cuocete il tutto per circa 3 anni e mezzo.
    Una volta pronto il piatto (sempre che non vi abbiano staccato il gas) sbattete il tacchino sulla tavola nello stesso modo in cui lo avete fatto quando era vivo.
    Degustate e siate gaudienti!
    Se non vi è chiaro qualche punto, non vi preoccupate. C’è sempre il secchio lì ad aspettarvi.
    L'unica certezza è il dubbio.

  9. #189
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    ANGOSCIA DI POLLO

    Qualcuno di voi si ricorda "Offese di tacchino"?
    Probabilmente no. Uno dei piatti più prelibati di questa terra. Una ricetta che proposi solo a voi, perchè siete dei buongustai. E allora preparatevi a un nuovo, squisito piatto.

    Il piattosto di oggi, cari lettori mp3, è “L’angoscia di pollo”! Come cucinare questa prelibatezza cotta a puntino e a capo? E’ più facile di quanto sembrione!

    Angoscia di pollo (ingredienti per 4 persone e un parrocchetto bestemmiatore):

    Andate in un pollaio, di quelli popollosi, e cercate tra la folla, nel freddo pollare, la bestia più smorta, abbacchiata e pollivalente.
    Una volta trovata, ficcatela in un sacco lorato di nero e stringete più che potete il nodulo.
    E’ necessario che voi non paghiate il pollo al proprietario. La bestia non deve sentirsi gratificata da una sua valutazione. No...Quell’animalaccio non vale un cazzo! Una volta giunti a casa schiaffatelo sul tavolo, meglio se tra i brandelli del tacchino squartato tempo fa.
    Sì, quella merda di essere non si sentirà per niente a suo agio! Mi raccomando, non uccidetelo subito, altrimenti non sarà gustoso.
    Sventolate davanti ai suoi occhi un bel coltello da macellaio, deve capire di essere in pericolo, deve sudare angoscia dai pori poracci, deve urlare il suo terrore senza errore a tutte le ore.
    Se non vi sentite abbastanza bastardi per compiere queste atrocità (e siete quindi puri e casti, come un fringuello che cinguetta svolazzando nell’aere senza problemi di ogni sorta, nemmeno matematici, e che lo inducono a pensare che il mondo non ha mai avuto, non ha e non avrà mai problemi, e che similmente a una spugna assorbe lo sporco e il marciume della società per tenerselo dentro senza farlo vedere a nessuno, e stoica lo contiene credendo e sperando che nessuno tenterà di strizzarla sprigionando nuovamente l’esecrabile malvagità dell’umanità, che impedirà quindi a quel tenero fringuello di credere ancora a quel suo mondo utopico, fatto di piacevoli luoghi comuni che nascondono la triste e amara verità, come un caffè senza zucchero, e con un accenno di Dietor mescolato, che non rende onore a quei chicchi macinati poi messi all’interno della moka, come due astronauti pronti a partire per lo spazio, alla ricerca di nuovi pianeti, di nuove scoperte che gli distolgano dall’attenzione della Terra, sinonimo del male, quell’ignobile pianeta fatto solo di false speranze, come pensa ora quel fottuto fringuello, che sventrerò con le mie stesse mani se questa cazzo di similitudine non finisce!), potete sempre impaurire la bestia a parole. Se saranno abbastanza efficaci, il risultato sarà il medesimo.
    Dopo la prima fase, subentra a rigor di logica la seconda: amputate l’imputato, strappategli quella sua carnosa coscia (è tassativo che il pollaccio sia ancora vivo) e rimettetelo nel sacco lorato di nero. Ora non ci serve più, ma dovrà morire soffocato, e disperato, con il peccato mortale di esser nato pollo. Ora che avete tra le mani la coscia (non la vostra ma quella della bestiaccia), è tempo di rimboccarsi le maniche e preparere il piatto:
    Mettete in una pentola a 849 gradi e 72 centesimi di euro, ovviamente oltre all’ingrediente principale, 12 uova con annesso guscio, un chilo e mezzo di riso, un barattolo di sottaceti sottosale e sottomessi, sei dadi star, sei dadi da gioco, tre chili di pasta, il sacchetto dell’umido (pieno), un quotidiano mensile, un paio di posate (qualcuna in più se seguite il galateo), un hamburger del mcDonald e due lamiere di auto prese in autostrada.
    Non importa se alla fine ne verrà fuori una schifezza immonda, l’importante è che quella coscia soffra le pene dell’inferno. Ricordatevi di comunicare le sorti dell’arto al legittimo proprietario, quel pollaccio patetico e stronzo che nel frattempo soffoca senza avere nemmeno la decenza di soffrire in silenzio.
    Servite il tutto ai vostri amici animalisti.
    Ultima modifica di explorer; 15-06-2007 alle 01:04:23
    L'unica certezza è il dubbio.

  10. #190
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    I MIRABOLANTI SEGRETI DEGLI ANIMALI

    #1 I SISTEMI DI DIFESA

    Da che mondo e mondo, ogni fottuto animale ha un suo sistema di difesa, per proteggersi da eventuali attacchi di esseri ostili.
    Vero è, che alcuni, di fronte al pericolo, preferiscono adottare un meccanismo non violento, ma al contempo stesso efficace nel maggiore dei casi.
    Prendiamo la puzzola, questo spensierato animaletto a strisce bianche e nere, che di fronte alle intemperie rilascia un gas a dir poco mefitico, tanto da far scappare a gambe levate il nemico.
    Ora, pensateci un attimo: non è che questo genio del male in realtà, sia solo un inguaribile cagasotto? Siamo sicuri che la sua sia una protezione, e non una colossale perdita del controllo intestinale?
    Che poi, diciamo la verità: intavolare una discussione con una puzzola è decisamente arduo, se non impossibile.
    Solo provando ad avvicinarsi, l'animaletto poco caparbio si terrorizza, e la tragedia è inevitabile. Per tentare un approccio quantomeno efficace, rivolgete alla creatura un saluto, ma mica a caso. Appurato che privando il saluto alla bestia, essa si potrebbe insospettire di un losco fine da parte vostra, evitate anche il colloquiale "ciao", che mostra un'eccessiva confidenza, sgradita all'animaletto. Perfino un "salve" è altamente sconsigliato, vista la totale vaghezza. E' sì meno colloquiale, ma non aggiunge un fattore "precisione" al saluto; e la puzzola questo lo percepisce. E' fondamentale avere a portata di polso un orologio, e fare attenzione all'orario. Un "Buongiorno" è perfetto dalle sei del mattino sino a mezzogiorno. Da mezzogiorno alle diciotto è d'obbligo un "Buon pomeriggio", mentre dalle diciotto sino a mezzanotte non si può dir altro che "Buonasera". Il vero problema è quando s'incontra una puzzola da mezzanotte sino alle sei del mattino. Guai a salutarlo con un "Buonanotte"! Non sia mai! Lo prenderebbe come un insulto bello e buono. In questo caso pregate Dio di non incontrare una puzzola, perchè non esiste soluzione. Evitate comunque anche nelle altre tre fasce della giornata una discussione articolata. Basta il saluto. E se proprio volete scambiare due, dico due parole, alla fine della chiacchierata non rinnovate il saluto! Suonerebbe come una reiterazione, sgradita anch'essa dalla bestia. Basta un cenno con la mano, ma con il sorriso sulle labbra e gli occhi chiusi, per far capire le vostre intenzioni amichevoli, e non bellicose. In questo modo potrete andar orgogliosi e raccontare a tutto il vostro parentado e nugolo di amici, come abbiate incontrato e intrattenuto una puzzola senza farla diventare incontinente.
    E se la puzzola si difende grazie al suo odore nauseabondo, non possiamo dire altrettanto della cimice.
    Rinominata da colti e importanti studiosi come "l'insetto coglione", la cimice, a differenza della puzzola, avverte il pericolo, se ne fotte, si fa ammazzare, e poi rilascia lo sgradevole odore. Ma perchè? Dove sta la logica? Ti gioca lo scherzetto, questo è indubbio, ma le risate chi se le fa? Se sei morta, cimice, chi se le fa le risate, eh? Me la faccio io, che prendo un deodorante e assisto gioioso al tuo funerale.
    Secondo Ernest Bedbug, rinomato cimiciologo, la cimice agisce in ritardo poichè lenta, e poco lungimirante. Non ha riflessi, e si fa schiacciare come nulla fosse, per poi ricordarsi, all'ultimo istante, di difendersi. La sua lentezza è pari a quella del bradipo, che però non crepa certo con una manata.
    Questi stolti insetti hanno anche contribuito a generare proverbi tramandati ormai da secoli, tra cui il celebre "La madre delle cimici è sempre incinta, poichè in ritardo".
    Come abbiamo visto, quindi, sia la puzzola che la cimice tendono a difendersi con lo stesso metodo, con esiti completamente differenti.
    Sarà che il primo è un mammifero mentre il secondo è un insetto. La differenza d'intelligenza è abissale. E invece no. Vi sbagliate.
    Se la cimice è lenta e idiota come nessun altro, la mosca è astuta e previdente.
    Nella merda ci sguazza prima, e poi viene a romperti i coglioni. Oltretutto la sua velocità è incomparabile. Rischierà di essere uccisa, in rare occasioni, ma nella maggior parte dei casi si divertirà come una matta a insozzare il cibo sulla tavola e poi farla franca.
    E' tra l'altro scientificamente provato che le mosche abbiano uno spiccato senso dell'umorismo. Dall'alto della loro coprofilia si dilettano in battute alquanto volgari, ma fini allo stesso tempo. Esempio lampante della loro vena comica e spiccatamente perfida, è la sfregata delle zampe. E' il loro autocompiacimento. Tu stai lì fissa a guardarla, ammutolito, consapevole delle sue scampagnate tra lo sterco; continui ad osservarla, sulla carne che dovrai mangiare, mentre lei va avanti imperterrita a sfregarsi le mani e a sfotterti in maniera inaudita. Poi, come tutti i comici che si rispettano, chiude l'esibizione con un volo, ti ronza accanto all'orecchio e fila via. Brava, mosca. L'uomo ti fa un baffo a te.
    Bazzichi tra escrementi bovini, e sei felice. Ti diverti a irritare il prossimo, e sei contenta. Hai capito tutto della vita.
    Chi invece non ha capito un'emerita mazza, uscendo dalla categoria degli insetti, è il camaleonte.
    Peculiarità del rettile in questione, come ben sapete, è il mimetizzarsi. Ma per quale ragione? E' il suo sistema di difesa? Certo. Allora il camaleonte quando si sente in pericolo semplicemente scompare? Abbandona il palco e non si fa più notare? Esattamente. Bello stronzo. Il suo amico sta subendo un pestaggio da dei loschi tizi, e lui che fa? Puff, scompare. Vede sua moglie a letto con un altro, e che fa? Puff, scompare. E non se ne va via, no. Rimane lì a masturbarsi. Patetico.
    Il camaleonte, cari miei, è un senzapalle. Non sa farsi valere. Avverte il pericolo, o la situazione scomoda, e in un attimo non calca più la scena. E fin qui si potrebbe anche accettare. Poveretto, è la peggior specie dei cagasotto, e di conseguenza agisce da cagasotto. Ma non fa male a nessuno, semplicemente a se stesso. Macchè. E' pure un bastardo, e usa lo stesso metodo per acchiappare senza tanti fronzoli le sue prede, con la sua lunga lingua. Ancora più ignominioso di uno che attacca alle spalle il nemico. Uccidere senza vergogna, senza lasciare un biglietto, senza mostrarsi in faccia, come un parassita, uno schifoso e lurido parassita. Può cadere ancora più in basso, questo pezzente d'un rettile? E certo! Perchè lui è di parassiti che si nutre, lui che ne fa parte. Quindi è pure cannibale! E' un mostro nella società contemporanea, e ha ben pochi rivali. E' la specie con più esemplari chiusi nelle carceri, e contando anche che non tutti hanno il coraggio di dichiarare le proprie colpe, potremmo dire che il camaleonte è il delinquente a piede libero per antonomasia.
    Diffidate di questo essere. E' sempre pronto a tradirvi, e a favorire il suo gioco. Se ne vedete uno, anche per un solo istante, segnalatelo immediatamente alle autorità.
    Questo scempio deve finire.
    L'unica certezza è il dubbio.

  11. #191
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    L'INCROCIO DI VIA FRATTAGLIE

    Sono sempre stata una persona coraggiosa, spavalda, con due maroni duri come il granito.
    Non mi sono mai fermato di fronte a niente, nemmeno ai semafori.
    Ill mio motto era: "O la va, o la spacco". Tutto questo fino a quando sono arrivato all'incrocio di via Frattaglie.
    In via Frattaglie volano gli avvoltoi. Aspettano con impazienza qualche carcassa. Non puoi permetterti passi falsi, altrimenti sei finito.
    Filippo Veraccio è entrato nel guinnes dei primati, grazie all'incrocio di via Frattaglie: ha attraversato la strada ben tre volte.
    E' una manna dal cielo per amanti del sadomaso, becchini, mafiosi, e panettieri. Questi ultimi non si è ancora capito perchè cazzo la amino.
    Via Frattaglie è nata dalla collaborazione di un vigile italiano e un progettista africano: era inevitabile che ne venisse fuori un incrocio.
    Con via Frattaglie i vucumprà si sono rinnovati. Non puliscono più i vetri della auto. Vendono bare ai lati della strada.
    La prima volta che mi sono letteralmente incrociato con via Frattaglie è stato in quarta elementare. Dovevo andare a casa di Franco Svizzero, mio compagno di classe, per il suo compleanno. Abitava dall'altra parte della strada. Sono passati dieci anni da quel giorno, e io devo ancora attraversarla.
    Tornare a casa? Non posso. Mia madre mi ha imposto di consegnare il regalo a tutti i costi.
    Non ho mai avuto il coraggio di allontanarmi da quell'incrocio, nemmeno per mangiare. Fino ad ora mi sono cibato delle carcasse volatemi in faccia all'ora di punta. Gli avvoltoi, inizialmente incazzati come rapaci, hanno poi accettato di buon grado la concorrenza. Sarà che mi sta venendo lo scorbuto, e che sono ingrassato di sessanta chili in questi anni. Mi terranno come portata principale il giorno della mia morte.
    Sono diventato maggiorenne da pochi giorni. Basterebbe prendere la patente e attraversare l'incrocio in macchina. Peccato che la scuola guida sia anch'essa dall'altra parte della strada. Certo, così mi assicurerei il ritorno, ma resta comunque l'incognita dell'andata.
    Mi vien tristezza a pensare agli anni della mia giovinezza buttati al vento. Senza istruzione risulto inutile: non so come montarmi.
    Non ho mai avuto una ragazza per colpa di questo maledetto incrocio. Certo, quell'avvoltoio femmina mi attizza non poco...Forse potrei...Ehm, no, meglio di no. Oggi ho mal di testa.
    Credo che mi toccherà passare il resto della mia vita qui, con la mano appoggiata a un cartello che recita: "Limite massimo 40 morti orari".
    In fondo, però, la mia è una vita futile, senza senso. Unico.
    Forse è meglio accasciarsi e dormire un po', nella speranza di spirare. Spirare con un indelebile ricordo nel cuore. Le ultime parole di mia madre: "Ricordati di prendere il sottopassaggio!"
    L'unica certezza è il dubbio.

  12. #192
    Oppsynsmann
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    La novella del contadino Campanellino

    Citazione La novella del contadino Campanellino, di Oppsynsmann
    Una breve e rima-stentata storiella per aprire la giornata e sfogare la mia tensione psicologica

    Spoiler:









    C’era una volta un allegro contadino, che di nome andava Campanellino. Abitava nella sua allegra baita, lassù sulla collina del cardellino e accanto al bosco di zio Giuseppino.
    Egli desiderava trasformare senza alcun indugio in un luogo di preghiera il suo rifugio, infatti subito si affrettò a montare persuasivi cartelli che promettevano di trasformare la dannata vita della massa, schiava dei menestrelli, in una suprema adorazione della natura, e della serale frescura. In cambio altro non chiedeva che un’umile strenna per mantenere la propria vita spiritica almeno degna di una renna.
    Ma nessuno accettò il suo richiesta così onesta, e tutti lo presero come uno dei tanti eremiti pazzerelli: decise così di predicar agli uccelli.

    Prime furon le galline alle quali tentò di insegnar il sapere Mesopotamico e il sacro Aramaico, ma purtroppo le carampane neanche sapean l’italiano… figuriamoci poi il linguaggio del Sultano!
    Campanellino sapeva di aver sbagliato: stabilì dunque che l’uccellese avesse imparato.

    Iniziò ad esercitarsi con le umili tortorelle, dalle quali altro non apprese che un semplice
    «Uuuuh-uuuh-uuuuuuh!» [1]
    Spoiler:


    Gli altri versi rimasero a lui oscuri, tanto che dubitò che fossero insulti e ingiuri: allora disse alle belle tortorelle:
    «O furbacchione smettetela di trattarmi come un coglione!
    Io infatti ben comprendo il vostro innuendo e se osate ancor insultarmi mi costringerete a malmenarvi!»

    Alchè una tortora tra le tante disse seduta stante:
    «Uuh-uuuh-uh-uuh-uh».[2]

    E Campanellino replicò:
    «Osi tu forse nasconderti tra le tante? Allora esci fuori e ti tratterò come un lestofante!»

    Prese una botte e la riempì di acqua di Serse, dopodichè prese l’uccello a cui la testa in essa sommerse; subito cominciarono ad affiorare sulla superficie dell’acqua delle bollicine ma smisero dopo di minuti 2 terzine.
    Le altre tortore erano turbate e Campanellino sapeva che esse così a lui uova non avrebbero più portate, preoccupato i suoi cocchi alla cock[3], così i volatili tranquillizzò:
    «Calme, la Morte non l’ha avuta vinta, ma dovete sapere che essa di esser defunta fa finta! Rasserenate i vostri cuori, io a lei farò passare la notte qua fuori!»



    Spoiler:







    La mattina seguente le tortore andarono a cercare la compagna dormiente, ma non c’era nulla nel luogo dove l’avean lasciata , notarono comunque lì vicino della terra ritoccata e tra dei sassi soprastanti ecco un paio di zampette dal terren sbucanti. [4]
    Quindi le umili pennute chiesero al contadino se le sue orbite di tracce della compagna abbian vedute e lui rispose:
    «L’ho vista lasciare questo luogo e andare altrove, non so perché ne tanto meno il dove.
    Ma una cosa è sicura, per essa non dovete portare più alcuna premura: là fuori è pieno di tranelli, aquile corvi e altri uccelli, orribile è la vita, spero per lei che sia già perita, ma se mai osasse tornare, le farò l’ultimo respiro esalare.
    Lo so son violento, ma questo è il prezzo per il tradimento!»

    Passò così la notte piena di tensione e il mattin le tortore fecero là fuori un’ulteriore ispezione e tra l’erba trovarono della lor compagna di terreno sudicia la salma: chiesero a Campanellino il perché del cadavere le condizioni e lui replicò:
    «Essa da gufo avea cercato di mascherarsi per poi nel mio tortoraio intrufolarsi. Ma con me i conti ha sbagliato, non sono mica un ritardato!»[5.1]

    Ma a un minimo segnale di protesta delle tortore, Campanellino perse la testa:
    « Bestie! Animali! Fiere! Sagre! Cinghiali, vi catalogo come tali!
    Vi chiedete mai che cos’è il vostro padrone? Ve lo dico: sono un Gallo Cedrone! Un pinolo! Un Gallo Cetriolo!
    Ho la astuzia di una golpe e la forza di un leone…»[5.2]

    E le tortore:
    «Ma smettila coglio…!!!!»




    FIN






    Didascalia e note
    [1]Vuol dire: «Non ne voglio più»
    [2]Significato sconosciuto, c'è un dibattito in corso a riguardo
    [3]Le uova di tortora erano una delle sue fonti di sostentamento
    [4]C'era del terreno smosso, come se qualcuno avesse scavato da poco, e da esso sbucavano delle zampette
    [5.1][5.2]Da notarsi il contraddittorio



    Thread originale: http://forumgamesradar.futuregamer.i...0#post13758510
    Ultima modifica di Oppsynsmann; 18-06-2007 alle 19:39:49

  13. #193
    Oppsynsmann
    Ospite

    Un incontro inaspettato

    Citazione Un incontro inaspettato, sempre del solito Oppsynsmann


    Il 18 maggio 2007 stavo, in un’ora di pranzo alquanto tarda, a consumare il mio pasto, da solo nella cucina comunitaria del mio collegio.
    Una semplice pietanza: tortellini “panna e sugo” con un pizzicotto di noce moscata.
    Nell’atto di iniziare a mangiare, udii un certo scompiglio per le scale, come stesse salendo molta gente. Tale invisibile assembramento raggiunse la porta della cucina, non ci feci molto caso e attenzione… ma ad un tratto vidi entrare una sagoma familiare dalla porta ed entrare nella stanza.
    NO! Lui? Qui? Adesso? Nell’ora di pranzo?


    Stenterete a crederci, ma la figura in questione era Pier Silvio Berlusconi!!!!
    A seguirlo c’erano una ventina, forse una trentina di giornalisti.
    Nel momento in cui entrò, Pier Silvio diede un’occhiata fugace agli angoli della cucina, alla fine notò me, che ero accanto all’entrata, e nel suo volto si materializzò un’espressione di felice scoperta e rilassamento… come se volesse dire: “Eh eh, finalmente! Eccoti qua!”
    Si avvicinò lentamente a me, prese una sedia, si sedette al mio fianco e iniziò a fissarmi con un sorriso felice e sincero.


    Tutti i giornalisti filmavano, fotografavano, spintonavano, scrivevano nei loro appunti tutti i dettagli di questa assurda scena.
    Era nell’aria: Pier Silvio stava per dire qualcosa di importante, stupefacente, incredibile!
    I giornalisti pendevano dalle sue labbra, in attesa che iniziasse a parlare.

    Nel frattempo io, a causa dello sguardo invadente di Pier Silvio, ma soprattutto dei giornalisti, iniziai a diventare rosso dal disagio, oltre che sudare: infatti sentivo un umido bruciore pervadere le mie ascelle… non volevo essere lì, maledivo me stesso per aver pranzato così tardi. Abbassai così lo sguardo nel piatto di tortellini, nel tentativo di tagliarmi fuori da quella scena, o almeno di ignorarla.
    Pier Silvio però notò il mio colore e rimase non poco contrariato, così mi colorò, con la forza di un semplice sorriso, di un candido azzurro: e tornai normale e tranquillo.


    Dopo questo istante di tensione, Silvio riprese a fissarmi, felice, per altri 20, 40 secondi. Ad un tratto si voltò verso i giornalisti, poi di nuovo verso di me, sollevò la mano sinistra a gesto rivelativo della mia presenza (un “ecco” gestuale insomma), e sempre sorridente si voltò verso i reporter e disse:

    “E’ incredibile. Non trovate?”

    Un giornalista di Rete4 fece cadere il suo block notes e si mise a battere le mani, gli altri scrivevano, filmavano, scattavano foto.
    Io nonostante ciò facevo finta di niente, e rivoltai il mio sguardo verso il piatto.
    Dopo 2 minuti tutti si erano calmati, tornò il silenzio, e il felice sguardo di Silvio. Tornò anche la sensazione che Silvio stesse per dire qualcosa di ancora più stupefacente.
    Infatti si voltò verso di me, mosse un po’ il busto a mo’ di dondolo e mi chiese con tono gentile, pacato e benevolo indicando allo stesso tempo il mio piatto di tortellini…

    “Me ne dai un po’?”

    Di fronte a una domanda posta in modo così cortese e placido non potei fare a meno di rispondere

    “Prego, si serva”

    Silvio sapeva che avrei dato questa risposta, soddisfatto prese la forchetta, la affondò nel tortellino più a centro-destra del piatto, lo portò fino alla bocca e iniziò a masticarlo, len-ta-mente.
    Nel silenzio della sala sentivo i suoi denti affondare nella tortellosa preda, la saliva che invadeva il ripeno, la lingua che mescolava il tutto; poi un sussurro gutturale e via! Il contenuto giù nell’esofago.
    Silvio prese un tovagliolo di carta e si pulì la bocca, sia fuori che dentro.
    Chiuse gli occhi e iniziò a riflettere, come se la sua Somma Mente si fosse chiusa in Conclave.
    Dopo un minuto aprì le palpebre, rivolse a me uno sguardo soddisfatto, oltre che un sorriso appagato. Si voltò ancora, un’ultima volta verso i giornalisti, prese il fiato e disse:

    “Tutti i giovani, oggi devono saper cucinare in maniera così sublime”

    Silvio fu risucchiato dai cronisti: tutti attorno a lui a porgli domande e dibattiti di politica, gossip, cultura, campagna elettorale, Prodi.

    Io ero tagliato fuori, con il mio piatto di tortellini e il tovagliolo sporco.
    Ma si sa… ai giornalisti piace raschiare il fondo del barile: una ragazza, reporter, bassa, sulla trentina, con un vestiario uscito da un vecchio armadio di un’anziana degli anni ’80, non capace di farsi spazio tra i suoi colleghi, e consapevole del fatto che doveva tornare alla redazione con almeno un rigo scritto nel suo taccuino, si avvicinò a me, e mi chiese:



    Sono di Radio Radicale, che cosa ne pensa di un’eventuale legalizzazione delle droghe leggere?

    NO! Questo no! Una pannelliana che mi fa domande su quelle fottute droghe leggere!
    Ero esaurito, il mio sguardo si perse nell’infinito ed entrai in uno stato catatonico, di derealizzazione.
    Il mio cervello aveva deciso di tagliarmi fuori da quella illogica realtà.
    Non so quanto rimasi… minuti, ore, giorni…..
    Sta di fatto che mi risvegliai, tornai vigile alle 18:03, ricordo di aver dato un’occhiata all’orologio.
    Ero da solo, la cucina era vuota, non c’era alcuna traccia di giornalisti incalliti... nessuna traccia di Silvio.
    Il piatto di tortellini era ormai freddo e immangiabile, accanto a me una sedia vuota, e sul tavolo un fazzoletto, sporco.
    Thread originale: http://forumgamesradar.futuregamer.i...7#post13682597

  14. #194
    Villano L'avatar di Jurambalco
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    Prefazione e prologo
    dato il successo del 3d delle immagini su 300, ho deciso di realizzare un fumetto stupido su 300, utilizzando anche immagini del 3d e creandone nuove
    non insultatemi troppo se non vi piace, ricordate che è il mio primo fumetto stupido e che sicuramente migliorerà col tempo

    (cliccare sulle immagini qua sotto e magicamente si ingrandiranno)

    ATTENZIONE GENTE L'AUTORE SONO IO, OVVERO ZARK. ORA NIENTE PIU' DUBBI.

    INTRO

    pagina 1

    pagina 2

    pagina 3


  15. #195
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    Capitolo 1 -La partenza


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